martedì 21 ottobre 2014
Così report condanna gli OGM
Domenica scorsa è andato in onda Report. Domenica scorsa Report ha di nuovo parlato di OGM. Per chi non ha visto la puntata può andare qui oppure leggersi il pdf.
La prima mossa nota e scorretta è quella di mischiare gli OGM a qualcosa di pauroso e dannoso. Comincia Jeff Moyer, «ex direttore del National Organic Standards Board». E già «Organic» è una spia della strategia naturista, ovvero uso parola che ha un’aura positivo: biologico, naturale, organico sono spacciati come sinonimi di genuino, sano, incontaminato. Il problema è che «Organic is a production term – it does not address the quality, safety or nutritional value of a product» (sull’idea di «natura» si legga anche questo).
Dice Moyer: «Ai consumatori americani non è mai stato chiesto se li volevano. Se qui negli Stati Uniti fermi qualcuno per strada e gli chiedi se sarebbe disposto a mangiare alimenti geneticamente modificati, probabilmente non sa neppure di cosa stai parlando. Se lo sapesse, ti risponderebbe di no. Ma la realtà è che già lo fa perché questi prodotti sono parte della sua dieta e delle sue abitudini alimentari. Se gli chiedessi: “Vorresti più antibiotici nella carne?”, ti risponderebbe di no, senza sapere che ce li mettono già. Non abbiamo la stessa libertà di scelta di cui finora hanno potuto godere gli europei. Forse, le future politiche commerciali non lasceranno libertà di scelta nemmeno a voi. Chi sa?». Che è come chiedere: vuoi questo sano e bello oppure quest’altro che fa male e fa ingrassare (che sia vero non è rilevante)?
Next, 21 ottobre 2014.
giovedì 30 maggio 2013
La minaccia OGM
Nell’intervento di Adriano Zaccagnini alla Camera dei Deputati “Contro gli OGM”, si agitano i soliti fantasmi contro gli organismi geneticamente modificati (OGM). Questi fantasmi si radicano un po’ in un pigro tradizionalismo, un po’ nell’ignoranza, un po’ in un’ostinata e generica nostalgia per il bel tempo che fu. Quando parlo di ignoranza penso sempre ai “pomodori senza geni”: in una delle rilevazioni sulla conoscenza delle biotecnologie, condotte qualche anno fa da Observa, il 28% degli intervistati rispose che è vero che “i comuni pomodori non contengono geni mentre quelli geneticamente modificati sì” (cui va aggiunto il 19,5% che non sapeva). E i geni, si sa, sono molto pericolosi. Quasi il 45% ha risposto poi che “gli animali geneticamente modificati sono sempre più grandi di quelli comuni” – e un animale più grande in genere fa più paura, è più minaccioso. Questo è più o meno il contesto in cui nasce e viene nutrito il sospetto verso gli OGM, cullato da allucinazioni “biologiche” a chilometro zero.
Giornalettismo.
domenica 10 giugno 2012
Non distruggete la ricerca
Martedì 12 giugno inizierà la dismissione dei campi sperimentali dell’Università della Tuscia in cui erano coltivati alberi di olivo e di ciliegio, e alcuni filari di kiwi transgenici. Le piante verranno fatte seccare con appositi prodotti chimici, e conseguentemente distrutte. Gli esperimenti, iniziati in campo aperto nel 1998 da una ricerca pubblica avviata nel lontano 1982, potrebbero consentire di selezionare varietà resistenti a diversi agenti patogeni, come funghi e batteri. La riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura, che tutti auspichiamo, passa anche attraverso lo sviluppo della ricerca scientifica in questo settore. Purtroppo gli esperimenti non hanno ancora dato risultati apprezzabili, dato che le piante arboree hanno bisogno di molto tempo per crescere. Anche per questa ragione pensiamo che la distruzione delle piante vada assolutamente evitata: non è possibile interrompere un esperimento del genere e riprenderlo, magari tra qualche anno, dal punto in cui lo si è lasciato. Fermarsi ora significa, letteralmente, buttare al vento decenni di ricerca pubblica finanziata con i soldi dei contribuenti italiani. Una prospettiva a nostro avviso sconvolgente.
Ricordiamo che gli allarmi, apparsi sulla stampa, di possibili rischi di contaminazione per le colture circostanti, sono completamente infondati. La ricerca si svolge seguendo un rigido protocollo, a suo tempo approvato dalle autorità competenti, che prevede misure di sicurezza molto rigide per quanto riguarda la possibile diffusione del polline: ad esempio, ogni anno vengono rimossi manualmente i fiori da ogni pianta di kiwi, e sterilizzati in autoclave. I ricercatori dell’Università della Tuscia, che hanno condotto le sperimentazioni, sono disponibili a fornire ulteriori informazioni e dettagli a chiunque voglia saperne di più, su qualsiasi aspetto della ricerca, coerentemente con quanto avvenuto per la sperimentazione sul grano in corso a Rothamsted in Inghilterra. La scienza dimostra di non aver paura di confrontarsi e dialogare con la società civile. Anche con coloro che vorrebbero distruggerla.
