martedì 11 dicembre 2007

Intolleranza omofobica

Immancabile il commento di Francesco D’Agostino (Si soffoca il civile dibattito. Se si criminalizzano le opinioni anziché le azioni, Avvenire, 11 dicembre 2007) sulla triste vicenda di Paola Binetti e della norma riguardo alla omofobia. Commento che getta una ulteriore tristezza su uno scenario già misero.
La prima affermazione triste è la seguente:

se infatti è evidente che i parlamentari (e non solo loro!) devono sempre pensare al bene del Paese, non è affatto evidente che si realizzi davvero il bene del Paese reprimendo penalmente la cosiddetta intolleranza omofobica (quando ovviamente non si manifesti come un intenzionale attentato alla dignità di singole persone).
Verrebbe da obiettare che se un Paese (che voglia chiamarsi ancora civile, liberale e laico) non si prende la responsabilità di dare un segnale chiaro riguardo al montare di un pregiudizio, non fa qualcosa per il bene del Paese stesso. E poi viene da sorridere al pensiero che lo stesso D’Agostino non tratterebbe allo stesso modo questioni come il vilipendio alla religione, che evidentemente non si manifesta come attentato a qualche singola persona (per non parlare delle tanto citate offese alla dignità umana come valore astratto in tema di biotecnologie o alla presunta offesa alla famiglia tradizionale da parte di chi chiede diritti anche per chi non può o non vuole contrarre il sacro vincolo matrimoniale). Ma forse aspettarsi coerenza da D’Agostino è come chiedere ad un lombrico di esibirsi in una danza del ventre.

Ma il tenore del pezzo peggiora quando D’Agostino si esibisce in alcuni distinguo.
Una cosa infatti è offendere o recare violenza agli omosessuali, ben altra cosa è ritenere che gli omosessuali siano inadatti all’adozione o che l’omosessualità sia una patologia. Temo proprio che Zanda non si renda conto che il testo al quale la Binetti ha rifiutato il proprio voto è tale, da far rientrare dalla finestra la categoria dei reati di opinione, che una cultura autenticamente laica e liberale dovrebbe invece accanitamente tenere fuori dalla porta dell’ordinamento. Quando si criminalizzano le opinioni, anziché le azioni, si produce l’effetto perverso di soffocare il libero dibattito intellettuale, sociale e politico (nel nostro caso sui diritti degli omosessuali, se davvero tali diritti esistano e su come eventualmente possano essere tutelati) e si favorisce l’accettazione, passiva e acritica, di idee magari politicamente corrette, ma non per questo tali da doversi ritenere fondate e quindi riconducibili al ‘bene del Paese’.
Ben altra cosa, ovviamente! E non sia mai che si citi una qualche dimostrazione per queste affermazioni discriminatorie, fallaci, immorali e spaventosamente superficiali. Non mi è chiaro il senso di “se davvero tali diritti esistano”. Se si intendesse che gli omosessuali non hanno diritti in quanto omosessuali ma in quanto persone allora non ci sarebbe nulla da obiettare. Ma, non so perché, temo che D’Agostino non intenda questo. Inoltre la rivendicazione dei diritti degli omosessuali in quanto omosessuali è purtroppo una fase necessaria quando il contesto è omofobico e ipocrita. E dico purtroppo riferendomi alla omofobia e alla ipocrisia, ovviamente. Il vero intento di una battaglia, oggi in Italia, è proprio quello di parlare di diritti di persone, senza soffermarsi in modo pornografico su quello che ognuno di noi fa nella propria vita privata. Ma la strada è lunga e dolorosa, piena di umiliazioni. Non solo per chi vive sulla propria pelle l’omosessualità, ma anche per quanti provano vergogna nell’essere cittadini di un Paese omofobico. Io provo questo senso di vergogna profonda, cui si aggiunge la rabbia dell’impotenza. Impotenza di cambiare questa situazione, impotenza di ribellarsi alla ingiustizia mascherata da “libero dibattito”.
Lo schifo culmina nella chiusura.
Ne segue che il dovere di rispettare i valori altrui, se ha un indubbio valore sul piano psicologico, non ne ha alcuno sul piano argomentativo: se i valori altrui sono infondati, e ancor più se sono eticamente discutibili, si ha il laico, laicissimo dovere di dissentire pubblicamente da essi ed eventualmente di combatterli, esplicitando naturalmente le ragioni razionali (e non confessionali!) per le quali si assume questo atteggiamento.
Chi è in grado di elencarmi un solo argomento razionale proposto dalla Binetti o da D’Agostino? Peraltro, se il dibattito fosse avvenuto in privato potrebbe valere quanto detto da D’Agostino (certo sarebbe schifoso, ma di idee schifose ce ne sono molte, e non sarei certo io a volerle censurare). Il problema politico è un altro: se io disprezzassi, mettiamo, i religiosi non mi sognerei di fare contro di loro una battaglia politica. Non mi sognerei di non proteggerli in quanto cittadini. Il mio dissenso dovrebbe essere privato. Perché forse D’Agostino ha dimenticato un dettaglio: che lo Stato non deve occuparsi di valori, ma di diritti. Della salvaguardia dei cittadini e delle loro idee diverse. Non stiamo chiedendo alla Binetti l’assoluzione o la sua benedizione. Stiamo chiedendo che faccia ciò per cui qualcuno ha pensato di farla senatrice. E, se non ricordo male, senatrice dello Stato italiano e non di quello vaticano.

