giovedì 15 aprile 2010

Lettura creativa di una sentenza


Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, non ha dubbi («Fecondazione eterologa, legge 40 “blindata”», Avvenire, 15 aprile 2010, inserto È vita, p. I):

La legge 40, che regola in Italia la procreazione medicalmente assistita, non è nemmeno sfiorata dalla recente sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, quella che ha stabilito l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa (cioè con gameti esterni alla coppia) per due coppie austriache
e passa quindi a spiegarci il perché di tanta sicurezza:
il pronunciamento della Corte europea non ha niente a che fare con la normativa vigente in Italia perché si riferisce a una incoerenza – secondo la Corte – interna alla legge austriaca, che consente la fecondazione eterologa solo in alcuni casi, a differenza della legge italiana che, invece, la vieta sempre. […]
[La fecondazione eterologa] in Austria è consentita per donatori maschili nel caso dell’inseminazione semplice, quando cioè il liquido seminale è inserito nel corpo della donna […] non c’è dubbio che, una volta ammessa un’eccezione, il divieto all’eterologa diventa parziale, e la Corte ha avuto buon gioco nel sostenere l’incoerenza interna alla normativa.
La sentenza del tribunale europeo si basa sul ricorso di due coppie affette da sterilità in modo differente, una delle quali richiedeva l’intervento di un donatore maschile, consentito nella procedura in vivo ma vietato nel caso in questione, che ne richiedeva una in vitro. La Corte si è pronunciata quindi sulla presunta discriminazione della legge austriaca tra donatori di gameti maschili (qualche volta consentiti) e femminili (sempre vietati), ha giudicato incoerente la differenza fra i percorsi ammessi, e ha concluso che esiste una discriminazione fra le coppie, che in Austria possono ricorrere all’eterologa o meno a seconda del tipo di infertilità, argomentando invece in favore della possibilità di ricorrere sempre alla donazione di gameti da parte di esterni alla coppia.
Parlare di una sentenza che dà «l’ennesimo colpo alla legge 40», come hanno titolato diversi giornali italiani, è quindi inesatto e fuorviante: la nostra legge è coerente al suo interno, perché l’eterologa è sempre vietata.
Spiace infrangere le certezze della Morresi, ma le cose non stanno così.
I casi esaminati dalla Corte sono due: nel primo la donna soffriva di infertilità per una disfuzione delle tube di Falloppio, mentre il marito non era in grado di produrre sperma; per poter concepire un figlio la coppia avrebbe dovuto far fecondare gli ovociti della donna in vitro con lo sperma di un donatore, ma la legge austriaca, come spiega correttamente la Morresi, consente la donazione di sperma solo se la fecondazione avviene in vivo e non in vitro. Nel secondo caso la donna era totalmente incapace di produrre ovociti mentre il marito poteva produrre sperma; per poter concepire un figlio la coppia avrebbe dovuto quindi ricorrere a una donazione di ovociti, proibita però dalla legge austriaca.
Ora, nel primo caso, la Corte effettivamente argomenta in base all’incoerenza della proibizione fra i due tipi di donazione di sperma (che in effetti appare abbastanza cervellotica); ma nel secondo caso le cose sono assai differenti. Vediamo cosa dice la sentenza (i corsivi sono tutti miei):
the Court has to examine whether the difference in treatment between the third and fourth applicants and a couple which, for fulfilling its wish for a child may make use of artificial procreation techniques without resorting to ova donation, has an objective and reasonable justification […]
The Court considers that concerns based on moral considerations or on social acceptability are not in themselves sufficient reasons for a complete ban on a specific artificial procreation technique such as ova donation. Such reasons may be particularly weighty at the stage of deciding whether or not to allow artificial procreation in general, and the Court would emphasise that there is no obligation on a State to enact legislation of the kind and to allow artificial procreation. However, once the decision has been taken to allow artificial procreation and notwithstanding the wide margin of appreciation afforded to the Contracting States, the legal framework devised for this purpose must be shaped in a coherent manner which allows the different legitimate interests involved to be taken into account adequately and in accordance with the obligations deriving from the Convention. […]
In conclusion the Court finds that the Government have not submitted a reasonable and objective justification for the difference in treatment between the third and fourth applicants, who are prevented by the prohibition of ova donation for artificial procreation under Section 3 of the Artificial Procreation Act from fulfilling their wish for a child, and a couple which may make use of artificial procreation techniques without resorting to ova donation.
Come si vede, il contrasto è sempre tra donazione di ovociti e procreazione medicalmente assistita in generale; proibire la prima (come fa l’Italia) è incoerente, per la Corte, se si permette (di nuovo come fa l’Italia) la seconda. Della donazione di sperma per la fecondazione in vivo non si parla nemmeno una volta, al contrario di ciò che si fa nel caso dell’altra coppia:
the Court has to examine whether the difference in treatment between the first and second applicants who, for fulfilling their wish for a child could only resort to sperm donation for in vitro fertilisation and a couple which lawfully may make use of sperm donation for in vivo fertilisation, has an objective and reasonable justification
Si compari questa frase con quella analoga usata per la seconda coppia: la logica, tenendo conto che il linguaggio giuridico non viene mai usato a caso, è chiara. (Va da sé che se l’Austria avesse proibito come l’Italia ogni forma di donazione di gameti, la Corte avrebbe applicato anche alla prima coppia gli argomenti usati per la seconda.) Forza dunque con i ricorsi!

1 commento:

Paolo Garbet ha detto...

Ogni volta che sento parlare la Morresi, o leggo quello che scrive, ho la netta impressione che questa donna faccia il tifo per le malattie, come se fosse in competizione con i medici che invece cercano di curarle.
Mi sembra proprio che lei provi soddisfazione quando un problema di salute rimane senza soluzione, soprattutto se ciò avviene a causa di una legge proibizionista.

Ma forse sono strano io, chissà.