lunedì 20 agosto 2007

L’aborto è un diritto

La decisione di Amnesty International di difendere il diritto delle donne all’aborto in casi di stupro, incesto o altre violenze, o quando la gravidanza metta in pericolo la loro vita o la loro salute, sta com’è ovvio suscitando ampie reazioni. Su Avvenire di ieri, Eugenia Roccella lancia una prima bordata contro l’organizzazione («Questi paladini che non vedono e si adeguano», 19 agosto 2007, p. 1):

L’aborto non si può considerare un diritto, anche le femministe lo sanno e lo dicono: è una tragica realtà, che dovremmo sforzarci di arginare, per tentare di ridurre i 46 milioni di aborti che ogni anno si praticano nel mondo.
L’articolo prosegue poi con alcune confabulazioni complottistiche sulla volontà dei «poteri forti dell’antinatalismo» e dell’«Onu» di imporre aborto e sterilizzazione nel Terzo Mondo (mancano, per ora, i black helicopters...). Non vale la pena di confutare la propaganda della Roccella (notiamo solo di sfuggita la fortuna crescente del paralogismo «non è un diritto, è una realtà», introdotto per la prima volta – credo – da Adriano Pessina a proposito dell’eutanasia); chiediamoci piuttosto: l’aborto è davvero un diritto?

La risposta non può che essere una sola: sì, il diritto ad abortire è un corollario inevitabile del diritto fondamentale all’autodeterminazione e alla signoria sul proprio corpo. Non riconoscere il diritto all’aborto significa che qualcuno – non importa se singolo, comunità o Stato – può diventare padrone del corpo di una persona e farne il proprio strumento, irrompendo violentemente nella sfera più intima dell’altro. Se l’aborto non è lecito, se si può impunemente trasformare una donna in un’incubatrice naturale contro la sua volontà, tutto diventa possibile: estrarre il sangue o prelevare un rene con la forza, imporre a una coppia di avere il numero di figli che altri reputeranno conveniente, etc. L’aborto rientra insomma nella sfera dei diritti negativi, cioè dei diritti alla non interferenza (può poi eventualmente trasformarsi anche in diritto positivo, se lo Stato eroga cure mediche gratuite ai cittadini). E non si può obiettare che in questo modo non si tiene conto che nell’aborto è coinvolto un altro essere umano: come ha dimostrato in pagine giustamente celebri Judith Jarvis Thomson, se anche per assurdo l’embrione o il feto nei primi mesi di sviluppo fossero persone autocoscienti, il diritto all’aborto rimarrebbe inalienabile.

Ma c’è qualcosa d’altro da dire; qualcosa che tutte le persone di buon senso implicitamente ammettono, anche se per qualche ragione non viene mai o quasi mai affermato pubblicamente. L’aborto non è solo un diritto. La vulgata politicamente corretta insiste nel presentarlo come male minore, inevitabile dramma per tutte le donne; ma la verità è che per moltissime donne l’aborto è un bene. Come ha detto una volta Katha Pollitt:
L’aborto legale è una cosa buona, e non solo perché impedisce quello clandestino. Senza aborto, le donne sarebbero meno sane, meno educate, meno in grado di realizzare i loro doni e i loro talenti, meno libere di scegliere i propri compagni; i bambini sarebbero accuditi peggio; il sesso sarebbe rovinato dalla paura della gravidanza, come era la norma nei bei tempi andati; le famiglie sarebbero ancora più guaste di quanto non siano già adesso; ci sarebbero ancora più madri singole, più divorzi, più povertà, e più gente infelice che si sentirebbe oppressa dalle circostanze. Sentiamo sempre parlare del rimorso e del rimpianto, e conosco alcune donne che hanno abortito e che provano questi sentimenti; ma non sentiamo mai del rimorso e del rimpianto provati dalle donne che sono andate avanti e hanno avuto il bambino, né sentiamo parlare molto delle donne che si sentono completamente sollevate e grate che l’ospedale fosse lì per loro e che possono continuare a vivere le loro vite – vite che sono buone e morali.
Grazie, grazie di cuore ad Amnesty International per essersi unita alla buona battaglia.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

un pò di luce in questa valle di lacrime

Chiara Lalli ha detto...

Poveretta: Eugenia Roccella è davvero una povera sciocca.

S. ha detto...

Finalmente ho trovato qualcuno favorevole all'impiccagione di Saddam.

Anonimo ha detto...

...una povera sciocca che fa un sacco di danni, però. Poveretti noi!

giovanni ha detto...