11 commenti:

Caminadella ha detto...

So che è una tecnica trita, ma secondo me dà sempre risultati affascinanti:

"Una cosa infatti è offendere o recare violenza agli ebrei, ben altra cosa è ritenere che gli ebrei siano inadatti all’adozione o che l'essere ebrei sia una patologia... Quando si criminalizzano le opinioni, anziché le azioni, si produce l’effetto perverso di soffocare il libero dibattito intellettuale, sociale e politico (nel nostro caso sui diritti degli ebrei, se davvero tali diritti esistano e su come eventualmente possano essere tutelati) e si favorisce l’accettazione, passiva e acritica, di idee magari politicamente corrette, ma non per questo tali da doversi ritenere fondate e quindi riconducibili al ‘bene del Paese’...

Potrebbe stare nel Mein Kampf, no?

paolo de gregorio ha detto...

In tutta questa faccenda sono disposto a riconoscere un punto controverso, ovvero la questione della rilevanza penale o meno. Detto ciò, sarebbe buon esercizio intellettuale riconoscere che la stessa norma che parla di discriminazioni (o incitamento ad esse) per orientamento sessuale è quella che include l'orientamento religioso. Come mai l'Avvenire allora non protesta per lo stesso motivo? Quale sarebbe la differenza in un dibattito che l'Avvenire desidera tanto "libero"?

Non c'è bisogno comunque di un dibattito su una legge per richiamare la falsità, ignoranza e grettezza di affermazioni che indicano l'omosessualiità come una patologia (tra l'altro, parlando per iperboli, se fosse veramennte tale allora i gay avrebbero tutti i diritti di viverla questa loro "patologia", con tutti i diritti civili di rito che spettano loro, compreso il matrimonio che non si nega certo ad un "malato").

D'altronde cosa c'è da aspettarsi al proposito dai cristiani più oltranzisti? Non potrò mai dimenticare quando un paio d'anni fa una mostra sull'omosessualità documentata nel mondo animale aprì i battenti in Svezia: militanti cristiani tentarono di far chiudere i battenti con una protesta. Da un lato quindi si "narra" che l'omosessualità è contro natura, dall'altro si vuol censuare, e qui stiamo all'assrudo degli assurdi, la natura stessa. Quando giungi al punto di voler far chiudere una mostra naturale perché non ti piace quello che gli animali fanno, beh, qualche cosa nella tua testa di sfasciato deve starci.

