lunedì 21 agosto 2006

Il problema della definizione di ‘persona’: qualche riflessione filosofica

Mi intrometto nel dibattito avviato da un post di qualche giorno fa. Con un accenno riguardo alla definizione filosofica di persona e ai problemi sollevati dalla distinzione essere umano-persona-individuo. A questo post ne seguirà presto un altro sulla posizione estrema di Michael Tooley, che offre spunti interessanti per la discussione.

Persona
La questione di quando si comincia ad essere persone è una questione squisitamente morale. Anche Charles Darwin ne aveva una lucida consapevolezza: la possibilità di indicare il punto in cui ha inizio una vita umana non si dà nella natura (qualunque cosa stia ad indicare ‘natura’: biologia, fisica, genetica), ma è una questione di valore. Non c’è alcuna speranza di scoprire un segno rivelatore, un salto nei processi vitali dotato di un qualche valore. “Abbiamo bisogno di tracciare linee; abbiamo bisogno di una definizione della vita e della morte per molti obiettivi morali importanti. Gli strati di dogmi preziosi che si accumulano, per difesa, attorno a questi tentativi fondamentalmente arbitrari sono ben noti, ed eternamente bisognosi di aggiustamenti” (Daniel C. Dennett, 1995, Darwin’s Dangerous Idea. Evolution and the Meanings of Life, New York, Simon and Schuster; trad. it. L’idea Pericolosa di Darwin. L’Evoluzione e i Significati della Vita, Torino, Bollati Boringhieri, 1997, p. 656). Questi aggiustamenti non richiedono il perfezionamento di strumenti o l’avanzamento della conoscenza scientifica, ma implicano una scelta morale, tanto più accettabile quanto più razionalmente argomentata. “Non esiste un modo “naturale” di segnare la nascita di un’“anima” umana, non più di quanto esista un modo “naturale” di marcare la nascita di una specie” (Dennett 1995, pp. 656-657). E allora, prosegue Daniel C. Dennett, qual è la scelta peggiore, prendere misure “eroiche” per mantenere in vita un neonato con gravi malformazioni, oppure compiere il passo eroico (sebbene non celebrato) di fare in modo che il neonato abbia una morte più rapida e indolore possibile? Il pensiero darwiniano non è in grado di offrire soluzioni, ma almeno può annientare l’illusione di risolvere tali questioni con un algoritmo morale.