Come ricercatori e studenti di biotecnologie, siamo convinti che la ricerca, non solo quella sugli OGM, non possa che fondarsi su di una attenta valutazione del rischio che nasca da una seria sperimentazione. Per queste ragioni, facciamo appello alle autorità competenti, a cominciare dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini e delle Politiche Agricole Mario Catania, perché non si disperda irreparabilmente quanto raccolto finora da questa esperienza, anche in termini di capitale umano e competenze, e affinché recedano da questa decisione. Per favore, non distruggete il nostro lavoro. Non distruggete la ricerca. Non distruggete il futuro del Paese.
ANBI – Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani
Sottoscrivete l’appello nello spazio dei commenti, indicando il vostro nome, cognome e professione. Potete lasciare un breve commento.
Le firme saranno pubblicate. Grazie per il vostro sostegno!
Se volete comunicarci il sostegno ufficiale della vostra organizzazione, scriveteci a appelloperlaricerca@gmail.com
Non distruggete la ricerca.
lunedì 21 maggio 2012
Don’t destroy research
Sense about science ha pubblicato un appello dei ricercatori del Rothamsted Research.
Matteo Rossini pubblica anche altri link sull’attacco di ieri mattina.
lunedì 9 aprile 2012
Greenpeace, imprecisioni e dubbi marchi di qualità
Ora, se nemmeno sanno di che si tratta, di che parliamo? Là dove non ci sono competenza e analisi vince la retorica, ecco perché ti mostrano un attivista con la tuta antiradiazione che distrugge un campo di piante ogm. Di cosa si può discutere? Ci sono i buoni e puri in tuta che ci proteggono dai cattivi. Detta in breve, le campagne di Greenpeace tendono a estorcere un’emozione. Emozionatevi pure, ma non pensate.
[...]
Insomma, senza un metodo d’analisi scientifico e condiviso, non abbiamo la possibilità di distinguere la dose che ci salva la vita da quella che inquina il mondo. La preoccupazione dunque è che Greenpeace esageri nelle sue battaglie: solo se spaventi bene i cittadini puoi sperare di mantenere la leadership del settore. I problemi ci sono, ma i rimedi proposti? Sono realistici?L’ecologismo che si incarta, Antonio Pascale, la Lettura di ieri.
Postato da Chiara Lalli alle 10:08 2 commenti
Etichette: Antonio Pascale, Greenpeace, Ignoranza scientifica, la Lettura, OGM
venerdì 4 febbraio 2011
20 milioni di euro

Senza dubbio l’innovazione ha un legame forte con la ricerca scientifica. E qui arriviamo a un nodo doloroso. Perché negli ultimi anni, sempre più brutalmente, abbiamo assistito a tagli impietosi dei fondi destinati alla ricerca. Abbiamo assistito agli appelli più accorati, sguaiatamente ipocriti, e alle giustificazioni più strappalacrime: questo sacrificio sarebbe necessario per il bene del Paese, un po’ come quando si chiedeva di consegnare le fedi d’oro in tempo di guerra.
Ed ecco che 20 milioni di euro, più il medievale Castello dei Monteroni riportato a nuovo, vengono promessi a un progetto che di scientifico ha solo l’apparenza per quanti sono in grado di vedere.
È difficile dire se a impressionare di più siano i 20 milioni di euro stanziati o le immagini della conferenza stampa durante la quale la Fondazione dei diritti genetici annuncia la neonata avventura. Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Nichi Vendola, governatore della Regione Puglia, Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia, Enzo Paliotta, sindaco di Ladispoli. Nel programma era atteso anche Gianni Alemanno, sindaco di Roma.
O i sostenitori istituzionali della iniziativa: “Per la realizzazione del progetto è stato firmato un protocollo d’intesa tra la Fondazione diritti genetici, i ministeri per i Beni Culturali, Istruzione, Università e Ricerca, Ambiente, Politiche Agricole, Sviluppo Economico, Affari Esteri, Politiche europee, la presidenza del Consiglio del Consiglio dei ministri, le Regioni Lazio e Puglia e il Comune di Roma”.
I presenti sono entusiasti ma forse hanno saltato tutte le lezioni di biologia e non hanno mai avuto la curiosità né il senso del dovere di informarsi.
E non sono intervenuti come singoli cittadini, ma come rappresentanti istituzionali, e si sono accordati per stanziare venti milioni di euro a beneficio della fondazione dei diritti genetici. Tutti d’accordo in una bucolica armonia in cui le appartenenze non contano più, ma prevale il pregiudizio. Tutti d’accordo nel ricoprire d’oro qualche cortigiano mentre gli altri consegnano le fedi.