Censurare il mondo animale è un po' come voler frantumare tutte le pietre, perché quando esse cadono dimostrano di essere soggette alla legge di gravità, ed invece si professa una religione che dice che le pietre cadono secondo una legge divina. Penso che una testa che ragioni così sia palesemente mal funzionante. Soprattutto, l'illusione che una tale azione possa sortire gli effetti desiderare relativamente al riconoscimento della "verità" è alquanto puerile.

Anonimo ha detto...

La Binetti è una semplice marionetta nelle mani dei vescovi, ma lasciatemi dire che questo continuo aggiungere reati contro chi offende questo o quello non ha molto senso e serve pressoché a nulla. Nel nostro Paese esiste il reato di apologia di fascismo dal 1947, poi fu rafforzata la repressione con la legge Scelba, più di recente hanno approvato la legge Mancino, ma gli esaltatori del fascismo e i razzisti non sono affatto in ribasso...

restodelmondo ha detto...

La chiusura del tuo pezzo, invece, è splendida. E foriera di riflessioni.

@Caminadella: Sì, funziona sempre bene, come del pane fatto in casa - semplice ed efficace. Peraltro, per quel che ho avuto a che fare con l'Opus Dei, immagino che la Binetti non abbia problemi a sottoscrivere una dichiarazione del genere (i sovrannumerari dell'Opus che ho avuto la sorte di incontrare credevano al complotto della Cabala ebraica, e cercavano di indottrinare in materia i minori - la qui presente - che erano stati affidati loro).

Quanto al problema dell'introduzione dell'aggravante dell'"hate crime": anche io non sono del tutto convinta (ma non sono nemmeno convinta del contrario) che sia necessario aggiungere "nuovi" reati alla violenza fisica e verbale e all'aggravante dei futili motivi; ma dato che la legge italiana va in altro senso, ad es. con il reato di villipendio della religione (ma non sono un legale - anzi...) non mi pare che la norma in questione stoni.

Caminadella ha detto...

Restodelmondo, devi avere avuto un'infanzia affascinante!
Sono d'accordo anch'io che non bisognerebbe punire gli hate crime, se non in casi estremi (incitamento alla violenza) che sono comunque già coperti da altri reati. E che in ogni caso si puniscono tutti gli hate crime oppure nessuno. Se escludessimo l'intolleranza omofoba arriveremmo al paradosso per cui dopo il dialogo seguente

CATTOLICO: "Gli omosessuali sono una malattia da estirpare".
OMOSESSUALE: "La malattia da estirpare siete semmai voi cattolici!"

quello che va in galera è l'omosessuale.

restodelmondo ha detto...

@Caminadella: Qui si trattava di preadolescenza e adolescenza. :-)

[Ecco, appunto: quelli che invocano "metodi nazisti" o affini contro i gay non possono essere perseguiti per apologia di reato? C'è un avvocato o un giudice nei paraggi che mi spiega dove sbaglio?]

paolo de gregorio ha detto...

Come mia opinione personale non da vero esperto, provo a dire che la mia sull'esempio su cui state discutendo. Se il dialogo consistesse in "A morte tutti i... " e di rimando "A morte tutti i...", in entrambi i casi non ho dubbio che si tratti di apologia di reato. Nel caso in questione, invece, la cosa potrebbe essere lasciata all'interpretazione del giudice, e io personalmente dubito che si possa trattare con assoluta certezza nell'un caso o nell'altro di apologia di reato: infatti, formalemente e al di là di quel che uno intenda veramente, dire che sia "da estirpare" non specifica in quale modo. Si potrebbe sostenere (come linea difensiva) che si faceva riferimento, per esempio, alla persuasione collettiva dei soggetti in questione, non all'eliminazione o coercizione fisica. Per incitare al reato vi deve essere una esplicita dichiarazione del reato, almeno credo. Ferme restando le norme contro l'incitazione all'odio, diverse però dall'apologia di reato.