Accettare che un agglomerato di cellule possa essere definito come persona appare difficilmente comprensibile. Al fine di sciogliere questa incomprensibilità filosofi come John Harris (John Harris, 1989, The Value of Life, London, Routledge and Kegan Paul e John Harris, 1992, Wonderwoman and Superman, Oxford, Oxford University Press; trad. it. Wonderwoman e Superman, Milano, Baldini & Castoldi, 1997) e Joel Feinberg (Feinberg, Joel, 1980, Rights, Justice, and the Bounds of Liberty: Essays in Social Philosophy, Princeton, Princeton University Press) propongono una distinzione tra pre-persona e persona. Il termine pre-persona comprende lo zigote, l’embrione e il feto (il concepito) fino a un certo momento. L’emergenza di alcune caratteristiche permette di individuare lo stato di persona, determinato dall’autocoscienza e da una rudimentale intelligenza, quindi dalla capacità di apprezzare la propria esistenza. Non è possibile stabilire l’esatto momento in cui una pre-persona acquisisca tali caratteristiche (alla nascita? In un tempo t prima della nascita? In un tempo t dopo la nascita?). Risulta inevitabile ammettere una zona chiaroscurale, tuttavia tutti i sostenitori della distinzione tra pre-persona e persona ritengono possibile distinguere un momento in cui i concepiti sono inequivocabilmente pre-persone, e un momento in cui sono persone.
Al contrario, i sostenitori della teoria estrema della vita sostengono la coincidenza temporale e concettuale del concepimento e dell’inizio della vita personale; tale coincidenza viene inoltre presentata come la soluzione alle difficoltà che lo stabilire una soglia implica – indicare cambiamenti moralmente rilevanti in un processo continuo quale lo sviluppo e l’evoluzione di un grumo di cellule in una persona umana.
Ma l’affermazione che la vita umana comincia nel momento dell’incontro tra un ovulo e uno spermatozoo è problematica. In un certo senso tale affermazione è addirittura falsa, in quanto sia l’ovulo che lo spermatozoo sono già vivi prima del concepimento. Si può facilmente concedere ai sostenitori di tale posizione che vogliano intendere che il concepimento sia l’inizio di un nuovo essere umano specifico: ma anche questa tesi può essere criticata.
In primo luogo ci si trova di fronte a un possibile inganno, perché sono molte le cose che possono incominciare al concepimento. L’ovulo fecondato diventa una massa cellulare che si divide in due componenti principali, l’embrione e il trofoblasto; quest’ultimo si sviluppa fino a diventare la porzione fetale della placenta e il cordone ombelicale, e alla nascita viene espulso. Tale suddivisione cellulare è particolarmente interessante: vi sono due cose, uguali geneticamente, vive e umane ma solo una è considerata degna di essere protetta.
In secondo luogo, un ovulo fecondato non è ancora un ‘singolo nuovo essere umano’, perché fino a due settimane dopo il concepimento può incorrere in una divisione gemellare, che può dare origine a due individui, invece che ad uno. Come intendere, allora, un’esistenza di un individuo che ha la durata di due settimane e che può poi trasformarsi in due individui? Come può un singolo essere umano diventare due o più esseri umani con il passare di qualche giorno?
Vi è infine una terza questione: se l’ovulo fecondato in vitro di Louise Brown (nella foto insieme ai genitori) è considerato già Louise Brown, anche l’ovulo non fecondato era Louise Brown, dal momento che si sapeva che l’ovulo sarebbe stato fecondato di lì a poco. Infatti l’ovulo non-ancora-fecondato è vivo, è un antecedente causale di Louise, è nessun altro che Louise, e allora esso non è altro che Louise Brown. Se qualcuno avesse rovesciato in laboratorio la provetta contenente l’ovulo non ancora fecondato di Louise, avrebbe interrotto la vita di Louise Brown.
Determinare l’esatto inizio della vita personale è evidentemente difficoltoso; abbracciare la tesi secondo la quale ha inizio con il concepimento sembra implicare il rischio di dover considerare persone ovuli umani non fecondati, spermatozoi, un tessuto, una cellula, il cordone ombelicale e di dare loro lo stesso peso giuridico di un individuo adulto.
Un altro cattivo argomento sostegno dell’attribuzione dello statuto di persona al concepito consiste nell’invocare Dio come garante di questa verità indiscutibile, un po’ come lo si invocava quale dimostrazione definitiva dell’immortalità o dell’esistenza dell’anima. Garante e allo stesso tempo padrone di ogni esistenza. Secondo questa tesi è Dio che decide l’avvio di ogni nuova esistenza caratterizzata da un’anima e da una identità precisa, in altre parole è già vita personale inalienabile.

18 commenti:

Ivo Silvestro ha detto...

Interessante post: ottima introduzione filosofica.

Ivo Silvestro ha detto...

Aggiungo: oltre al problema dell'inizio vi è anche il problema della fine della persona, che è un problema ancora diverso dalla morte biologica, basta analizzare antropologicamente i riti funebri umani, praticamente tutti riguardano una "persona" nel senso di attore sociale che è biologicamente morta.

Maurizio ha detto...

Di Daniel Dennett, oltre a Darwin's Dangerous Idea, segnalo anche il recente "Breaking the spell: religion as a natural phenomenon". Ed anche il nuovo libro di Dawkins, "The God delusion", in uscita a settembre.

Anonimo ha detto...

Il mio argomento e' solo leggermente diverso dal tuo.
Il ragionamento tipico dei credenti e':
"Un embrione è un essere vivente che, anche se non è una persona, lo
diventerà. Con l'uccisione volontaria dell'embrione tu impedisci a quel
futuro individuo di vivere la sua vita. Non è diverso da un omicidio."
Oppure: "L'embrione umano è già una Persona".