Continua su iMille, 4 febbraio 2011.
Postato da Chiara Lalli alle 18:37 0 commenti
Etichette: Finanziamenti alla ricerca, Mario Capanna, OGM, Ricerca, Scienza
mercoledì 2 febbraio 2011
Venti milioni di euro
Venti sì, nonostante il solito pianto e i tagli sulla ricerca. A chi vanno? Ecco cosa scrive Gilberto Corbellini su Il Sole 24 Ore, Venti milioni di euro ai qualunquisti anti-OGM, 30 gennaio 2011.
La comunità degli scienziati italiani è allibita. Potrei riportare decine di email e telefonate, non ultima quella di uno sconfortato Edoardo Boncinelli. Il lamento è uno solo: ci dicono che non ci sono soldi per finanziare ricercatori che all’estero ci invidiano, e che per questo sempre più spesso se ne vanno, ma la Presidenza del Consiglio, la Regione Lazio, il Comune di Roma e la Regione Puglia hanno stanziato ben 20 milioni di euro da destinare a un progetto ispirato dalle fobie allucinatorie dell’ex-sessantottino Mario Capanna. L’unico al mondo ad aver visto e discusso (UnoMattina Estate del 30 luglio 2007) il sapore dell’inesistente fragola-pesce, usata anche come monito terroristico da una pubblicità Coop.Anche Biotecnologie Basta Bugie.
Il progetto si chiamerà, forse per assonanza con il film di Albanese, GenEticaMente. E a leggere la «piattaforma di ricerca», cioè i tipi di tecnologie e gli obiettivi del programma, vien subito da ridere. Poi, però, subentra una profonda tristezza. E uno si chiede chi possa mai aver vagliato, sul piano della plausibilità e della fattibilità, le cosiddette piattaforme di innovazione che sono state finanziate. È evidente che i ministri, presidenti di regioni, sindaci e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, non hanno chiesto, come si fa a livello internazionale per qualunque stanziamento di fondi pubblici, a un comitato di esperti neutrali, se il progetto ha una sua razionalità. Si possono capire Coop e Coldiretti, che avranno un ritorno di immagine attraverso il rinforzo della propaganda anti-ogm. Ma non è chiaro l’interesse delle istituzioni pubbliche a investire in quel pastrocchio i soldi delle nostre tasse. Che, di fatto, vengono regalati a una fondazione privata, che li userà per fare del proselitismo settario, cioè per alimentare la disinformazione contro l’uso agricolo di ogm.
Il piano si ammanta della definizione di «ricerca partecipata», cioè democraticamente controllata. In realtà è l’ennesimo esempio nazionale di manipolazione politica della scienza, nel nome di pregiudizi ideologici. È il ritorno della politicizzazione della biologia del sovietico Lysenko. I danni per una politica agraria ideologica e irresponsabile, saranno a carico dei milioni di cittadini italiani che dovranno pagare il cibo più caro in un paese che diventerà economicamente sempre più arretrato. Chi volesse esprimere un civile segno di protesta può sottoscrivere un appello alle autorità politiche e istituzionali a questo indirizzo: www.salmone.org.
venerdì 24 settembre 2010
Mangiar bene?
Se Slow Food si limitasse a rappresentare i buongustai non ci sarebbe nulla da ridire: che c’è di male nel voler mangiare e bere bene? Ma se vuole porsi come soluzione alla fame nel mondo e ideologia salvifica, lo scenario cambia.
L’ideologia di Slow Food è il sottotitolo del libro di Luca Simonetti Mangi chi può. Meglio, meno e piano (Mauro Pagliai, pp. 120, euro 8,00), analisi impietosa e divertente di una associazione che è sintomo e interprete della condizione politica e dell’opinione pubblica italiane.
Che rapporto ha Slow Food con il linguaggio?
Ambiguo. È tipico del degrado culturale costruire trappole linguistiche. Faccio un esempio recente: Giorgio Fidenato, agricoltore friulano, decide di piantare mais geneticamente modificato in polemica con il Governo e la Regione (ma sostenuto da una sentenza del Consiglio di Stato e dalla normativa europea). Gli attivisti di Greenpeace gli devastano il campo. Il giorno dopo Slow Food costituisce un Presidio per la Legalità e contemporaneamente elogia l’azione, palesemente illegale, di Greenpeace. “Aspettiamo che il Ministero prenda provvedimenti” avvertono “altrimenti li prenderemo noi”. Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, scrive su la Repubblica del 3 agosto un pezzo intitolato Quei campi Ogm in Friuli sono un Far West da fermare, atteggiandosi a tutore della legalità. Fidenato è accusato di essere un cow boy e un delinquente perché non rispetta la legge: ma il Far West è proprio farsi giustizia da soli!
