giovedì 8 marzo 2007

Ma il girino non è già una rana!

Massimo Zambelli risponde al mio post L’interruttore della vita con Eppur c’è notte.
A mia volta rispondo, almeno su alcuni punti fondamentali.

Una prima risposta mi fa dire che se non è possibile stabilire con l’ausilio di metodiche scientifiche l’inizio della vita umana, allora occorrerà affidarci alla convenzionalità di una decisione, presa, si spera, democraticamente. E quindi, se nel nostro Stato si è deciso che la vita umana comincia con la fecondazione, cioè con l’ingresso del gamete maschile nell’ovulo, tale è la verità da accettare. Punto, non si discute. La decisione è stata presa. La legge 40 ha definito il concepito un soggetto. Il referendum che voleva dimostrare che il popolo non era d’accordo ha fallito. Era un bluff. Il popolo non era lì frebbicitante a voler far cadere l’Orribile e Oscura Legge. Le pretese masse che avrebbero stabilito una nuova e legittima convenzionalità non si sono trovate. Erano latitanti. I sondaggi che strombazzavano i dati del 60% di adesione di favorevoli a eliminare la legge 40 si sono rivelati falsini. Secondo le regole democratiche (si sarà in grado di accettarle sempre?) la scelta è compiuta. Il resto sono chiacchiere da perdigiorno.
La prima mia obiezione riguarda il modo di prendere una decisione. Non concordo sul fatto che il modo giusto sia quello democratico. Mi spiego: se ci fosse un plebiscito a sostegno del creazionismo (o della schiavitù o di quello che vi pare) saremmo disposti a sostenere che il creazionismo è una ipotesi più convincente dell’evoluzionismo? Io dico di no. Questo non significa che le persone non possano legittimamente credere nel creazionismo (ma la legittimità di una credenza non attribuisce necessariamente forza alla credenza in questione).
La forza di una argomentazione sta altrove. In estrema sintesi: nella sua coerenza interna, nel fare riferimento a informazioni corrette e nel non fare salti logici illegittimi.
Rispetto alla validità del referendum sulla Legge 40 ci siamo già espressi (quel famoso 75%).
Però qui si inizia a contestare e ad autocontraddirsi: la scelta è sbagliata, si dice, e il concepito non è un essere umano. Ma come lo si dice e in base a quale ragionamento? Affermando che non si può stabilire quando inizia una vita umana. C’è una gradualità che rende indefinibile il confine di un prima e un dopo. Ma, ripeto, se non esistesse accertabilità scientifica allora tutto è convenzionale, e se tutto è convenzionale si deve accettare quello che è stato deciso. Si può obiettare solo a partire da una pretesa veritativa. Si può dire che il concepito non è ancora (ma allora quando? Si saprà dirlo senza gradualismi?) un essere umano solo sapendo quando lo è e quando lo diventa. Quindi i contestatori, se continuano a polemizzare nonostante la decisione presa, pretendono di sapere quando inizia la vita umana. Peccato che solo loro vogliono saperlo e che impongono agli altri di non poterlo sapere.
Io non ho mai detto che il concepito non sia un essere umano. Bensì, che non è una persona. E ho aggiunto che persona è un concetto filosofico. Convenzionale, certo, ma sostenuto da alcuni argomenti che mi sembra superfluo ribadire (il blog ne è pieno zeppo). La “pretesa”, pertanto, riguarderebbe i criteri per l’esistenza di una persona (ripeto, non di un essere umano).
Il sistema biologico di un nuovo individuo ha nella fecondazione e nella graduale fusione dei gameti il suo inizio accertabile biologicamente. Pensa la Lalli che se si spostasse alle prime trentadue ore di vita dell’Ootide (neologismo per dire l’inizio dell’embrione) cambierebbe qualcosa per la possibilità di manipolarlo? Proprio la gradualità, che si può intendere anche come continuità, dimostra che non vi sono salti tra stadi di sviluppo. La diagnosi preimpianto, che oggi è solo selezione eugenetica e che a testare la “conformità” dell’embrione alle primissime fasi del suo sviluppo, testimonia che siamo in presenza di un soggetto umano. Se non ci fosse infatti continuità tra il soggetto adulto e il soggetto nei primi momenti del suo crescere, non avrebbe senso testarne la salute. Scarto oggi l’embrione con alcune caratteristiche non gradite perché quello che è oggi si svilupperà immancabilmente nel tempo. È lo stesso individuo. Gradualmente e quindi con continuità manifesterà quello che oggi è presente in modo latente. La gradualità tra l’embrione e il bambino o il ragazzo o l’adulto, indica la presenza dello stesso soggetto. Ad usare l’argomento della gradualità per relativizzare la possibilità di decidere e per imporre arbitrariamente la propria decisione, pone anche dei lievi disguidi ontologici, quali ad esempio l’impossibilità di definire l’essere umano rispetto a uno scimpanzé o a un altro animale: in fondo la vita è talmente graduale che non si possono distinguere. Con queste idee il razzismo era acqua di colonia rispetto a quello che se ne può dedurre.