Indubbiamente è vero che la soppressione dell'embrione impedisce
oggettivamente al futuro individuo di esistere. Tuttavia la conclusione
che l'aborto equivale all'omicidio nasconde un grave errore logico.

Vanno chiariti alcuni punti principali:

1. La vita biologica, per come la conosciamo attraverso il metodo
scientifico, preesiste alla formazione dell'embrione. L'embrione è il
risultato di complessi e noti processi biochimici che hanno luogo fra
organismi vivi: l'ovulo femminile e lo spermatozoo maschile. Un
embrione vitale non proviene da oggetti morti o da materiale
inorganico. Affermare che la vita abbia inizio all'istante della
fusione del Dna di organismi vivi è una banale contraddizione nei termini.

2. L'idea che l'embrione come tale sia una "Persona" è di ordine
metafisico e non ha nulla a che fare con la Biologia o con le altre
scienze. L'idea che l'istante del concepimento costituisca una qualche
"discontinuità" che giustifichi l'assegnazione dello statuto di
"Persona" non trova supporto in Natura ma affonda piuttosto le sue
radici in quelle ideologie religiose che per sopravvivere non possono
fare a meno di questa arbitraria assunzione. Si tratta di un'idea che
non contiene nulla di scientifico.

3. Il meccanismo attraverso il quale si forma l'embrione di un Homo
sapiens è lo stesso per tutti gli organismi viventi sessuati (sia per i
mammiferi sia per molti altri animali inferiori). Non occorre postulare
l'esistenza di entità sovrannaturali per spiegare la riproduzione umana,
o per spiegare i processi che portano alla formazione di un embrione.

4. Una coppia qualsiasi ovulo-spermatozoo non ancora uniti contiene già in
sé tutta l'informazione che serve per la costruzione di un nuovo
esemplare, esattamente come la stessa informazione è contenuta
nell'embrione che essi formano. In altre parole, una qualsiasi coppia
ovulo-spermatozoo ha la stessa "dignità" biologica dell'embrione, nel
senso che è ad esso biologicamente equipollente.

Questi semplici fatti implicano che la scelta consapevole di impedire,
attraverso qualsiasi mezzo, l'unione di un ovulo con uno spermatozoo umani
risulta logicamente equivalente ad impedire che il corrispondente embrione
si sviluppi secondo il suo normale corso. Cioè, se chiamiamo questo
"omicidio", allora siamo costretti ad includere nella stessa categoria
anche la contraccezione e perfino l'astinenza sessuale o la scelta del
celibato perché di fatto producono, dal punto di vista biologico, tutti lo
stesso risultato finale: una persona non verrà al mondo e non vivrà a
causa della scelta deliberata e consapevole di qualcuno.

Dovremmo dunque considerare "assassini" anche tutte quelle persone?
E' chiaramente assurdo. E ogni volta che attraverso un ragionamento
si giunge ad un assurdo significa che, o il ragionamento è sbagliato,
o l'ipotesi iniziale (aborto=omicidio) è falsa. L'aborto non può
essere considerato equivalente all'omicidio, perché questa ipotesi
condurrebbe alla conclusione insensata secondo la quale
dovremmo considerarci quasi tutti omicidi.

Anonimo ha detto...

Vorrei rispondere al dott. Musy che ho letto per intero sul sito UAAR un commento simile anche se qui ha tralasciato alcune righe del suo testo integrale . Le riporto perchè le trovo inquietanti: "stabilire quando la soppressione di un gruppo di cellule è un omicidio e quando invece non lo è, non può che derivare da una nostra convenzione e non da un elemento oggettivo della natura. Non diversamente dallo stabilire a che età si può votare". Temo che anche un essere umano adulto possa essere allo stesso modo definito "un grosso gruppo di cellule" e che, se è una "convenzione" a stabilire quanto "grosso" sia il gruppo per valutare se si tratta di omicidio o meno, qualcuno possa essere indotto a pensare che anche il colore del "gruppo di cellule" possa essere soggetto a convenzione da stabilire: in Sud Africa è stato così fino a pochi decenni fa... Credo che contare i cromosomi e fare un test del DNA possa togliere ogni dubbio scientifico su qualunque "gruppo di cellule" più o meno sviluppato che il dottore incontri (ricordo che ovociti e spermatozoi hanno un corredo genetico dimezzato).
Distinti saluti
A.Rossetto

Anonimo ha detto...