L’ignoranza è una condizione necessaria per sostenere tesi bizzarre, come quella che i fast food sarebbero figli dei tempi attuali e quindi da condannare?
Non sapere o fare finta di non sapere che il cibo “veloce” sia sempre esistito serve a giustificare la condanna della modernità e della tecnica, giudicate di per sé cattive. Slow Food ricostruisce il passato a suo piacimento ignorando la storia e occultando i reali processi di produzione: in un’inesistente età dell’oro tutti avrebbero assaporato i pasti con lentezza e in lieta compagnia, e tutti avrebbero avuto da mangiare. Ma in realtà anche i romani, i cinesi, gli aztechi mangiavano “fast food”, cioè cibi consumati rapidamente e a poco prezzo, e inoltre fino a tempi molto recenti la stragrande maggioranza della popolazione faticava a mettere insieme un pasto decente. Anche se poi fosse vero che i fast food sono innovazioni moderne, non sarebbe questa una ragione sufficiente per condannarli e per ricoprire di ingiurie i loro estimatori, da Slow Food definiti barbari, disumanizzati, stupidi e tristi.
Postato da Chiara Lalli alle 10:49 3 commenti
Etichette: Carlo Petrini, Il Mucchio Selvaggio, Luca Simonetti, OGM, Slow Food
lunedì 15 febbraio 2010
Dieci volte sì agli OGM
Dario Bressanini dà dieci risposte a Carlo Petrini, che sull’Espresso aveva detto dieci volte no agli OGM:
«I prodotti Gm non hanno legami storici o culturali con un territorio. L’Italia basa buona parte della sua economia agroalimentare sull’identità e sulla varietà dei prodotti locali: introdurre prodotti senza storia indebolirebbe un sistema che ha anche un importante indotto turistico».Da leggere tutto.
FATTO: se questi ragionamenti fossero stati fatti nei secoli scorsi in Italia non si sarebbe potuto importare pomodori, patate, mais, zucchine, melanzane, per non parlare del recente Kiwi, e così via. Il patrimonio agroalimentare italiano è ricco proprio perché è stato in grado di adattare al proprio territorio prodotti di altri paesi. Il già citato grano Senatore Cappelli è una varietà tunisina, senza “legami storici o culturali con un territorio”.
In più esistono molti ogm completamente italiani, sviluppati dalla ricerca pubblica italiana. Pomodoro, melanzana, melo... Lasciamo liberi gli agricoltori di scegliere.
lunedì 10 agosto 2009
Gli ex sessantottini e l’ex contadino
Sulle pagine dell’Altro è in corso da qualche giorno una polemica, innescata da un articolo di Gilberto Corbellini sugli Ogm e l’agricoltura biologica («Il biologico è moda, il futuro è OGM», 1 agosto 2009, p. 1) che esordiva significativamente così:
Una domanda agli ex-sessantottini che oggi si sono riciclati businessman e lobbisti dell’industria del cibo biologico, e che, con qualche conflitto d’interesse, hanno lanciato anatemi contro quei parassiti degli scienziati inglesi che hanno semplicemente ri-dimostrato quello che si sapeva da dieci anni; cioè che i cosiddetti cibi naturali non sono nutrizionalmente migliori di quelli tradizionali.Vari commenti all’articolo si sono succeduti nei giorni seguenti: di Roberto Musacchio e Francesco Martone («il principio di precauzione, fondativo dell’Europa […]»), di Rina Gagliardi («se ti mandassi un articolo […] contro l’aborto e il femminismo, lo pubblicheresti?»), di Gaia Pallottino («Che ci faceva il pessimo articolo di Gilberto Corbellini in un giornale così attento ai diritti umani, pacifista e quindi necessariamente ambientalista?»), di Vinicio Giandomenico («avete perso un lettore»). Da questa sequela di reazioni stizzite, indignate, incredule; da questo piccolo catalogo des idées reçus, si capiscono due cose: perché la sinistra radicale è virtualmente svanita dal panorama politico italiano; e perché questa scomparsa è una delle pochissime cose positive accadute ultimamente in questo paese.
Non è che gli 8 milioni di italiani che, secondo un sondaggio Coldiretti-Swg, provano almeno una volta all’anno un prodotto naturale, penseranno di avere più diritti o di essere moralmente migliori degli 8 milioni di italiani che secondo l’Istat vivono in povertà? Magari perché questi ultimi non si possono permettere di consumare quello che prescrive il dottor Petrini. Dato che costa almeno il 30% in più, e loro non ce la fanno neppure ad arrivare alla fine del mese, andando a fare spesa nei discount. Vogliamo dire che gli 8 milioni di italiani poveri prodotti da una classe politica incompetente hanno almeno gli stessi diritti di chi può permettersi i sapori e le atmosfere delle catene di slow food, o una cena nel ristorante di Vissani?
