lunedì 1 ottobre 2007

Il pendio non scivoloso

È una delle poche obiezioni non manifestamente infondate alla legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito: le persone più vulnerabili – ci viene detto – cioè anziani, poveri, disabili etc., sarebbero quelle che più facilmente ricorrerebbero all’aiuto dei medici per terminare la propria esistenza. L’eventuale pressione di familiari stanchi di occuparsi di loro e di istituzioni sanitarie alle prese con bilanci ristretti farebbe breccia soprattutto su chi è meno capace di difendersi, o è stato condizionato dalla società a pensare a se stesso come indegno di cure.
La risposta usuale che si dà a questa particolare applicazione dell’argomento dello slippery slope (il piano inclinato, o il pendio scivoloso), è che l’adozione di regole certe e condivise renderebbe di fatto meno probabili eventuali discriminazioni, rispetto a una situazione in cui certe pratiche continuino a essere praticate clandestinamente. Ma è chiaro che solo i fatti potrebbero dissipare per sempre certe paure.
E il riscontro empirico sembra essere finalmente arrivato. Sull’ultimo numero del Journal of Medical Ethics, Margaret P. Battin e colleghi pubblicano uno studio che prende in esame gli effetti di due legislazioni liberali sulla morte assistita («Legal physician-assisted dying in Oregon and the Netherlands: evidence concerning the impact on patients in “vulnerable” groups», 33, 2007, pp. 591-97). Nei Paesi Bassi il suicidio assistito e l’eutanasia volontaria sono di fatto legali fin dagli anni ’80 (una legge ha regolamentato la materia nel 2002), su pazienti che stiano sperimentando «sofferenze insostenibili e senza speranza di remissione»; nello Stato americano dell’Oregon è in vigore dal 1997 una legge che legalizza il suicidio assistito per i pazienti terminali.
Ecco i dati:

Anziani: In Oregon, il 21% di tutte le persone che muoiono ha 85 o più anni; ma la percentuale cala al 10% tra i pazienti che muoiono per suicidio assistito. Le persone tra 18 e 64 anni di età hanno una probabilità tre volte maggiore di morire per suicidio assistito rispetto a chi ha più di 85 anni. Nei Paesi Bassi, il tasso di morte assistita appare minore tra le persone maggiori di 80 anni (0,8% nel 2005), seguito da quello delle persone fra 65 e 74 anni (2,1%); il tasso maggiore è per chi ha meno di 65 anni (3,5%).

Non assicurati: in Oregon il 16,9% delle persone minori di 65 anni è privo di assicurazione medica (chi ha più di 65 anni è assicurato dal programma statale Medicare), ma solo l’1% dei pazienti che hanno fatto ricorso al suicidio assistito non era assicurato.

Non alfabetizzati: in Oregon chi si è diplomato in una università ha una probabilità 7,6 maggiore di morire per suicidio assistito di chi non ha ottenuto neppure il diploma di scuola secondaria. Nei Paesi Bassi uno studio del 1990 non ha rivelato alcuna particolare relazione tra livelli di istruzione e ricorso alla morte assistita.

Poveri: in Oregon mancano dati diretti sui livelli di reddito, ma quelli sul possesso di un’assicurazione medica e sul livello di istruzione sono chiaramente associati col benessere economico. Nei Paesi Bassi dati indiretti mostrano che i tassi di morte assistita sono tanto più elevati quanto più alto è il livello socioeconomico dei pazienti.

Minoranze: in Oregon il 2,6% della popolazione è afro-americana, ma su 292 pazienti morti dal 1997 ad oggi per suicidio assistito non si registra nessun afro-americano.

Disabili: in Oregon la legge consente il sucidio assistito soltanto ai malati terminali (definiti come chi ha meno di sei mesi di vita davanti a sé); nei Paesi Bassi invece la legge teoricamente potrebbe applicarsi a un disabile non terminale, ma nella pratica si stima che solo lo 0,2% dei pazienti che hanno fatto ricorso alla morte assistita abbia perduto più di sei mesi di vita (manca tuttavia il confronto con la popolazione generale).