Trovo irrilevanti le cosiderazioni sulla completezza del corredo genetico e su come questo sia suddiviso fra ovulo e spermatozoo.
Il punto centrale della questione e' che io so che impedire l'unione di queste due entita' biologiche e' causa diretta del fatto che un bambino non nascera'. Esattamente come so che impedire lo sviluppo o l'annidamento di un embrione produce lo stesso risultato finale.
Se e' omicidio il secondo, allora lo e' anche il primo.

Siamo gia' tutti concordi nell'attribuire lo status di "persona" ai neri, ai giapponesi, alle donne e agli omosessuali (ma ad es. ricordo che per gli indios americani la Chiesa Cattolica ha dovuto pensarci su un bel po..).
Non tutti invece sono concordi nell'attribuire gli stessi diritti giuridici (in particolare il diritto di non essere uccisi da un altra "persona") ad un embrione di 2 settimane, oppure di un mese, oppure di 3 mesi, oppure di sei mesi, o di nove mesi!
Nella pratica siamo costretti a fare una scelta netta, che per forza di cose non potra' che essere arbitraria (cioe' una convenzione).
L'argomento che avevo esposto sopra era teso a dimostrare che presumere che questo istante debba coincidere con la formazione embrionale nasconde lo stesso grado di arbitrarieta' di presumere che una coppia qualsiasi ovulo-spermatozoo sia una gia' una "persona".

Saluti,
Marco Musy

Anonimo ha detto...

Credo che, sapendo che due gameti formeranno un determinato individuo, non li faccio incontrare è ovvio che non commetto un omicidio perchè, in questo caso,c'è un progetto genetico ma non c'è ancora un individuo: sarebbe come dire che distruggere i progetti o i mattoni necessari a costruire una futura casa è uguale a distruggere la casa che qualcuno ha costruito.
Diverso è dire che un embrione appena formato è un "progetto" di essere umano: in realtà qui si è passati dal progetto (il corredo genetico dei due gameti separati)alla realizzazione di un nuovo essere individuale con poche cellule (ognuna delle quali ha lo stesso patrimonio genetico che avrà di dì a 9 mesi o a 20 anni). Direi che la differenza non è una convenzione ma un dato scientifico.Credo anche che, proprio perchè ci sono voluti secoli per ammettere che non era il colore il criterio per definire "uomo" un essere umano di colore diverso dal nostro si possa sperare nel futuro che anche il numero di cellule che compone un essere umano esistente(e non il progetto di un essere umano come lo sono un ovulo e uno spermatozoo)possa diventare il criterio per dargli la dignità che spetta a ogni appartenente alla specie Homo sapiens sapiens.

Distinti saluti

Anonimo ha detto...

L'oggetto del contendere e' proprio quando dovremmo assegnare l'appellativo di
"individuo/persona" ad un entita' biologica piu' o meno semplice.

Il Suo esempio della casa e dei mattoni mi sembra azzeccato.
Una casa e i mattoni che la costituiscono sono oggetti distinti.
I cattolici tendono a confondere le due cose (quando conviene), ed e' quello che
fanno quando confondono l'embrione con la persona che diventera' e che ancora non e'
(secondo me).
Inoltre se l'embrione e' un "progetto", anche la coppia ovulo-spermatozoo vivi da
cui deriva e' un "progetto" (e viceversa), ed e' lo stesso identico progetto.
Impedirne l'unione e lasciarli morire significa distruggere il progetto.
Dunque anche la coppia ovulo-spermatozoo sarebbe una persona?

L'idea di fissare un numero di cellule per stabilire se un embrione umano deve essere
oggetto di
tutela giuridica come me e Lei, di nuovo, non puo' che derivare da una convenzione
sociale. E' un'illusione cercare nella natura questo numero.
Secondo Lei quanto dovrebbe valere per valere oggettivamente?

So che' e' difficile accettare tutto questo, perche' porta con se' radicali
implicazioni sull'infondatezza di un "etica oggettiva dell'embrione".
Cosi' e' la vita...

