martedì 27 aprile 2010

Un dono per uno sconosciuto


È avvenuto molto raramente, negli ultimi anni, che un parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) si discostasse dalla più feroce intransigenza integralista. Uno di questi casi è recentissimo, e riguarda il parere espresso dal CNB sui cosiddetti «donatori samaritani», ovverosia persone viventi che donano organi o parti di organi (reni e fegato) a malati che non sono loro parenti o amici. Malgrado che la legge già permetta questo tipo di trapianto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva chiesto l’opinione del Comitato, dopo che notizie di stampa su persone che avevano chiesto di poter effettuare questo tipo di donazione avevano sollevato le proteste di una parte del mondo integralista.
Il parere, al momento, non è ancora disponibile sul sito del CNB, ma si sa già che è stato positivo (pur se con qualche limitazione, su cui eventualmente torneremo). Si assiste dunque in questi giorni allo spettacolo inedito di integralisti che criticano il CNB: per esempio Francesco D’Agostino, che del Comitato è stato a lungo presidente, («Il rischio di corrompere la nobiltà della donazione d’organi», Avvenire, 25 aprile 2010, p. 2). Ma qui voglio soffermarmi sulle critiche espresse nel comunicato stampa del 23 aprile emesso dal Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto da Adriano Pessina (che verosimilmente ha scritto o ispirato la nota), dove si legge fra l’altro:

La mutilazione del benefattore anonimo stravolge in realtà il significato stesso della donazione di organi da vivente, ammessa, in via eccezionale, laddove esistano relazioni parentali ed affettive. Il concetto di dono, infatti, comporta per sua natura la relazione da persona a persona ed è dettato solo da motivazioni gravissime ed eccezionali.
È interessante notare il linguaggio emotivamente carico con cui si esprime la nota: «mutilazione» è un termine impreciso per il trapianto di rene, che non causa di norma una perdita di funzionalità al donatore vivente, e decisamente sbagliato nel caso del trapianto di fegato, in cui al donatore viene sottratto un lobo dell’organo, che poi si rigenera in breve tempo fino a raggiungere di nuovo le dimensioni originali.
Incomprensibile è poi quello che si dice del concetto di dono: sembra evidente, anche se non è specificato, che ci si stia riferendo in particolare al dono di organo, visto che esistono ovviamente anche doni fatti per motivazioni leggere e ordinarie; ma in ogni caso rimane il fatto che il concetto di dono è inseparabile da quello di gratuità, e che tanto più stretti sono i legami – come appunto quelli familiari – che ci avvincono a una persona tanto meno gratuito dovrà essere considerato un atto come quello di cui qui parliamo. In effetti, a ben vedere, il vero problema si ha con la donazione di organi fra congiunti, dove è possibile che si creino situazioni di pressione psicologica da parte di altri familiari (il caso tipico è quello di genitori che inducono un figlio a donare a un altro figlio) che i medici possono avere difficoltà a individuare e gestire, e dove comunque a predominare sarà il desiderio – ovviamente più che legittimo – di non perdere un congiunto. Controllare la gratuità delle motivazioni di un donatore samaritano è invece un compito banale: basta fare in modo che il donatore non sappia in anticipo a chi andrà il suo organo.
Ma soprattutto avallare questa impostazione, dal punto di vista antropologico e culturale, significa fare propria l’idea che il corpo sia un semplice composto di parti e non l’espressione dell’identità personale. […] Risulta inoltre inquietante la sottesa concettualizzazione di una soggettività totalmente “spiritualizzata” che qui emerge. Mentre, da un lato, si pensa al corpo come a un rivestimento assolutamente neutrale rispetto all’identità personale, dall’altro, dietro la veste, che si vuole immacolata, della donazione, non ci si interroga sui vissuti complessi e magmatici di persone autorizzate da un comitato nazionale di etica a pensarsi in modo dualistico.
Anche qui non è facile capire di cosa stia parlando la nota. Più in particolare, quando afferma che il corpo è parte inscindibile dell’identità personale, cosa intende con quest’ultima espressione? Si riferisce forse al problema della continuità dell’Io, di cosa fa sì che si possa dire, per esempio, che noi siamo la stessa persona che eravamo a cinque anni di età? I filosofi si sono posti effettivamente il quesito di che ruolo abbia il corpo nella persistenza di una stessa persona attraverso il tempo: se per esempio fossimo sottoposti a un trapianto di cervello la nostra identità personale continuerebbe nel nuovo corpo in cui si trova adesso il nostro cervello, o rimarrebbe nel vecchio corpo (se questo è stato dotato a sua volta di un nuovo cervello)? Le risposte variano, ma che io sappia nessuno ha mai sostenuto seriamente che sottraendo al corpo un organo o una parte non indispensabili alla vita si interrompa la continuità della persona. In caso contrario dovremmo pensare che anche facendosi togliere le tonsille un individuo perderebbe la propria identità, il che sembra decisamente assurdo.
Per identità personale si può indicare anche la somma delle proprietà che fanno di noi quello che siamo, e che possono variare nel tempo; in questo senso, diverso dal primo, si può dire che siamo persone differenti da come eravamo a cinque anni, essendo variati i nostri gusti, le nostre conoscenze e anche il nostro corpo. Non c’è dubbio che in questo senso una persona che abbia donato un suo organo sia diversa da come era in precedenza; ma risulta impossibile comprendere perché ciò dovrebbe essere considerato a priori un male, visto anche che la trasformazione è, sia nel caso della donazione di rene sia in quella di fegato, quasi impercettibile, e scompare di fronte a cambiamenti più radicali, come cambiare fede politica o religiosa o sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica.
Queste considerazioni sono del tutto indipendenti da una visione dualistica o monistica della persona umana; è comunque sorprendente vedere un’istituzione cattolica accusare altri di fomentare una visione dualistica, dopo che per duemila anni il cristianesimo ha fatto propria e propagandato una concezione antropologica che, almeno nelle sue accezioni popolari, ha sempre operato una divisione assai netta fra anima e corpo.