mah. a parte il caso, purtroppo non infrequente, in cui il bimbo sia gravemente malformato, e allora il discorso è comprensibile e forse condivisibile, quando si parla di aborto quasi sempre (in buona o cattiva fede) si cade nel solito triste e squallido luogo comune che basa la giustificazione di questa barbarie con il fatto che le donne (più o meno giovani) vittime di stupri debbano avere la libertà di poter scegliere se portare avanti la gravidanza o no. ma parliamoci chiaramente: quanti sono realmente i casi di aborto derivati da violenza sessuale rispetto a quelli derivati da gravidanze "indesiderate"? la verità è che dietro questo argomento demagogico ma ovviamente d'effetto si nasconde l'ipocrisia meschina di chi non ha nemmeno il coraggio di ammettere la realtà dei fatti, ovvero che in nome di una libertà degenerata e volgare si uccidano bimbi indifesi, che ignari della cattiveria umana che li circonda riposano teneramente nella pancia della loro mamma e vogliono solo amore e protezione. qualunque donna che pensa di abortire dovrebbe essere costretta a vedere le immagini proposte nei link nel mio post "aborto". l'aborto è un atto tanto mostruoso, ignobile e innaturale da poter essere concepito solamente dalla specie umana, capace di disprezzare e umiliare se stessa fino a questo punto. è la negazione stessa della vita attraverso una violenza assoluta e ineguagliabile. io credo che l'aborto dovrebbe ovunque essere penalizzato, equiparato all'omicidio, con le aggravanti dell'atrocità con cui viene commesso e con l'aggravante dei futili motivi. perché qualsiasi motivo è futile in confronto alla vita. sempre. quante volte ho sentito dire che se l'aborto fosse illegale allora sorgerebbe il problema ben peggiore che le donne ricorrerebbero comunque a cliniche clandestine o strutture in senso lato pericolose. e allora? bene, benissimo! così dovrebbe essere, infatti. se una donna decide di uccidere suo figlio in un modo così meschino e orribile, mi sembra il minimo che corra lo stesso rischio. cos'è altrimenti il solo senso di colpa rispetto alla morte di quel piccino indifeso? niente. i medici che praticano gli aborti non sono altro che macellai, perché nei fatti è proprio questo che fanno. e c'è chi li chiama "medici non-obiettori": ipocriti schifosi. le loro madri avrebbero dovuto abortire, invece. come mi comporterei io una donna che ha appena abortito? la sveglierei dall'anestesia e sorridendo le darei in mano il corpicino dilaniato del suo bimbo. non era quello che voleva?

Giuseppe Regalzi ha detto...

In quel "sorridendo" si coglie appieno, direi, lo spirito che ti anima...

Anonimo ha detto...

1) Non tutte le gravidanze indesiderate derivano da stupro.
2) Il senso di colpa è un atteggiamento interiore e non c'entra niente con i diritti.

Anonimo ha detto...

Però la Chiesa è anche contro i contracettivi, mi sembra un controsenso.

Anonimo ha detto...

Per Forestiero- Ricomincia dalle basi:
"il diritto ad abortire è un corollario inevitabile del diritto fondamentale all’autodeterminazione e alla signoria sul proprio corpo...", ecc...
Dimenticavo: complimenti per la coerenza, a proposito delle madri dei medici non obiettori, che secondo te avrebbero dovuto ABORTIRE... !!!
ADAL

Anonimo ha detto...

forestiero sono donna e come tale parto dal presupposto che portare avanti o meno una gravidanza sia prima di tutto una mia scelta (mai sentito parlare di autodeterminazione?)..detto questo non accetto che si parli di un embrione come di un bambino bello e fatto che richiede affetto e amore dalla madre (fai forse parte del movimento per la vita?): alla dodicesima settimana non è ancora in grado di sopravvivere autonomamente!
Le cliniche che praticano l'aborto clandestinamente sono utili solo ai dottori che all'interno vi lavorano: hai presente i dottori soprannominati "cucchiai d'oro" (i cucchiai erano uno degli strumenti utilizzati per praticare l'aborto, ma anche i ferri da calza che perforavano l'utero ad alcune donne)? dottori che prima che l'aborto diventasse legale, praticavano aborti clandestini che facevano pagare taaanti soldi e con i quali si sono arricchiti..e tanti dottori ancora oggi si dichiarano obiettori nelle strutture pubbliche per poi praticare aborti nelle cliniche private..questa è iprocrisia!! assassini sono i tanti soldati che uccidono ancora oggi nelle guerre i civili, che stuprano le donne come forma di sfregio..le ipocrisie sono tante altre, credimi..sono gli uomini che vanno a prostitute, sono i mariti e i fidanzati che picchiano o esercitano violenze contro le donne (a proposito di dati lo sai che la principale causa di morte in occidente per le donne non sono i tumori e nemmeno gli incidenti automobilistici, ma le botte subite in FAMIGLIA?), sono i preti che abusano dei bambini..
Augureresti dolore alle donne che praticano l'aborto..le donne non rimangono incinte da sole!! Agli uomini cosa proponi di fare? Una maggiore educazione sessuale non sarebbe forse la soluzione? Ah già il papa vieta l'utilizzo del preservativo..
Mi fanno pena le persone come te, eppure a differenza tua non penso che tua madre avrebbe fatto meglio ad abortire (come tu pensi per i medici obiettori).
Ed infine, forestiero sappi che le donne quando decidono di abortire non lo fanno mai con serenità..
Federica

Anonimo ha detto...

Non credo si possa dire che necessariamente nessuna donna abortisce con serenità. Si abortisce perchè non si è in condizione di proseguire con la gravidanza, ma anche, semplicemente, perchè così si desidera. Non sono le motivazioni che stanno dietro alla decisione di abortire ad essere importanti. E' fondamentale che le donne abbiamo il diritto di abortire perchè il controllo sulla propria vita risproduttiva è la condizione necessaria al loro accesso al lavoro, alla vita pubblica, alla possibilità di effettuare delle scelte. L'aborto è il diritto che pone uomini e donne su di un piano di parità rispetto alle scelte riproduttive. E', quindi, un diritto fondamentale non solo perchè soddisfa l'esigenza delle donne di auto-determinarsi, ma perchè ne consente una forma più avanzata di eguaglianza. E, quindi, di cittadinanza.