Saluti.

Anonimo ha detto...

Credo di non essere stata chiara nel mio esempio: l'embrione è già una casa e non più un progetto. Credo che lei sappia che il patrimonio di un nuovo individuo non è la semplice somma del corredo genetico paterno e materno presente (con solo metà informazioni) nei gameti che gli daranno origine: esiste un fenomeno chiamato "crossing over" in cui i cromosomi di ovulo e spermatozoo si uniscono e in parte si "rimescolano" dando così origine a un nuovo DNA diverso dalla semplice somma dei DNA materno e paterno. E' qui che ogni biologo sa che inizia la vita di un nuovo individuo della specie biologica cui appartengono i genitori e, nel caso umano, di un nuovo UOMO. Se attribuirgli lo status di "persona" sicuramente è un problema filosofico (negli USA c'è stata una guerra civile anche per motivi simili relativamente agli esseri umani con la pelle scura che non erano riconosciuti persone giuridiche ma semplici "esseri umani")ma non mi si parli di dubbi scientifici sul riconoscere "essere umano" un'entità biologica con il DNA umano solo perchè è formato da poche cellule. A questo punto le rimando la domanda che mi ha posto: quante cellule ci vogliono per decretare persona un individuo appartenente alla specie "homo sapiens"?

Anonimo ha detto...

So bene che ovulo e spermatozoo possono mescolare una parte dell'informazione genetica. E' anche vero che il feto ha un biofeedback complesso con la madre, che dipende da molte condizioni, mutate le quali si avrebbe un individuo diverso. Ma non ha importanza, a me basta sapere che l'unione ovulo-spermatozoo e' in grado di produrre un esemplare della specie corrispondente, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche (o genetiche) che quell'individuo avra'.
Contesto la sua affermazione "E' qui che comincia la vita.." perche' la vita biologica NON comincia (ovulo e spermatozoo erano vivi). E se non e' un'affermazione di natura biologica diventa un'affermazione di natura metafisica.
Mi stupisce ogni volta vedere come le persone notano facilmente, e correttamente, le differenze biologiche fra una coppia ovulo-spermatozoo rispetto all'embrione, e quanto facilmente sfugga invece la differenza che passa fra un embrione ed una persona autocosciente oggetto di diritti giuridici.
Un girino di rana non e' una rana, anche se lo diventera' (a meno che io non uccida il girino).
Non sto negando che un embrione umano diventera' un uomo, sto negando la necessita' logica di identificare queste due entita' biologiche.

Quindi, per rispondere alla (mia) domanda, non penso che esista un criterio oggettivo per decretare "individuo giuridico" una fase dello sviluppo di una coppia ovulo-spermatozoo. In questo senso, ogni decisione non puo' che essere affetta da qualche grado di arbitrarieta', e di conseguenza il frutto di una convenzione sociale.

Anonimo ha detto...

Lei continua a fare confusione fra biologia e filosofia: non credo che la differenza tra girino e rana sia filosofica ma che rappresentino 2 stadi dello stesso individuo appartenente alla specie, per esempio, "Rana Esculenta". E questa non è un'affermazione metafisica ma biologica. Se lei uccide un girino commette lo stesso atto che uccidere una rana e credo che anche dal punto di vista etico e/o filosofico non sia meglio o peggio uccidere l'uno o l'altra.
Anche affermare che è una convenzione sostenre un'identità biologica tra embrione - feto -neonato (che consapevolezza o autocoscienza avraà mai nu neonato!!) - bambino - adolescente - uomo - anziano - moribondo è un errore non metafisico ma biologico: l'identico DNA credo ne sia una prova inconfutabile.
Alla (sua) domanda credo lei abbia risposto in modo corretto rispetto alle Sue premesse lasciando aperta così un'arbitrarietà su chi includere nella convenzione che fa di individui umani (e l'embrione biologicamente lo è) "persone" che ha portato in passato all'esclusione delle donne, dei neri, dei nativi, degli ebrei ecc. se non alla loro "legale" eliminazione.
Distinti saluti

Anonimo ha detto...

