mercoledì 1 agosto 2007

Babbo Natale, Gesù e il Sarchiapone

“In cosa crede chi crede?” può sembrare a prima vista una questione facilmente risolvibile: ogni cristiano che si rispetti reciterebbe le 211 parole del Credo. Ebbene, in cosa?
Maurizio Ferraris in Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede (2006, Bompiani) si prende la briga di rispondere a questa domanda e il risultato è una analisi puntuale e stringente dell’incredibilità dei dogmi e delle insanabili contraddizioni in cui inciampano coloro che si dichiarano credenti.
In un momento storico in cui spesso si parla del ritorno della religione, i nuovi credenti sono profondamente diversi dai vecchi che si interrogavano sul mistero trinitario o sulla natura divina, sulla resurrezione o sulla vita eterna. I nuovi credenti sembrano essere “incuranti del sesso degli angeli e persino della resurrezione, benché curiosissimi del sesso degli uomini e stregati da Papi, santi, incensi e miracoli” e questa nuova veste fa venire il sospetto “che siano semplicemente degli increduli che non sanno di esserlo”. Perché non è possibile “credere di credere in ciò che non credo”: in altre parole, se è ammissibile che una credenza sia incompleta, incoerente o bizzarra, non è ammissibile che l’oggetto della credenza sia privo di contenuto. Il riferimento della fede è oscuro e il referente (Dio) è tanto sfuggente e misterioso da rendere l’affermazione “credo in Dio” non molto differente da quella “credo nel Sarchiapone”. Specificare che, a differenza del Sarchiapone, Dio è infinito complica ulteriormente la situazione, perché significa credere in qualsiasi cosa. Com’è possibile credere in una entità priva di identità? E se Dio può essere qualunque cosa, se il mistero dello Spirito Santo non trova soluzione alcuna e la resurrezione di Cristo è simbolica e non letterale, che cosa rimane della credenza religiosa? Una specie di scommessa pascaliana che suggerisce che sia più conveniente credere, o meglio credere di credere, adottando un atteggiamento più speranzoso che squisitamente religioso: in un parola la “secolarizzazione”. Gli effetti descritti con perizia e ironia da Ferraris sono sorprendenti, e sarebbe davvero un peccato anticiparli.
La Chiesa secolarizzata cerca di imporre il proprio dominio sulle questioni morali, trascurando le spinose questioni teologiche e concentrandosi sulla gestione di un vero e proprio “monopolio del cuore” (il vero amore è quello cristiano, i veri valori quelli religiosi). Benedetto XVI affronta con il polso di un uomo politico consumato gli argomenti più vari e “terreni”: Auschwitz e gli embrioni, l’aids e la fame nel mondo, le leggi dello Stato e le fiction.
Insomma, in cosa crede chi si dichiara credente oggi? In qualcosa di molto più umano e intelligibile dei misteri della fede, la cui presenza è ai limiti dell’ubiquità (almeno una caratteristica divina è salva). Basta accendere la televisione per capirlo, identità ben riconoscibile e poco misteriosa (rispetto alla resurrezione): il Papa in mondovisione ha soppiantato il deus absconditus.

1 commento:

Uyulala ha detto...

Da tempo mi son fatta l'idea che la chiesa cattolica sia fondamentalmente atea e a-spirituale. Che adori, di fatto, solo le parole. Ah, no: anche i soldi e il potere.

I credenti si incastrano nel labirinto di parole dimenticandosi l'esistenza del silenzio e diventano anch'essi a-spirituali, ossia privi del "respiro" (spiritus) della vita