Malati di mente: in Oregon nessuno dei 292 pazienti morti per suicidio assistito aveva una patologia mentale che potesse influenzare la propria decisione: benché il 20% di tutte le richieste provenisse da persone depresse, nessuna di esse è stata mai accolta (anche se esistono tre casi disputati, e altri potrebbero essero rimasti non diagnosticati). Nei Paesi Bassi accade spesso che una patologia psichiatrica venga addotta come motivo per non consentire la morte assistita. Alcuni rari casi si sono tuttavia verificati; su uno di questi (in cui a una donna affetta da depressione non curabile era stato concesso il suicidio assistito) si è pronunciata la locale Corte Suprema, che ha decretato che le «sofferenze insostenibili e senza speranza di remissione» di cui parla la legge possono anche essere soltanto mentali, ma che questi casi necessitano di un vaglio più rigido. Anche l’eutanasia per pazienti malati di Alzheimer è legale qualora ne venga fatta richiesta nel proprio testamento biologico, ma nonostante l’alto numero di casi viene raramente concessa.

Come si vede, il quadro non solo confuta le paure dello slippery slope, ma in un certo senso le ribalta. Unica eccezione, i malati di Aids sembrano più inclini a ricorrere alla morte assistita sia in Oregon sia nei Paesi Bassi (i dati sono affetti però da qualche incertezza). Non si può escludere che lo stigma morale che ha circondato – specie in passato – la malattia sia alla base di questa apparente eccezione a una situazione che per il resto appare decisamente coerente e univoca.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti, ottimo pezzo.
I fatti contro le illazioni.

Paolo C ha detto...

Molto interessante. Chissa' se sara' commentato in un editoriale sul Foglio. :)

Mi permetto di suggerirti di riformulare la seguente frase:
"in Oregon il sucidio assistito viene praticato per legge soltanto sui malati terminali";
Oppure qualcuno capira' che a questi l'eutanesia e' imposta per legge :) .

Ciao

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yupa: grazie!

Paolo: hai ragione, ho cambiato la frase. Al Foglio potrebbero anche commentarlo: l'unica condizione che pongono, in casi come questo, è di non avere letto ciò di cui parlano... ;-)

Paolo C ha detto...

Mettiamola cosi': al Foglio avrebbero commentato solo quella frase li'. :)

GG ha detto...

Esco ora da una tesi sull'eutanasia (andata benissimo, per fortuna) , e concordo con voi sul fatto che le critiche più sensate appaiano quelle sociologiche, comunque riguardanti gli elementi socialmente e economicamente più deboli di quelli che usufruiscono del sistema sanitario.

Ma sbaglio o la slippery slope è un'altra cosa' la slippery slope non è: "avete legalizzato l'eutanasia volontaria, un domani ucciderete i malati di mente e gli anziani"?
E comunque, come insegna chi sa di logica, la slippery slope è un argomento che si sconfigge prendendo il "monte" (l'eutanasia volontaria ad esempio) e la "valle" (il nazismo, ad esempio) e sottolineando come non vi sia affatto una necessaria consequenzialità tra i due elementi...!

GG ha detto...

p.s. complimenti per tutto ciò che scrivete! :D

Giuseppe Regalzi ha detto...

GG: complimenti a te per la discussione della tesi!

In effetti, a rigore questo non sarebbe un caso di slippery slope; ma così viene presentato nell'articolo, e allora (forse un po' pigramente) l'ho presentato anch'io in questo modo.

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Mi associo al plauso di tutti gli altri. Post ottimo e doveroso aggiungerei.

Anonimo ha detto...

Ottime notizie presentate ottimamente.

Rimane il fatto che in Italia nessuno fra coloro che usano questo argomento ha la capacità (e spesso la volontà) di comprendere dati come questi. Chiacchierano a vanvera e basta.

Anonimo ha detto...

ottimo post e ottimo blog. vi linko

Maurizio ha detto...

Complimenti per il post. Questa è informazione vera. :)