Chi fa confusione fra filosofia e biologia?
Mi scusera' l'ironia, ma magari riprendiamo il discorso quando sapra'
distinguere fra un girino e una rana anche senza fare a entrambi il test del DNA per controllare se sono "individui" diversi.
E se poi sono uguali? (per esempio clonando la rana).
In base alla sua teoria di identificazione metafisica DNA-Persona (o Rana) concludera' che sono entrambi la stessa rana?

Se uno di due fratelli omozigoti svaligia una gioielleria posso condannare l'altro, visto che in fondo sono la stessa Persona? (hanno la stessa "identita biologica" come la chiama Lei)

Quanto poterono 2000 anni di cristianesimo...

Saluti

Anonimo ha detto...

Se non intende più rispondere alle mie repliche è libero di farlo ma io non credo di aver detto che rana e girino non si possono distinguere se non con l'esame del DNA...Lei confonde apparenza (forma esterna) e sostanza (individualità) di un entità biologica! che poi esistano i gemelli omozigoti non è la dimostrazione che nessuno dei due sia una persona perchè hanno lo stesso patrimonio genetico (comunque con il passare degli anni anche il DNA di due gemelli omozigoti spesso presenta differenze).
Io le ho solo dimostrato che per la biologia NON c'è diversità tra embrione e individuo adulto e che se è una convenzione il criterio che dobbiamo utilizzare per decidere se un individuo di Homo Sapiens ha il fondamentale diritto alla vita (non parliamo di patente o diritto di voto)lasciamo libertà achi lo ritiene di decidere che non è lo stadio di sviluppo ma il colore della pelle un criterio altrettanto valido poichè "convenzionale". Se mi risponde in modo convincente...non la disturberò oltre!

Distinti saluti

Anonimo ha detto...

Mi scuso per il ritardo nella risposta, ma mi era sfuggito il Suo ultimo post.
Temo pero' di non aver capito bene...
Mi accusa di non distinguere fra "apparenza" e "sostanza". Probabilmente ha ragione perche non vedo differenza fra cio' che e' osservabile e la "sostanza" di cio' che e' osservabile.

E' vero che dichiarando la convenzionalita' dell'attribuzione di diritti civili ad uno stadio arbitrario dello sviluppo fetale si lascia una porta aperta a molte ideologie del passato (ad es. il nazismo).
Questo non e' pero' un argomento logico razionale.
Eppoi la storia stessa ci insegna che non e' mai servito a niente: il nazismo e' fiorito proprio sotto il cristianesimo che lo ha sostenuto il quale ha tratto a sua volta benefici... quindi come vede la porta e' sempre rimasta aperta comunque.

Saluti.

Anonimo ha detto...

Questa volta mi scuso io per il ritardo... Ma lei non riesce a convincermi su due cose: 1, che ai miei argomenti continua a ribadire quanto la Chiesa e il cristianesimo abbiano influenzato il "nostro" modo di pensare e io non capisco dove, nei miei ragionamenti (per quel che valgano), io ho citato queste fonti anche se è innegabile che tutto il pensiero sul concetto di "persona" nasca proprio dal fatto che con il cristianesimo(almeno in teoria) non ci sono più differenze tra individui della specie umana (nè ebrei nè gentili, nè liberi nè schiavi, nè uomini nè donne, dice S.Paolo); 2 che non sia un argomento razionale dire che, se la definizione "essere umano" sia una patente rilasciata da qualcuno in base a qualche criterio diverso dall'appartenere alla specie animale "homo sapiens sapiens", siamo tutti a grave rischio di discriminazione; 3 da quando è nato il microscopio e la genetica c'è differenza tra alcune osservazioni superficiali (vedi la "forma" del girino o dell'embrione rispetto agli individui adulti) e altre più approfondite (la "sostanza" dell'appartenere di girino e rana alla stessa specie animale così come dell'embrione e dell'adulto alla specie umana).
Lasciamo stare gli eventuali errori del cristianesimo (e di molti ebrei e moltissimi laici) nella Germania nazista così come quelli di Darwin quando auspicava la supremazia delle razze umane più evolute rispetto a quelle troppo vicine alle scimmie, e vediamo di non ripeterli oggi! Troviamoci d'accordo sul definire ogni appartenente alla specie "homo sapiens sapiens" "essere umano a pieno titolo" e sicuramente avremo una base comune tra tutte le culture per parlare di diritti umani (cosa diversa dai diritti civili, quelli sì attribulibili a qualcuno e non a qualcun altro in modo lecitamente arbitrario, vedi diritto al voto).
A.Rossetto

Anonimo ha detto...