La nota del Centro di Bioetica è significativa anche per quello che non dice, forse di più che per quello che dice. Mentre ci si interroga freddamente sui «vissuti complessi e magmatici» dei donatori, insultando persone generose che fino a prova contraria vogliono semplicemente fare dono di sé (e qui viene inevitabilmente in mente la frase evangelica delle perle e dei porci...), non una parola viene spesa per le vite umane che potrebbero essere salvate se si accettassero – ripeto: come già prevede la legge – questo tipo di donazioni. L’Ideologia della Vita, come tutte le ideologie, privilegia l’astratto a danno del concreto, la purezza del «punto di vista antropologico e culturale» più delle sofferenze dei malati, e rivela infine in questo modo il suo vero volto di ennesima Ideologia della Morte.

9 commenti:

Paolo C ha detto...

Giuseppe, ti si legge sempre con piacere, ma non ti sembra che siano sprecate tante parole per spiegare affermazioni che - palesemente - non significano nulla?
comunque voglio venirti incontro e propongo il seguente argomento: in cosa differisce la donazione di sangue, che certamente avviene in forma samaritana e solo in quella, dalla donazione samaratina del lobo del fegato?
Chiaramente la differenza e' solo quantitativa e non qualitativa. Esistono rischi, seppure limitati, anche in conseguenza della donazione di sangue. Io, per esempio, ho avuto un abbassamente del ferro che mi ha costretto a ridurre la frequenza delle donazioni. Inoltre una donazione, che ho fatto un anno fa, non e' stata neppure anonima al 100%: c'era necessita' di sangue per un'operazione importante a un neonato, quindi serviva di gruppo 0- e fresco; e questo e' stato detto a me e agli 0- che avevano donato da piu' di 3 mesi e a cui quindi il centro raccolta sangue ha contatto con la preghiera di donare subito.
Insomma, di cosa stiamo parlando? aria fritta.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo C: lo so che quelle affermazioni non significano nulla, ma credo che non possiamo limitarci a proclamarlo: dobbiamo dimostrarlo (nei limiti in cui si può dimostrare che qualcosa non significa nulla).
E poi così facendo spero di far divertire i miei quattro lettori, e di farli pensare sui problemi - quelli sì seri - connessi in qualche modo anche alle affermazioni più scervellate.

paolo de gregorio ha detto...

