Adriano Sofri contesta sul Foglio del 27 marzo scorso alcune etichette usate dagli antiabortisti («Piccola posta», p. 2):
Chiamerei propriamente abortista solo chi apprezzasse l’aborto in odio all’umanità e alla vita in genere, e come strumento di limitazione delle nascite in particolare.Non è chiaro se Sofri abbia in mente qualche persona reale o se, come lascia pensare la scelta del congiuntivo imperfetto, si stia riferendo a un casus fictus; in ogni caso, la preoccupazione che l’aborto possa essere usato come «strumento di limitazione delle nascite» era presente già nella legge 194/1978, che all’art. 1 recita:
L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.Ma cosa si intende propriamente con questa norma? Cosa vuol dire limitare le nascite per mezzo dell’aborto – escludendo ovviamente casi come quello cinese dell’aborto coercitivo per chi supera il numero consentito di figli, che sarebbero inimmaginabili in uno Stato liberale?
Esistono naturalmente delle donne che ricorrono all’aborto per ragioni che non hanno nulla a che fare, nemmeno da lontano, con la limitazione delle nascite: sono quelle costrette ad abortire a causa di un pericolo per la loro salute o per la salute del feto. Queste donne vogliono un figlio, e l’aborto è un’interruzione spesso tragica nel cammino intrapreso per generarlo.
Esistono però anche altre donne – e sono sicuramente molte di più – che un figlio non lo vogliono, e per le quali l’aborto ha una funzione non diversa da quella della contraccezione: impedire una maternità non desiderata. Spesso queste donne hanno fatto ricorso ai mezzi contraccettivi, e l’aborto è un modo di ovviare al fallimento di questi; è, per così dire, uno strumento di seconda istanza. Naturalmente non tutte le donne che rimangono incinte a causa di un contraccettivo che non funziona ricorrono poi all’aborto, ma questo non cambia la sostanza delle cose.
Adriano Sofri dovrebbe condannare, se fosse coerente, questo tipo di aborto? È quel che pensa Francesco D’Agostino, che risponde a Sofri dalle colonne di Avvenire («Perché non basta definirsi “anti-abortisti”», 31 marzo, p. 2):
Sappiamo che l’aborto oggi non ha (tranne ipotesi rarissime!) autentiche motivazioni ‘terapeutiche’: esso è di fatto la più comune modalità utilizzata dalle donne per rifiutare una maternità non voluta.Lasciamo pure a Sofri il compito di rispondere a D’Agostino, ed occupiamoci di un altro quesito: il ricorso all’aborto come ‘supplemento’ della contraccezione costituisce una violazione dell’art. 1 della legge 194?
Questo dato di fatto è la più grande piaga aperta del mondo contemporaneo, perché implica una sorta di rifiuto, da parte delle donne, di quanto di più specifico contrassegna la loro identità femminile. Presumo quindi che Sofri percepisca questo come un grande problema e in qualche modo ne soffra, proprio per il fatto che egli rifiuta come insultante la qualifica di ‘abortista’.
Qualcuno potrebbe sostenere che la contraddizione principale di questo tipo di aborto sia in realtà con l’art. 4 della legge, che permette l’interruzione di gravidanza solo alla donna «che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica»: spesso, specie da parte degli integralisti, si fa notare come nella pratica questo articolo sia disapplicato, e l’aborto sia di fatto permesso per qualsiasi motivo. Resta però da dimostrare che avere un figlio non desiderato non costituisca un «serio pericolo» per la salute psichica della donna – pericolo che la legge non sembra voler intendere solo in senso strettamente psichiatrico, visto che ne assegna l’accertamento al medico di fiducia o del consultorio e non allo psichiatra. Casi come quelli spesso citati delle donne che abortirebbero per non rinunciare alle vacanze programmate sono quasi esclusivamente mitologici, e in ogni caso il tentativo di accertarli fino in fondo costituirebbe un’intromissione inaccettabilmente pesante nella sfera privata delle donne. La 194 può avere qualche aspetto ipocrita, ma si tratta di un’ipocrisia indispensabile per renderla compatibile con lo Stato liberale.
Resta allora l’incompatibilità con l’art. 1. Anche qui dobbiamo invocare l’inevitabile ipocrisia di una legge che non è riuscita ad essere liberale fino in fondo? In realtà no; basta interpretare correttamente la ratio della legge. Quello che si vuole con ogni evidenza evitare è l’uso dell’aborto come mezzo primario di limitazione delle nascite, in sostituzione dei contraccettivi. La legge non fa qui che ottemperare ai suoi principi ispiratori, che sono da una parte i diritti (sia pure subordinati) assegnati all’embrione e dall’altra la difesa della salute femminile. Auspicando la promozione e lo sviluppo dei «servizi sociosanitari, nonché [di] altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite» si sarebbe voluto impedire che una minorenne si presenti ad abortire senza aver mai nemmeno provato ad usare un contraccettivo. Sta qui, in questo impegno disatteso, una delle vere violazioni della legge.