D'altro canto non so nemmeno se la nuova legge cambierebbe il modo di affrontare giuridicamente questa situazione. È probabile che ci siano maggiori probabilità che un giudice possa interpretarla in tal senso, ma non sono convinto che se ne avrebbe la certezza. In ogni caso varrebbe per entrambi: se va in galera per tre anni l'uno, ci va anche l'altro. Stessa cosa varebbe però se si dicesse che uno che crede all'Arca di Noè è da mettere in manicomio: tre anni di carcere.

Anonimo ha detto...

Secondo questo ragionamento allora dare del TERRORISTA a chi critica le azioni della chiesa, come si colloca?
Sarei curiosa di chiederglielo.

Bellissimo post, l'immagine del lombrico belly dancing riassume benissimo lo spessore intellettivo di personaggi come questo... se non avessi già una moglie ti sposerei :D

Anonimo ha detto...

Io parlo da diretto interessato, come omosessuale parzialmente dichiarato trovo civilissima l'idea di estirpare, se pure con la forza, l'omofobia che in questo paese dilaga e dilaga. Non possiamo più accettare di vivere, lavorare, e contribuire ad un paese che non ci rispetta, che ci tratta come cittadini di serie B o peggio.
Formalmente non sarei mai stato d'accordo con la definizione di un reato d'opinione, ma dove prendono campo idee illiberali, che rendono di fatto la vita impossobile a chi non ha compiuto nessun reato, credo sia necessario intervenire prontamente, anche con misure drastiche.
Parlo non solo per me ma anche per la comunità a cui appartengo, lo stato Italiano ce lo deve per il rispetto che mai ha portato nei nostri confronti.

Anonimo ha detto...

Immaginate se io scrivessi su un giornale:

"non è affatto evidente che si realizzi davvero il bene del Paese reprimendo penalmente la cosiddetta intolleranza contro i cattolici"

"Una cosa infatti è offendere o recare violenza ai cattolici, ben altra cosa è ritenere che i cattolici siano inadatti all’adozione o che il cattolicesimo sia una patologia."

"diritti dei cattolici, se davvero tali diritti esistano e su come eventualmente possano essere tutelati"

Come minimo mi prenderei una denuncia, considerato lo schifoso servilismo dello stato italiano nei confronti del vaticano.

Comunque non prendiamocela, d'altra parte che levatura intellettuale possiamo mai pretendere da coloro che scrivono per l'avvenire!

Anonimo ha detto...

Intanto trovo totalmente assurda questa legge sull’omofobia, in quanto basta leggersi – superando naturalmente il disgusto ed il disagio, sia per immagini e testi – qualche sito “gaiamente allegro”. In questo caso – dal mio punto di vista - ci vorrebbe una legge identica che punisca gli eterofobici, visto che esistono anche questi tipi di reati.
Poi basta con questa manfrina dei diritti. I doveri dove sono?. Ma questi hanno solo diritti? Questi cosa vogliono, modificare a loro uso e consumo la storia, la tradizione e la natura stessa? Vogliono chiamarsi marito e marito e moglie e moglie per superare qualche loro complesso personale, imponendo a forza di legge e sanzioni il rispetto nei loro confronti.
Si parla sempre del rispetto che si deve agli altri, ma mai del rispetto che in primo luogo si deve a se stessi, visto che gli altri ti calpestano senza troppi complimenti.
Poi, basta mettere in mezzo la religione, usandola come scusante. Ci sono molte persone laiche e atee a cui queste idee di progresso –abissale – fanno venire letteralmente la nausea, mentre si preferisce attaccare la Chiesa – in questo caso a sproposito – dove senza scomodare il cristianesimo. In Africa tanto per fare un esempio, l’essere omosessuale è considerato un insulto contro l’identità africana stessa, e li certamente non si tratta di aspetti religiosi, ma della sopravvivenza stessa del continente.
A me sta bene il matrimonio e l’adozione di questi, se riescono – e non mi stancherò mai di chiederlo – a fornire prova documentata che queste unioni sono feconde e sono in grado di provvedere all’interno della “coppia” alla continuazione della specie. In mezzo a tante - assurde – richieste di diritti, almeno una piccola prova di poter soddisfare un dovere sociale potrebbero fornirla, no