Ai critici ha risposto in nome del giornale Nanni Riccobono, e ha soprattutto replicato lo stesso Corbellini in un articolo apparso ieri, di cui va assolutamente letta almeno la prima parte («Vorrei una sinistra darwinista», 9 agosto, p. 1):
Sulla polemica nata in queste pagine da un mio articolo su Ogm e agricoltura biologica vorrei svolgere una riflessione un po’ più generale e allo stesso tempo personale. Perché la condizione di vuoto culturale e di riflusso vittimista in cui si sta avvitando la cultura politica di sinistra è l’esito di un processo che non ho vissuto stando chiuso nelle biblioteche. E perché i temi sociali ed economici della produzione agricola non sono per me una questione meramente accademica, o una scoperta strumentale.Aggiornamento 19 agosto: Corbellini aggiunge un altro articolo alla serie, sempre sull’Altro: «Le staminali sì, gli Ogm no. Ma non sapete dire perché» (18 agosto, p. 1).
Comincerò dall’ultimo punto. Ancora esattamente trent’anni fa, di questi giorni, non ero certo in vacanza. Accadeva già da almeno una decina di anni, che tutte le estati io dovessi lavorare come salariato agricolo stagionale e trattorista, dato che, per i miei genitori, mantenermi agli studi era una spesa che incideva significativamente sul bilancio. Se volevo godermi il privilegio di studiare dovevo contribuire a pagarlo. Tutta la mia famiglia, fino ai bisnonni, materni e paterni, ha condotto una vita contadina, prima come braccianti e poi salariati agricoli. I miei nonni, e anche qualche mio coetaneo, venivano ancora dati in affitto dalle loro famiglie quando erano bambini – forse qualcuno sa che esistevano i “famei”, cioè appunto i bambini affittati in cambio di vitto e alloggio e che dovevano lavorare come schiavi presso famiglie contadine più agiate. Con tutta la buona volontà, ricordando molto bene i racconti dei miei nonni, e la mia infanzia, non riesco a trovare traccia di quelle rappresentazioni bucoliche descritte dagli Olmi, dai Celentano e dai Petrini quando teorizzano l’idea della Terra Madre. Io ricordo solo povertà, malattie, fatica, violenza, soprattutto nei confronti di donne e bambini, discriminazione e ignoranza intesa come analfabetismo. E una società patriarcale che nei secoli ha fatto più morti delle guerre mondiali e dei conflitti combattuti nel Novecento: che vorrei veder seppellita per sempre e anche più profondamente delle scorie tossiche.
Dunque io non parlo di agricoltura e prodotti agricoli per sentito dire. È qualcosa che conosco bene, non solo sul piano scientifico o tecnico, ma anche del cosiddetto vissuto. Non voglio fare del moralismo e rispetto tutti. Anche quegli amici e compagni che, diversamente da me, provenivano da famiglie ricche e non hanno mai dovuto fare particolari sacrifici, e che oggi mi trattano da reazionario perché voglio che tutti abbiano la possibilità di scegliere come vivere mentre loro teorizzano o praticano un ritorno obbligato per tutti alla povertà economica (che chiamano con termine colto “decrescita”).
Il mio pensiero è che chiunque deve essere libero di vivere e fare come vuole, senza pretendere di limitare la libertà di chi preferisce fare scelte diverse. Nella misura in cui le scelte e i comportamenti di ciascuno non producono danni fisici o interferiscono con la libertà di altri si dovrebbero rispettare. Credo che questo sia il minimo presupposto per convivere democraticamente. Al di sotto di questo la democrazia scompare. Orbene, questo significa però che non ci si possono inventare dei pericoli inesistenti per limitare delle scelte che magari non coincidono con le nostre preferenze ideologiche. Altrimenti si ragiona come gli integralisti cattolici che si inventano le peggio cose sull’omosessualità e il sesso in generale, con lo scopo appunto di reprimere delle libertà e dei diritti fondamentali.
Postato da Giuseppe Regalzi alle 09:52 25 commenti
Etichette: Agricoltura biologica, Carlo Petrini, Gilberto Corbellini, OGM
giovedì 16 ottobre 2008
Good, Clean, Fair
Così deve essere il cibo secondo il Salone del Gusto.SAgRi e il Riformista mettono a confronto la Scienza e la Politica a Roma, 21 ottobre 2008, Sala degli Atti parlamentari (presso la Biblioteca del Senato, ingresso da piazza della Minerva).
Ma chi l’ha detto che gli Ogm non possono essere buoni, puliti e giusti?
