venerdì 16 aprile 2010

Gianni Gennari ha un grosso problema


L’infortunio, due giorni fa, segnalato in principio dal blog dell’UAAR, era stato di quelli clamorosi. Gianni Gennari (in arte «Rosso Malpelo»), notista del giornale dei vescovi italiani, Avvenire, scriveva nella sua rubrica giornaliera «Lupus in pagina» («Ipazia: donna cristiana e la storia fatta a fette», 14 aprile, 2010, p. 39):

Esce un film su Ipazia, donna di grande cultura barbaramente uccisa nel 415 ad Alessandria. Da chi e perché? Titoli e sommari con risposta secca: «Massacrata perché avversa al cristianesimo», «Martire uccisa dai cristiani», «Orrendamente uccisa dai cristiani», «Osò sfidare la Chiesa in difesa della scienza». Elementare! Però proprio sull’“Unità” leggi che Ipazia era «cristiana, ammirata anche dai suoi alunni cristiani... la memoria del suo insegnamento la apprendiamo dal suo allievo cristiano Sinesio, in seguito vescovo, che la chiamava sorella e maestra», e che un altro cristiano, Socrate Scolastico, scrisse che Ipazia «si presentava in modo saggio con magnifica libertà di parole e di azione». Cristiana, ammirata dai cristiani, uccisa «dai cristiani»?
Il punto interrogativo finale ci sta tutto, anche se non con l’intenzione con cui l’ha apposto Gennari; perché se si va a controllare l’articolo originale sull’Unità (Mariateresa Fumagalli, «Ipazia, la donna che osò sfidare la Chiesa in difesa della scienza», 13 aprile, pp. 38-39) si scopre che la parte iniziale della citazione di Avvenire corrisponde a questa frase: «Cosa insegnava Ipazia ammirata anche dai suoi allievi cristiani?». Di una Ipazia cristiana, in tutto l’articolo, non vi è la benché minima traccia, né vi può essere, dato che come tutti sanno Ipazia era pagana.
Spiegare un errore simile è difficile: la parola «cristiana» non compare nei pressi, e in tutto l’articolo si trova solo due volte, sempre unita a «religione». Un’allucinazione vera e propria, si direbbe.
Mi sono messo ad aspettare – senza troppe speranze, per la verità – una correzione, o un qualche altro tipo di passo indietro; e il giorno dopo Gennari è tornato sulla questione («Ipazia e il film “Agorà” a lei dedicato: tra pubblicità e pregiudizi», 15 aprile, p. 39). Nessun errata corrige, anche se adesso Ipazia viene definita una «gran donna del V secolo d. C., affascinante per vita e cultura». Niente «cristiana», stavolta: dobbiamo prenderlo per un segnale di resipiscenza? Ma in compenso...
solita musica su altre pagine, per esempio “Europa” (p. 10: «Tutti pazzi per Ipazia») ove Canfora di suo aggiunge due colpe tutte a carico della Chiesa: «la tragedia dell’incendio della Biblioteca di Alessandria» e il fatto che «Paolo, cofondatore della religione cristiana», scrisse ai Corinzi che «la donna deve restare muta». Che dire? In realtà la colpa dell’incendio fu degli stessi «parabolani», antico esempio di fondamentalismi ancor oggi sanguinanti nel mondo, e non della Chiesa alla quale si deve il salvataggio di tutti i documenti delle culture antiche: tutti!
Resi sospettosi dal precedente e dal giudizio inusualmente tranchant attribuito a Canfora, andiamo a cercarci pure l’articolo di Europa (Paola Casella, 14 aprile, pp. 4-5; l’articolo è presente nella rassegna stampa dell’Istituto Treccani):
Fra gli altri meriti di Agora, che entrambi gli studiosi ritengono filologicamente attendibile, a parte qualche piccola licenza poetica, c’è quello di ricordare la tragedia dell’incendio della biblioteca di Alessandria, sempre ad opera dei Parabolani. «A quei tempi non esisteva l’industria editoriale, i libri erano tutte copie individuali tramandate grazie al lavoro degli amanuensi», ricorda Canfora. «La gravità di quella vicenda la capisce solo chi ha un’idea di come si diffondevano i libri nel mondo antico. Distruggere un patrimonio così, buttare nel fuoco un pezzo unico della cultura fu una vera follia».
Come si vede nel virgolettato attribuito a Canfora non c’è la benché minima imputazione alla Chiesa dell’incendio della Biblioteca, né lo studioso sembra contestare in alcun modo il ruolo attribuito dal film ai Parabolani.
Di nuovo: com’è possibile un simile errore? Probabilmente non lo sapremo mai; in ogni caso, sarebbe ora per Gianni Gennari di prendersi una lunga, lunghissima vacanza dalla scrittura e, soprattutto, dalla lettura.

Aggiornamento 19/4: Gennari si corregge su Avvenire di ieri: «Correggo: Ipazia, la donna sapiente che nel V secolo affascinò tutta Alessandria, non era cristiana». Niente scuse a Canfora, per ora, che anzi il giorno prima definiva «marxista irriducibile risciacquato in letture greche e latine», con tutta la sguaiataggine di cui solo certi cattolici sono capaci.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma, Signor Regalzi, si direbbe che Lei pretenda logica e raziocinio da chi crede ai morti che resuscitano e ai serpenti che parlano. Questo Suo atteggiamento non è degno di una persona intelligente come Lei.
Cordiali saluti

;)

Il Censore ha detto...

"c’è quello di ricordare la tragedia dell’incendio della biblioteca di Alessandria, sempre ad opera dei Parabolani"

Forse va precisato che i parabolani erano una sorta di guardia armata del vescovo, e che distrussero la biblioteca per ordine del vescovo Teofilo (zio e predecessore di Cirillo).

Comunque, ottimo post.

IlCensore