La gradualità non ci permette di attribuire oggi diritti a X in nome di quello che sarà domani (pur nella continuità dello sviluppo). Altrimenti saremmo autorizzati ad anticipare il diritto di voto ad un bambino di 4 anni perché tra 14 sarà maggiorenne (è una analogia, questa, che mira a evidenziare che il fatto che vi sia gradualità non basta a cancellare le distinzioni esistenti). Quanto al confine tra specie siamo d’accordo. Ma questa realtà mina lo specismo e il razzismo, non li fonda. L’inesistenza di “salti” tra specie e tra fasi (non-persona/persona) non esclude le distinzioni, ma le rende difficoltose e ci pone di fronte a vaste aree chiaroscurali (il girino che diventa una rana; la crisalide che diventa farfalla: tuttavia non possiamo sostenere che il girino sia già rana, e la crisalide sia già farfalla. O che la rana sia già principe prima del bacio! Ma quella era una magia...). Quanto all’ootide ho detto altrove quello che penso (una breve sintesi qui; la versione lunga qui).
Verissimo che il concetto di persona è filosofico e non biologico. Ma la capacità di scoprire la verità mediante ragionamento filosofico è ben superiore alla lettura dei dati offerti da tutte le scienze empiriche. C’è sempre un ragionamento dietro a una teoria. I puri dati senza la filosofia e il ragionamento sono lettera morta. Ciò detto, è proprio il ragionamento a stabilire l’unitarietà di uomo e persona. Separare Dire uomo riferito alla dimensione corporea dell’individuo, e persona per indicare certe condizioni psichiche significa tranciare l’unità psico-pneumo-corporea e discriminare inevitabilmente tra chi è uomo ma non persona da chi lo è. Per persona si intendono chi è dotato di qualità come l’autodeterminazione e l’autocoscienza. Ci si rende conto che così facendo si escludono bambini, pazzi, distratti e dormienti? Se si è persona quando l’autocoscienza-determinazione è in atto ci si accorgerà che si sarà persona per particelle di tempo all’interno di un intera esistenza. Chi dorme o è distratto non è persona. Ma lo diventa appena si sveglia o appena si rende conto di sé, si obietta. Anche l’embrione lo diventa, basta aspettare il suo tempo di sviluppo. L’essere umano è persona in quanto essere umano. È la peculiarità della sua natura ad avere la qualità personale. Perciò, appena siamo in presenza di un individuo della specie uomo lì c’è persona. Dove c’è uomo c’è persona, non viceversa. «La persona è una sostanza individuale di natura razionale», dice Boezio. Di natura razionale. Per natura siamo persone. Dove appare un individuo della specie umana c’è una persona. Altrimenti regna l’arbitrio delle attribuzioni e delle negazioni di questo attributo naturale.
Non vorrei rispondere elencando (per contrastare Boezio) i tanti che sostengono la distinzione tra essere umano e persona (gli argomenti per autorità non mi convincono molto). La presenza dell’autocoscienza come requisito personale funziona anche per i dormienti i pazzi etc. (ci tornerò).
La condizione necessaria ma non sufficiente per rilevare la presenza di una pur primitiva coscienza e autocoscienza è costituita dalla presenza e dal funzionamento del sistema nervoso centrale: inesistente nelle prime fasi dello sviluppo embrionale e negli individui morti cerebralmente (perché distrutto). Se si vuole chiamare arbitrio la gradualità della formazione del sistema nervoso (e quindi l’emergenza della persona) si chiami pure arbitrio. Basta intendersi su quello che si vuole denotare.
Ciò che vale per l’inizio vale anche per la fine. Non è la fine di certe caratteristiche a far finire la persona. Ma la sua morte. Finché c’è vita umana c’è persona. Con la morte cerebrale c’è la fine dell’unità sistemica della vita di un individuo umano e perciò della sua persona. Affermare che «l’omicidio riguarda le persone e non gli esseri umani» è totalmente irrazionale e arbitrario. Oltre che terribilmente pericoloso. Se chi dorme non è persona in atto (lo sarà , certo, al risveglio, ma intanto non lo è!) allora uccidere un dormiente non è reato, perché si sarebbe ucciso “solo un uomo” e non una persona... È l’uso degli stessi termini a tradire l’illogicità: “omicidio” è letteralmente uccisione dell’uomo, non della persona; in questo caso si dovrebbe dire persocidio.