Programma
h 14.30 La parola alla Scienza
Saluti di: Luigi Frusciante (Società Italiana di Genetica Agraria)
Giorgio Cantelli Forti (Società Italiana di Tossicologia)
Introduce: Gilberto Corbellini (Università La Sapienza)
Intervengono:
Christian Fatokun (International Institute of Tropical Agriculture, Nigeria)
Klaus Ammann (Delft University of Technology, Olanda)
Roberto Defez (Consiglio Nazionale delle Ricerche)
Antonio Pascale (scrittore)
h 17.00 La parola alla Politica
Modera: Chicco Testa (il Riformista)
Intervengono:
Luigi Pelaggi (Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dell'Ambiente)
Adolfo Urso (Sottosegretario allo sviluppo economico)
Maurizio Ronconi (Membro della direzione nazionale UDC)
Emma Bonino (Vicepresidente del Senato)
Giorgio Tonini (Senatore del Partito Democratico)
Miriam Mafai (Giornalista)
Locandina e programma qui.
martedì 27 novembre 2007
Rai1, 23.15
Si parla stasera di OGM.
Tra gli ospiti ci sarà Roberto Defez. Poi ci saranno anche altri, ovvio.
A very large ostacle called God
Are Scientists Playing God? It Depends on Your Religion, New York Times, 11/20/2007:
American and European researchers have made most of the progress so far in biotechnology. Yet they still face one very large obstacle — God, as defined by some Western religions.I corsivi sono miei. Chissà se la strada giusta potrebbe essere quella di convertire gli italiani al buddismo...
[...]
Asia offers researchers new labs, fewer restrictions and a different view of divinity and the afterlife. In South Korea, when Hwang Woo Suk reported creating human embryonic stem cells through cloning, he did not apologize for offending religious taboos. He justified cloning by citing his Buddhist belief in recycling life through reincarnation.
When Dr. Hwang’s claim was exposed as a fraud, his research was supported by the head of South Korea’s largest Buddhist order, the Rev. Ji Kwan. The monk said research with embryos was in accord with Buddha’s precepts and urged Korean scientists not to be guided by Western ethics.
[...]
Most of southern and eastern Asia displays relatively little opposition to either cloned embryonic stem-cell research or genetically modified crops. China, India, Singapore and other countries have enacted laws supporting embryo cloning for medical research (sometimes called therapeutic cloning, as opposed to reproductive cloning intended to recreate an entire human being). Genetically modified crops are grown in China, India and elsewhere.
In Europe, though, genetically modified crops are taboo. Cloning human embryos for research has been legally supported in England and several other countries, but it is banned in more than a dozen others, including France and Germany.
In North and South America, genetically altered crops are widely used. But embryo cloning for research has been banned in most countries, including Brazil, Canada and Mexico. It has not been banned nationally in the United States, but the research is ineligible for federal financing, and some states have outlawed it.
La mappa (Laws on Cloning) è stata realizzta da Lee M. Silver, professore di biologia molecolare a Princeton.
Postato da Chiara Lalli alle 11:02 3 commenti
Etichette: Clonazione, Lee M. Silver, OGM, Religione, Sperimentazione embrionale
venerdì 16 novembre 2007
Nessun rispetto
Compare oggi su Il Riformista una lettera molto divertente inviata dall’ufficio comunicazione di Liberi da OGM:
Nessun rispettoL’articolo in questione è di Anna Meldolesi ed è un articolo divertente e ironico, ma soprattutto puntuale e argomentato. Rappresenta senza dubbio una opinione diversa da quella del gruppo di Mario Capanna, e perciò meriterebbe rispetto (come essi stessi dichiarano).
In riferimento all’articolo apparso ieri su Il Riformista, Mario Capanna e la voglia matta di essere Vandana Shiva, precisiamo che le opinioni, pur se radicalmente opposte alle nostre, sono sempre da noi rispettate. Le affermazioni false, invece, sono sempre e soltanto false, e non possono ricevere alcun rispetto.
(firmato)
Ufficio comunicazione della Coalizione “ItaliaEuropa – liberi da Ogm”
Non è chiaro quali sarebbero le dichiarazioni false: per come l’hanno messa sarebbe legittimo pensare che non sono quelle di Anna Meldolesi, bensì quelle di qualcun altro non menzionato. E se fossero di Meldolesi, quali sono? E perché? Affermare che non si ha rispetto per le affermazioni senza offrire altri dettagli false somiglia a dire (guardando una tavola imbandita) che non si vuole mangiare i cibi andati a male (senza indicare se sono presenti sulla tavola e senza dimostrare che siano andati a male).
Viene il sospetto che questo tipo di argomentazione sia la stessa usata per dimostrare la pericolosità degli OGM.
mercoledì 14 novembre 2007
Chi si fosse distratto...
... può stare tranquillo: Liberi da OGM ha prorogato (proprio come uno spettacolo che si rispetti) la scadenza per votare e aggiungere il proprio nome.