Grazie Annarosa, grazie di esistere. Finalmente qualcuno che sa argomentare in modo intelligente e replicare a dovere a i "beati costruttori di sofismi" come il marco musy in questione.

Anonimo ha detto...

Embrione: uomo in atto


di Danilo Saccoccioni, 22/04/2006




Che l’embrione umano sia un essere vivente e abbia carattere personale fa parte di quelle conoscenze del senso comune che non possono mai essere messe in dubbio da nessuno, pena la contraddizione logica, come sarebbe facile dimostrare. Eppure qualcuno ama la contraddizione.
Ho appena detto a mia nonna, la quale non sa neppure scrivere, che gli studiosi nei nostri paesi pare abbiano dimostrato che l’embrione non sia un uomo. Con la sua acuta sapienza popolana, meravigliata, mi ha risposto: “E questi sarebbero scienziati!?”.
Chi conosce un pochino la storia del pensiero occidentale sa bene chi in epoca moderna abbia voluto esasperare il dubbio sulla validità delle conoscenze del senso comune: il caro Descartes, che nel XVII secolo ha dato il via a tutto uno stile di pensiero alla disperata ricerca di dimostrazioni per ogni cosa, trascurando che da un punto di vista strettamente logico le conoscenze del senso comune sono la base pre-filosofica di ogni successiva riflessione. Abbandonato il realismo greco e medievale, ora i moderni danno la caccia all’embrione, dimostrando che i cattolici, seguendo la nota dottrina aristotelica dell’atto e della potenza e applicandola al caso dell’embrione per esporre in modo rigoroso le ragioni del suo essere uomo, contraddirebbero il loro stesso insegnamento mostrando tutta la loro incompetenza dottrinale: mi riferisco, in particolare, a un articolo del noto Emanuele Severino (Università di Venezia) comparso sul Corriere della Sera dell’1/12/2004 dal titolo “L’embrione e la vita, il paradosso di Aristotele”, articolo in cui Severino dimostrerebbe che in realtà l’applicazione corretta dell’insegnamento aristotelico condurrebbe ad affermare che “uomo in potenza non può voler dire essere umano in atto”.
Cerchiamo allora di fare chiarezza sui termini “atto” e “potenza” e diamo gloria alla Verità: l’embrione è un essere umano dall’inizio del concepimento.
Consideriamo un recipiente pieno d’acqua fredda rispetto alla nostra temperatura corporea, poi cominciamo a riscaldare per mezzo di una fiamma il tutto: l’acqua diventerà, dopo un po’, più calda del nostro corpo. Ebbene, secondo la terminologia aristotelica, l’acqua fredda, prima di essere scaldata, sarebbe calda in potenza, poi, dopo il riscaldamento, sarebbe calda in atto. L’acqua passa dal suo non-essere-calda al suo essere-calda: questo passaggio dal non-essere all’essere mostrerebbe tutta la sua intrinseca contraddizione se, a rimuovere proprio la contraddizione, non intervenisse una causa esterna già in atto rispetto al calore: la fiamma. Quello appena mostrato è un semplicissimo esempio di quello che nella metafisica è conosciuto come “principio di causa” o, esplicitandone meglio l’analiticità, il “teorema di causa”: “il concetto di causa si impone a partire dalla necessità di rendere non contraddittorio il divenire degli enti” 1 . Purtroppo, con l’abbandono della metafisica classica, l’epoca moderna non considera più analitico il teorema di causa: “nel campo scientifico, con l’avvento della scienza moderna e dopo le critiche di Hume e Kant, la nozione di causa è stata sostituita dal concetto di funzione matematica, nel senso statistico, indeterministico, convenzionalistico e operativistico”.2
