mercoledì 12 dicembre 2007

L’evoluzione sta accelerando

Vi ricordate quando a scuola ci dicevano che l’evoluzione biologica dell’uomo si era arrestata 40.000 anni fa, o giù di lì, per venire sostituita dall’evoluzione culturale? Beh, era tutto sbagliato: l’evoluzione dell’uomo non solo continua, ma sta addirittura accelerando: di 100 volte, nelle ultime migliaia di anni, rispetto ai milioni di anni precedenti.
Queste sono le conclusioni di un articolo apparso pochi giorni fa sui Proceedings of the National Academy of Sciences (John Hawks et al., «Recent acceleration of human adaptive evolution»; l’articolo non è ancora disponibile online). Sul suo blog, oggi, Hawks dedica un post a un’esposizione semidivulgativa (bisogna conoscere qualche nozione di genetica) della scoperta («Why human evolution accelerated», John Hawks weblog, 12 dicembre 2007). In sintesi, il fenomeno è dovuto a due fattori: l’enorme, recente incremento del numero di esseri umani viventi – in particolare a partire dalla rivoluzione neolitica – che ha aumentato la probabilità che si verifichino mutazioni anche molto rare; e il continuo cambiamento dell’ambiente umano a opera degli uomini stessi, che favorisce nuovi adattamenti. Molte delle novità genetiche apparse nelle ultime migliaia di anni hanno a che fare con la lotta contro gli organismi patogeni (che prosperano nelle affollate comunità agricole e urbane) o con la capacità di metabolizzare nuovi alimenti (come la persistenza della capacità di digerire il lattosio anche da adulti nelle popolazioni che praticano l’allevamento dei bovini).

C’è un’ironia speciale nel fatto che tutti quelli che si affannano a negare la teoria dell’evoluzione fanno parte essi stessi dell’ultima ondata di mutanti che ha preso il sopravvento sui tipi precedenti di esseri umani – anche se a volte uno non può evitare il sospetto, di fronte a certe performance, che in realtà appartengano alla penultima ondata...

8 commenti:

paolo de gregorio ha detto...

Giuro (in senso laico) che non me lo sto inventando, ma porprio qualche settimana fa stavo pensando se possa accadere presto o tardi che ci separiamo. Pensavo proprio alla popolazione umana, e che tanti ormai sopravvivono senza che l'evoluzione naturale li avrebbe destinati a sopravvivere. Mi chiedevo appunto se questo non dovrebbe creare più varietà genetica, data la percentuale (molto alta) di sopravvissuti ad ogni generazione. Mi sono spinto fino al punto di chiedermi se i problemi di infertilità che colpiscono, sembra, le persone sempre più di frequente non siano in realtà manifestazioni o anticipazioni di una qualche separazione in atto. Insomma, se c'è troppa varietà genetica anche la compatibilità riproduttiva ne dovrebbe risentire, e non è solo un problema di mobilità o simili, ma di di compatibilità o meno delle coppie.

Giuseppe Regalzi ha detto...

No, in realtà non credo che una separazione sia possibile: per questo occorre l'isolamento (in genere geografico) di una popolazione per periodi lunghissimi, e questo oggi non può proprio succedere.

La varietà genetica da questo punto di vista non conta: le mutazioni sono troppo esigue per costituire un ostacolo alla fertilità, e poi si diffondono o scompaiono in modo relativamente rapido.

emmyfinegold ha detto...

Accidenti, non ci avevo mai pensato. In effetti aumentando il numero egli individui è ovvio che statisticamente aumentano le mutazioni e in particolare le mutazioni adattative ovvero l'evoluzione della specie e i tempi per tutto questo si riducono. Che meraviglia! Se c'è un dio è estremamente raffinato!

paolo de gregorio ha detto...

Sì, ok, la mia speculazione era volutamente azzardata. Cosntato però spesso un eccessivo ottimismo su quanto abbiamo già compreso della speciazione. Tanto che la necessaria incidenza e il tipo di separazione geografica (o isolamento), unitamente alla richiesta consistenza numerica dei gruppi, dipende dal biologo o paleontologo o genetista a cui chiedi. Non sarei sorpreso di scoprire che la separazione geografica necessaria alla speciazione sia una funzione che varia al variare della variabilità genetica di tutto il gruppo. Se l'incremento della varianza del codice è più veloce del rimescolamento è un conto, il viceversa un altro.

Potrei osare anche un confronto (profano?) con le razze canine: alcune non possono più incrociarsi. Eppure la separazione geografica è stata, in un certo senso, minima, dato che tali razze hanno seguito i propri padroni, che siamo noi (che viene qui affermato non essersi mai isolati). Si può dire in questo caso che "le mutazioni sono troppo esigue per costituire un ostacolo alla fertilità"? Perché sì e perché no? Sono state frutto o meno di un isolamento geografico?

Anche per i casi di infertilità, ovviamente, la mia era una speculazione molto azzardata. In ogni caso, al tempo stesso, diffido un po' della spiegazione che addebita il problema interamente alle nostre abitudini di vita. Ripeto, io ho una visione "dinamica" del problema: le mutazioni, forse, andrebbero considerate esigue o meno non in senso assoluto e numerico, ma relativo alla corrispondente velocità di "smaltimento" (in realtà probabilmente diminuita in molti luoghi, dove le generazioni hanno rallentato il ritmo di riproduzione e/o varietà di partner per capita).

Sergio ha detto...

avevo sempre pensato che la nostra evoluzione si fosse rallentata, in quanto "oggi tutti arrivano a riprodursi" considerando l'umanità scarsamente soggetta ad una qualche selezione.
Domanda ingenua: ma se la capacità di digerire il latte non da nessun vantaggio(mi compro quello microfiltrato) c'è una ragione perchè questa particolarità genetica venga mantenuta?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Emmy: eccitante, vero? Naturalmente le dimensioni della popolazione da sole non bastano, perché se la specie è adattata perfettamente al proprio ambiente le mutazioni si diffonderebbero solo casualmente, e quindi con molta maggiore lentezza. Ma gli esseri umani creano da soli lo squilibrio ambientale necessario, in un certo senso.

Paolo: sulle razze canine, non credo (per quello che ne so) che si possa parlare di eventi di speciazione. Quello che succede è che alcune razze sono ormai fisicamente impossibilitate ad accoppiarsi (basta pensare a chihuaua e San Bernardo...), complice la volontà degli allevatori, che non saprebbero che farsene di bastardi. Questo è un caso di isolamento non geografico (non a caso dicevo sopra "in genere geografico"), e col tempo potrebbe portare alla nascita di specie distinte.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Sergio: la chiave è il numero dei figli, non solo il fatto di averne o meno. Più figli hai, più i tuoi geni hanno una possibilità di diffondersi e durare.

Sul latte: scherzando (ma non completamente), si potrebbe dire che chi ha la mutazione giusta può spendere in fiori per le signore i propri soldi, aumentando così la propria fitness riproduttiva. Comunque mutazioni totalmente neutrali sopravvivono e si diffondono secondo meccanismi del tutto casuali. Nei paesi nordici la mutazione è generalizzata, e oramai (se non comporta uno svantaggio) dovrebbe rimanere, anche senza latte.

Sergio ha detto...

Grazie ottima spiegazione. Il problema, come al solito, e imparare a ragionare su distanze temporali adeguate (per le quali effettivamente l'esempio dei fiori potrebbe non essere solo una battuta).