Ecco il comunicato stampa:
Gli italiani hanno ancora tempo per esprimere il proprio Sì a favore di un modello agroalimentare libero da Ogm, visto che la Consultazione nazionale promossa dallaVorrei cogliere l’occasione per proporre una consultazione popolare su dove il cane va a pisciare.
Coalizione “ItaliaEuropa-Liberi da Ogm” viene prolungata fino al 9 dicembre. In un primo tempo la scadenza era stata stabilita per domani, 15 novembre. Lo hanno deciso i Presidenti delle 32 organizzazioni che formano la Coalizione durante la riunione che si è svolta ieri, al termine della conferenza stampa in cui è stato annunciato il raggiungimento ed anzi superamento dell’obiettivo che ci si era posti, ovvero raccogliere 3 milioni di Sì.
“Considerato lo straordinario successo ottenuto – si legge in una nota dei Presidenti – abbiamo deciso all’unanimità di prolungare la Consultazione, in modo che gli italiani possano continuare ad esprimere il proprio Sì ad un modello agroalimentare Ogm free”. L’auspicio è che con i nuovi voti raccolti si possa esercitare una pressione ancora maggiore sul Governo non solo italiano ma anche europeo, in modo che in materia di Ogm si tenga conto del sentire espresso dall’opinione pubblica piuttosto che di interessi economici di parte.
martedì 13 novembre 2007
SAgRi replica a Cannella sul coverup
SAgRi apprende con sconcerto dalle agenzie di stampa le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell’Inran Carlo Cannella. Cannella nega che qualcuno abbia svolto per conto del suo istituto indagini sulle micotossine, se non il laboratorio deputato dall’Istituto Superiore di Sanità. Questa affermazione, intanto, è contraddetta dal suo predecessore, Giovanni Monastra, responsabile dell’Inran nel periodo in cui si è svolto lo studio contestato. Monastra, infatti, rispondendo a un articolo di Gilberto Corbellini sul Sole 24 Ore l’8 luglio ammetteva che questi studi ci sono stati e hanno rilevato per le fumonisine “valori maggiori nelle farine non GM”, anche se cercava di sminuire la significatività dei dati. Le dichiarazioni di Cannella appaiono sorprendenti anche alla luce del fatto che la mancata diffusione dei dati sulle fumonisine da parte del suo istituto è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata il 6 giugno 2007. In ogni caso Tommaso Maggiore, che ha eseguito la prova su campo per conto nell’Inran confrontando mais OGM e convenzionale in una delle stazioni sperimentali dell’Università di Milano, ci ha dichiarato: “Ho fatto eseguire queste analisi sui campioni della sperimentazione Inran e successivamente ho comunicato questi dati all’istituto insieme a quelli sugli attacchi della piralide e del Fusarium, il fungo produttore delle fumonisine. Ma l’Inran non li ha mai divulgati”.
Liberi con gli OGM denunciano il cover-up di uno studio sul mais GM
Il coordinamento SAgRI costituito da ricercatori e associazioni favorevoli alle biotecnologie agrarie, che si riunisce oggi a Roma per l’iniziativa intitolata “Liberi con gli OGM”(ore 14.30, Hotel Nazionale, Piazza di Montecitorio 131), denuncia la mancata diffusione al pubblico dei risultati di uno studio sul mais OGM condotto in Italia. Questa ricerca è stata commissionata nel 2005 dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) del Ministero per le politiche agricole a un docente dell’Università di Milano, Tommaso Maggiore. Quest’ultimo era tenuto per contratto a non divulgare i dati, mentre l’INRAN ha omesso dalle proprie comunicazioni una parte rilevante dei risultati, nonostante fossero stati ottenuti con fondi pubblici e avessero evidenti ricadute per le politiche a tutela della salute dei consumatori. Lo studio condotto per conto dell’INRAN, infatti, ha rinvenuto nel mais convenzionale un contenuto allarmante di fumonisine, superiore alle soglie consentite dalla normativa europea. Questo valore si è dimostrato 100 volte superiore a quello del mais OGM resistente alla piralide (mais Bt) coltivato nello stesso campo sperimentale. Le fumonisine sono sostanze cancerogene e teratogene, prodotte dal fungo Fusarium, che prolifera in presenza della piralide. Questo parassita e le tossine che si accumulano in sua presenza rappresentano un problema cronico per la maiscoltura italiana. Si stima infatti che metà del mais italiano contenga livelli di fumonisine superiori al tetto fissato dal Regolamento 1126/2007 e pertanto vada considerato fuorilegge per il consumo umano. Per gli scienziati di SAgRI è assurdo che si continui a discutere dei rischi teorici degli OGM, mentre si nascondono i rischi reali dei prodotti convenzionali a cui l’ingegneria genetica consentirebbe di rimediare. È inoltre gravissimo che il legislatore e i consumatori siano stati tenuti all’oscuro di informazioni utili per proteggere la salute degli Italiani. SAgRI ha dichiarato il proprio sostegno al Prof. Maggiore, che si è trovato a dover gestire da solo una situazione oggettivamente insidiosa, e ha spiegato la decisione di divulgare i dati con la volontà di non tradire il rapporto di fiducia che lega la comunità scientifica e i cittadini.