A questo ho già risposto. Con la morte cerebrale c’è la morte dell’organo (cervello) ritenuto caratteristica fondamentale: quando si espiantano gli organi non lo si fa da un morto, ma da un essere umano (da un corpo) che ha perduto quanto lo rendeva anche persona. (Personicidio andrebbe meglio di persocidio, ma i motivi per i quali si usa omicidio sono lunghi e al momento per me inelencabili.)
Quanto all’espianto di organi, spero che i medici amici dell’ideologia di Bioetiche aspettino la morte del paziente prima di procedere all’espianto. Perchè anche mentre si è sotto anestesia non si è persona in atto, non si ha auto-coscienza-determinazione. Non essendoci più persona potrebbero pensare che di far cosa gradita alla lista dei malati “svegli” razzolare quel che serve. Quando sopravviene la morte cerebrale si pone fine allo sviluppo dell’individuo (uomo, persona), punto che chiamiamo morte, perciò l’espianto è legittimo. O forse, anche la morte ha una gradualità tale da risultare impossibile definirne l’arrivo, con qualche problema in più per l’anagrafe e per il sistema previdenziale che terrà in sospeso l’erogazione delle pensioni fino a data da destinarsi.
I medici aspettano la morte cerebrale. Non mi soffermo a commentare scenari terrifici che non mi appartengono e che non sono una inferenza corretta delle mie affermazioni. Credo che sarebbe più corretto dire che Bioetiche (che poi sono io e Giuseppe Regalzi e non un impersonale blog) propone idee non condivisibili, esagerate etc. etc.; ma non ideologia. Ideologia proprio no.
Quando la gradualità non è sinonimo di continuità dell’unità psico-pneumo-somatica diventa l’alibi per il comodo crepuscolo permanente. Cioè potere non decidere per avere mani libere. Con una consistente contraddizione logica. Se la gradualità posta all’inizio sposta sempre in avanti l’inizio della persona, allora la stessa gradualità posta alla fine impedisce di stabilire quando finisce una persona (lasciando perdere quando la persona sia poi, finalmente, iniziata). Non si dovrebbe mai fare espianti o eutanasia di persone in coma, perché come la vita anche la morte non ha un confine precisabile. Un eterno crepuscolo. Eppure, a ben guardare, ci sono dei vivi e dei morti. C’è il giorno e c’è la notte.
L’analogia tra inizio e fine vita è corretta finché siamo in presenza di un processo di distruzione del cervello. Quando però la distruzione è compiuta, la persona non c’è più. Il fatto che il giorno muti gradualmente nella notte non annulla di certo la differenza tra il giorno e la notte. Ho mai sostenuto questo? Il crepuscolo è la zona di incertezza. Non si può però nemmeno sostenere (come fa Zambelli) che la notte sia già il giorno e viceversa (lo sostiene per essere umano e persona, ma vale per gli altri esempi).
In chiusura ci tengo a rivelare come la penso sul rapporto mente-cervello, che Zambelli rende triadico come psico-pneumo-soma. Esistono 2 sostanze o realtà (e non 3 come suggerisce Zambelli): una è quella materiale del cervello; l’altra è quella della mente (pur sempre materiale; ma qui ci addentriamo in problemi di filosofia della mente che andrebbero fuori tema...).

Aggiornamento: Ivo Silvestro interviene in questo scambio analizzando alcuni passaggi rilevanti di Zambelli. Di questo lo ringrazio, io avevo tralasciato qua e là...
Scienza e filosofia: siamo uomini o persone?

1 commento:

Anonimo ha detto...

qualcosa non quadra, ma certamente è un mio limite. L'embrione è un essere umano, ma non e' una persona. Quindi sopprimere una persona, e' omicidio.... sopprimere un essere umano....abortire?
Probabilmente siamo sullo stesso piano invece..... Personalmente io contesto l'enfasi abortista, il proclamarlo un diritto, quando diritto non e', diritto negato bensì, specie quando utilizzato come anticoncezionale, specie quando privato della sua drammaticita'. Ieri ascoltavo dei ragazzi: come e' andata con ... bene bene, l'abbiamo fatto tre volte... ma dai.... e come hai fatto per... se rimane incita... non fa niente tanto abortisce....
Questa è la vera vittoria degli abortisti......ed il fallimento della 194. E' questo che e' inacettabile...e questo prospera dietro la difesa dell'aborto, come diritto, anziche' anziche' della messa a nudo della sua crudelta'...
francesco sirio