Oso decretare di essere uno dei più assidui lettori e partecipanti e quindi mi arrogo il diritto di dire la mia sull'osservazione di Paolo C, oltre che sul post.

Ritengo al contrario che la scelta di argomenti, sempre trattati con profondità e quindi forieri di spunti, denotino - virtualmente sempre - una ragionata originalità. Più di una volta sono venuto a conoscenza di istanze (come questa, sulla quale questo è il secondo post che qui leggo), di cui avrei continuato ad ignorare l'esistenza, proprio attraverso queste pagine e questo è uno dei tanti motivi che mi trattengono qui. Per tutti gli altri argomenti hot è viceversa piena la blogosfera, e se uno vuole ardentemente affrontarli in discussione non mancano le stanze adibite allo scopo.

Nel caso in questione ritengo che la materia non sia poi così irrilevante, pensando agli individui bisognosi di trapianto. Per me personalmente ha inoltre una peculiarità distinguibile: di quasi tutti gli argomenti di alcuni ambienti cattolici intransigenti fallisco nel ricostruire una logica coerente, ma almeno riesco a scorgere ipotetici o probabili istinti o sentimenti guida. Viceversa in questo caso sono stato totalmente colto di sorpresa la prima volta che ho letto di quale potesse essere la (per me insospettabile) posizione di quei circoli: ed oltre (ovviamente) a non comprendere il ragionamento per ora non comprendo nemmeno il movente. Sono al momento presente ancora nell'atto di ipotizzarlo.

Una possibilità cui ho pensato è che si sia in presenza di una sorta di invidia o più semplicemente diffidenza verso atti di altruismo di cui non si sarebbe capaci o che siano mossi da alti principi etici che la fede si scopra non in grado (almeno da sola) di ispirare. Negare una possibilità forse illude che sia possibile cancellare l'esistenza di questi buoni principi o sentimenti laici. Ma sono ancora alla ricerca di ulteriori e migliori elaborazioni personali.

L'elemento più irrazionale, e se vogliamo persino anti-cristiano, ma evidentemente il più indicativo è a mio parere la posizione di accettare la donazione tra consanguinei e sperare di vietarla tra estranei: se ci fosse infatti una posizione per il divieto assoluto la cosa sarebbe più coerente. Tanto che le argomentazioni, per esempio sull'integrità fisica della persona, non si capisce come facciano ad essere valide solamente in alcuni casi selezionati. Trapela così una posizione di difesa dei clan familiari, quasi una visione egoistico-genetica, promotrice di un altruismo interessato o di difesa del gene consimile; alla faccia del prossimo tuo (per questo l'anti-cristiano).
In pratica, con quell'osservazione sui "vissuti complessi e magmatici" sembra volersi dare del malato di mente a chi credesse alla lettera al presunto invito di Gesù verso il generico prossimo, mentre sarebbe ritenuto perfettamente sano chi agisse in favore di un caro congiunto.

Aggiungerei tra gli esempi quello della donazione di midollo. Alla luce delle argomentazioni generali dovrebbe essere vietato tra non consanguinei.

Riassumendo: la questione è interessante, pur non essendo la più urgente tra le questioni bioetiche, proprio perché nella sua inafferrabilità e unicità a mio avviso ci dovrebbe aiutare a scorgere qualcosa in chi aderisce a determinati paradigmi e che sta dietro la cortina. Peggio, per me personalmente potrebbe da sola smontare tutte le mie precedenti ipotesi sugli istinti fondanti di alcune sottoclassi di credenti.

filippo ha detto...