(Qui la registrazione della conferenza stampa).
lunedì 12 novembre 2007
Liberi con gli OGM
Scienziati e agricoltori pro-biotech insieme contro Capanna
La coalizione guidata da Mario Capanna vuole liberare gli Italiani dagli OGM. Ricercatori e agricoltori favorevoli all’uso delle biotecnologie agrarie, invece, invitano tutti i liberi pensatori a contribuire a un dibattito informato sui vantaggi delle colture migliorate geneticamente.
L’appuntamento intitolato “Liberi con gli OGM. Per un’agricoltura senza pregiudizi e bugie” è per domani martedì 13 novembre alle ore 14.30 nella Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale, in Piazza di Montecitorio 131, a Roma.
Partecipano, fra gli altri, Edoardo Boncinelli (Università Vita-Salute, Milano); Luigi Frati (Università di Roma La Sapienza); Silvio Garattini (Istituto Mario Negri); Cinzia Caporale (Comitato Nazionale di Bioetica); Duilio Campagnolo (Futuragra); Roberto Defez (CNR, Napoli); Gilberto Corbellini (Associazione Luca Coscioni); Alberto Oliverio (Università di Roma La Sapienza); Piergiorgio Odifreddi (Università di Torino); Giuliano D’Agnolo (Comitato Biosicurezza); Luciano Caglioti (Comitato Biosicurezza); Elena Cattaneo (Università di Milano); Amedeo Pietri (Università Cattolica di Piacenza); Francesco Sala (Università di Milano); Giuseppe Dalfino (Associazione Biotecnologi Italiani); Luca Marini (Comitato Nazionale di Bioetica); Pino Macino (Università di Roma La Sapienza); Giorgio Cantelli Forti (Società Italiana di Tossicologia); Felice Cervone (Società Italiana di Fisiologia Vegetale); Ezio Bussoletti (Università di Napoli Parthenope); Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni); Antonio Gaspari (Cristiani per l’Ambiente).
L’incontro è promosso da SAgRI, dalle iniziali di Salute, agricoltura, ricerca, un coordinamento tra ricercatori, la Società Italiana di Genetica Agraria, la Società Italiana di Tossicologia, l’associazione di imprenditori agricoli Futuragra, l’Associazione per la libertà di ricerca scientifica Luca Coscioni. A questa iniziativa hanno aderito l’Associazione Galileo 2001, l’Istituto Bruno Leoni, l’Associazione dei Cristiani per l’Ambiente, la Fondazione Umberto Veronesi, l’Osservatorio sulla bioetica della Fondazione Einaudi, la Società Italiana di Fisiologia Vegetale.
domenica 11 novembre 2007
Ogm e colture tipiche
Un eccellente, chiarissimo articolo di Dario Bressanini («La papaya Ogm», Scienza in cucina, 7 novembre 2007) fa giustizia di una delle tante accuse infondate rivolte agli organismi geneticamente modificati: che non servirebbero alle colture tipiche, e anzi ne metterebbero in pericolo la sopravvivenza. Bressanini racconta la storia del salvataggio delle colture di papaya delle Hawaii, minacciate da un virus, grazie alle tecniche di ingegneria genetica; e fa il paragone con i nostri prodotti, come il pomodoro San Marzano, condannato alla quasi estinzione per il rifiuto aprioristico di usare le stesse tecniche.
Ne approfitto per segnalare un articolo precedente dello stesso autore, sempre sugli Ogm («L’Ogm che non è mai esistito», 13 settembre) in cui si smonta, fra l’altro, la leggenda metropolitana della fragola con i geni di pesce.
sabato 3 novembre 2007
Micione e basta
Il gatto ghepardo sbanca i media (darwin news, 2 novembre 2007) ma è nato da tradizionali tecniche di incrocio operate da un disinvolto imprenditore. Ashera sarebbe un incrocio tra due linee di gatti selvatici, quello africano e quello del Bengala – con un gatto domestico. Insomma
il gatto geneticamente modificato per il momento è solo una fantasia. Eppure i media hanno riferito che per arrivare al risultato si è fatto uso dell’ingegneria genetica, perché solo così si poteva ottenere un animale da compagnia che assomigliasse più a un ghepardo che al micio che ospitate in casa: quasi 15 chili di peso e una taglia di quasi un metro e venti.