Torniamo ora all’embrione. Chiediamoci innanzitutto: che cosa distingue un vivente da un non vivente? Certamente non è il biologo a doverci rispondere, poiché la biologia come scienza deve già presupporre la nozione di vita, così come la fisica come scienza deve presupporre la nozione di ente fisico. Ebbene, “da un punto di vista metafisico, […] l’atto del vivere, come atto d’essere proprio dei viventi, definisce i viventi stessi come quegli enti (fisici o spirituali) capaci per essenza di determinare a diversi livelli il proprio comportamento. Questa capacità di autodeterminazione parziale (nei viventi sub-umani) o totale (nell’uomo e nelle sostanze spirituali) del proprio comportamento […] è ciò che Platone e Aristotele intendevano quando definivano il vivente come quell’ente capace di movere se”.3 Dunque, in parole povere, ciò che distingue un vivente da un non vivente è primariamente la costruzione di sé in vista dei “due fini fondamentali della sopravvivenza e della riproduzione”.4
Cerchiamo ora di applicare correttamente (o comunque meglio di Severino nel citato articolo) la dottrina dell’atto e della potenza al caso dell’embrione. Partiamo dalla domanda banale: cosa fa l’embrione a partire esattamente dal primo istante del concepimento? Risposta altrettanto banale: COSTRUISCE SE STESSO. Ora, potenza e atto a chi si riferiscono in questo caso? Nel caso dell’acqua avevamo visto che il suo essere calda era stato causato dalla fiamma, già calda in atto, che rimuoveva la contraddizione del passaggio acqua fredda – acqua calda e che evidenziava come in ogni processo trionfi la primarietà dell’atto rispetto alla potenza. Ebbene, nel caso dei viventi, ciò che causa la costruzione di sé è, udite udite, nient’altro che l’embrione stesso!!! Cioè l’embrione è causa del suo stesso divenire, cioè l’embrione è in atto, anzi è atto stesso, poiché, appunto, è causa del suo divenire, fin dal concepimento: si badi che questa conclusione è semplicemente la traduzione in termini metafisici dell’osservazione del comportamento dell’embrione. E la potenza dove la mettiamo? Sempre l’osservazione ci fa subito dire che l’embrione non è in potenza quanto al vivere (abbiamo visto che quanto al vivere è in atto), ma è in potenza quanto a tutti i fini che persegue, su piccola come su larga scala: ad esempio, nel caso dell’uomo, l’embrione è in potenza non quanto al suo essere uomo, ma quanto all’esercizio effettivo della vista o della volontà ecc…
Insomma, la straordinarietà dei viventi sta nel fatto che la causa del loro divenire, anziché dover essere ricercata in un altro ente già in atto (come succede per i non viventi), si mostra in tutto il suo splendore inventivo in se stessi: forse pochi lo sanno, ma questo era il principio che, fin dagli antichi greci, veniva chiamato “anima”.
“Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole”.5 Ecco, mi auguro che tutti gli Emanuele Severino che realizzano questa profezia paolina si ravvedano presto: non accada loro di essere giudicati da quei poveri innocenti nel Giorno del Giudizio, ma, pentiti, giungano ad adorare con Salomone l’Eterna Sapienza:
“La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; […]
L'amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore che ne promana”.6




1 Aniceto Molinaro, Lessico di metafisica, Edizioni San Paolo, Milano 1998, pag. 38
2 Ibid., pag. 39
3 Gianfranco Basti, Filosofia dell’uomo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1995, pag.115
4 Ibid., pag. 124
5 2Ti 4,3-4
6 Sap 7,8.10

Anonimo ha detto...

Interessanti raggionament!!! Premesso tutta questa lunga esposizione chiaramente contraria alla presenza di una persona fin dal momento del concepimento, io invece avrei una domanda da porre: esistono dei casi comprovati scientificamente, nei quali l'unione di un'ovulo e di uno spermatozoo umani, dopo 9 mesi di gestazione, abbiano dato vita a qualcosa di diverso di un essere umano? Se la sua risposta sarà postiva e dimostrata allora crederei che una persona comincerebbe ad esistere dopo un certo tempo dal concepiemento.