Non è la prima volta che scopriamo l'incoerenza del cosidetto pensiero cattolico.
Che, in questo caso, da un lato si premura di informarci di come non ci sia amore più grande di chi dona la vita per il suo prossimo, salvo poi entrare in fibrillazione al solo immaginare che ci sia chi possa ipotizzare di donare anche solo un pezzetto di fegato a qualche perfetto sconosciuto.

Per la serie non ci prenderete mica sul serio quando diciamo qualcosa?

Paolo C ha detto...

A questo punto debbo una controrisposta sia a Giuseppe che a Paolo.
Spero che non vi sia sfuggito che la mia prima frase era anche ironica.
Detto questo, non contesto minimamente l'impostazione generale del blog. Sollevo solo il dubbio (dubbio) che certe cose che si leggono siano effettivamente al di la' di ogni possibilita' di discussione. Si puo' discutere se il cielo di notte sia nero o blu (e' nero), non se sia viola a pallini verdi.
Oh, poi siccome sono anch'io un assiduo lettore (leggere tutti i post e' condizione sufficiente per definirmi tale?), mi sono permesso pure di proporre il confronto con la donazione di sangue. Mi piacerebbe il vostro parere anche su questo.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo C: ma l'obiezione sul sangue andrebbe fatta al Centro di Bioetica, non a me! Suppongo comunque che ti risponderebbero enfatizzando la differenza rispetto alla donazione di rene, che ti lascia senza un organo. Forse riusciresti a convincerli sul trapianto di fegato, a meno di altre invenzioni fantasiose da parte loro...

Ale ha detto...

Una precisazione : Pessina non è così ingenuo da sostenere che il problema etico fondamentale sia la perdita dell'identità intesa come rottura della continuità dell'io. L'intento della seconda nota era sottolineare che, se il corpo NON è una cosa fra le cose ma è parte integrante e imprescindibile del nostro modo di esistere e relazionarci con gli altri e il mondo (e laddove vi è una relazionalità vi è anche un'identità), se dimensione fisica e psicologica sono intrecciate e si influenzano reciprocamente contribuendo entrambe alla realizzazione del nostro io (rifiuto del dualismo)allora il corpo non può essere trattato come un oggetto qualsiasi e liberamente e a discrezione dell'individuo "mutilato" e strumentalizzato. Certamente l'idea di fondo è che il corpo abbia una sua "sacralità", sia inviolabile ed indisponibile a noi in quanto non "cosa" del mondo ma dimensione esistenziale che Dio ha predisposto(ovviamente non ogni attività praticata sul corpo solleva problemi morali). E' una tesi discutibile, ma non così banale.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ale: nel post non sostenevo categoricamente che quella della continuità dell'Io fosse la posizione di Pessina. Proponevo due interpretazioni alternative di un testo a me non del tutto chiaro, la seconda delle quali è molto vicina - mi pare - alla tua.

Ale ha detto...

Anche dalla prima nota emerge il timore che questa pratica venga incentivata e diventi prassi diffusa, la preoccupazione che ci si abitui a considerare il corpo un oggetto qualsiasi. Essendo in questo caso il dono anche un sacrificio notevole(anche nel caso dei reni, per quanto sia vero che i pazienti sopravvivono senza problemi, un'operazione invasiva e la consapevolezza di rimanere "mutilati" profondamente ha un impatto psicologico considerevole)l'idea che qualcuno possa gratuitamente e anonimamente donare un suo organo (che, ripeto, non è una cosa qualsiasi ma è parte di noi stessi) può lasciare perplessi e sollevare la questione etica prima accennata: "è giusto disporre del nostro corpo a nostro piacimento?"
Queste osservazioni però, se invitano ad attenzione e scrupolo nell'incentivare una prassi problematica dal punto di vista etico, non mi sembra riescano ad avere l'ultima parola.
Approfondite analisi psicologiche, infatti, permetterebbero facilmente di comprendere le motivazioni del soggetto che dona, e se esse si dimostrano autentiche e sostenibili (amore per l'umanità, conformità all'insegnamento religioso...etc)non vedo perchè proibire.