16 commenti:
Sofri non è nuovo al tema; di qualche anno il suo "Contro Giuliano" dove pur nei suoi mille dubbi, non risulta certamente anti-abortista.
Dirsi, o essere detti, "abortista" rimane chiaramente ostico a molti pro-choice, Sofri compreso, memori che la piaga cui la 194 prova a porre rimedio sono gli aborti clandestini, non la sovrapopolazione dell'Italia.
Insomma, qui, se non ho del tutto frainteso, si accusa Sofri di fare dei distinguo leziosi, e prestare il fianco ai nemici della legge. Occorre a mio avviso, a prescindere da cosa si pensi dell'aborto in assoluto, non eludere l'esistenza di un certo numero di aborti, non mitologici, che non rientrano nè tra quelli di necessità, nè tra quelli di seconda istanza, perchè non c'è stato uso di alcun sistema contraccettivo o questo è stato reso inefficace per negligenza (responsabilità tanto più significativa quanto più venga riconosciuta natura umana all'embrione).
Non ricorrere all'art. 4, che per quanto ipocrita riporta almeno la scelta della donna all'interno della sua individualità, per richiamarsi all'ipocrisia altrui derivata dalla sostanziale disapplicazione dell'art. 1 da parte delle Istituzioni, scusando il gioco di parole,appare la maggiore delle ipocrisie.
In questo caso qualcuno l'appellativo di abortista rischia di cominciare a meritarselo.
D'Agostino scrive:
"... è la più grande piaga aperta del mondo contemporaneo ..."
Ma sì, e chissenefrega di guerre, fame, miseria, malattie, pedofilia, schiavitù, fanatismi, inquinamento... tutti problemi che riguardano i già-nati. Forza, preoccupiamoci prima dei non-nati e dei loro non-problemi.
Ottimo. Voelvo solo fare una precisazione. In Cina non esiste l'aborto coercitivo di stato. E' un mito, una bufala occidentale. Chi fa più di un figlio viene semplicemente multato o può pagare una bella tassa per il secondo figlio.
Ci sono stati casi di aborti forzati, è vero, ma solo da parte di funzioanri locali corrotti che agivano in maniera illegale.
Fabristol: a me risulta però che non fosse illegale fino al 2002.
Infatti non parla di legge dello stato ceh fu abrogata nel 2002. Dice che fu fatta una legge nel 2002 proprio per tutelare le donne contro l'aborto coercitivo (esercitato dalle famiglie, mariti o istituzioni locali corrotte):
"Physical coercion to terminate a pregnancy or undergo sterilisation was banned by law in 2002 but numerous reports in the Chinese media claim that it still goes on. "
D'accordo, ma allora fino al 2002 i funzionari locali che ricorrevano all'aborto coercitivo per chi superava il numero consentito di figli non agivano in maniera illegale. Non è che la sostanza cambi moltissimo...
Mmm su questo hai ragione. C'era un buco normativo evidente. Però è diverso dal dire che il Governo Cinese praticava l'aborto di stato come molta propaganda cattolica fa dalle nostre parti.
"esso [l'aborto] è di fatto la più comune modalità utilizzata dalle donne per rifiutare una maternità non voluta."
in questo passaggio D'Agostino sta sostenendo che sono piu' le donne che abortiscono di quelle che usano contraccettivi? e come fa a saperlo?
Paolo C: forse D'Agostino intendeva che è la più comune modalità utilizzata dalle donne per rifiutare una maternità non voluta già iniziata, rispetto quindi al lasciare i figli in adozione.
non avevo pensato a questo e mi sembra l'unica interpretazione plausibile.
Si ma, in ogni caso, se una donna non vuole un figlio, perchè dovrebbe farlo? che sia terapeutico o no, poichè lo fa con il suo corpo, solo lei può scegliere di farlo o no, se ogni volta che ha un rapporto sessuale, non si protegge, e dopo ricorre ad un aborto, possiamo dire che è un'irresponsabile, ma nessuno può negarle l'aborto, visto che anche quello lo fa con il suo corpo.
Mia.
Mia la donna l'aborto lo fa con il suo corpo ma colpisce un altro corpo.
Traspare una malcelata nostalgia del Codice Rocco dietro certe affermazioni.
Un tempo si sarebbe parlato di libertà violata se si fosse criticato l'uso degli schiavi. Tutto sta come sempre all'uso delle parole e delle convenzioni. Gli schiavi non erano uomini come i liberi, i feti non sono vita come i bambini.
Braccio di ferro di fatto quell'altro corpo non esiste più di una cisti.
Di fatto questo corpo è il mio corpo e ci faccio quello che mi pare, dal mangiare spinaci a farmi un tautaggio ad abortire un futuro figlio che non voglio.
Di fatto io, sono mia.
Mia.
http://giulianoguzzo.wordpress.com/2013/09/06/perche-la-contraccezione-non-riduce-semmai-aumenta-gli-aborti/
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