Il report è del 20 luglio scorso e merita tutta la nostra attenzione. Qui sotto incollo il riassunto ma consiglio la lettura integrale.
Summary
The practice of conscientious objection arises in the field of health care when healthcare providers refuse to provide certain health services based on religious, moral or philosophical objections. While recognising the right of an individual to conscientiously object to performing a certain medical procedure, the Social, Health and Family Affairs Committee is deeply concerned about the increasing and largely unregulated occurrence of this practice, especially in the field of reproductive health care, in many Council of Europe member states.
There is a need to balance the right of conscientious objection of an individual not to perform a certain medical procedure with the responsibility of the profession and the right of each patient to access lawful medical care in a timely manner.
The Parliamentary Assembly should thus invite member states to develop comprehensive and clear regulations that define and regulate conscientious objection with regard to health and medical services, including reproductive health services, as well as to provide oversight and monitoring, including an effective complaint mechanism, of the practice of conscientious objection.
The Assembly should also recommend that the Committee of Ministers instruct the competent Steering Committees and/or other competent Council of Europe bodies to assist member states in the development of such regulations and the setting up of such oversight and monitoring mechanisms.
venerdì 1 ottobre 2010
Women’s access to lawful medical care: the problem of unregulated use of conscientious objection
Postato da Chiara Lalli alle 13:01
Etichette: Comunità europea, Diritti individuali, Obiezione di coscienza
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19 commenti:
A volte se e' il re e' nudo, va' detto che e' nudo, va' URLATO che e' nudo…. o vogliamo continuare a prenderci in giro? Oggi piu' che in altri tempi, si assiste alla rarefazione del senso di responsabilita', della cultura, del pudore, condito con immensa ignoranza. Vengo al dunque, evitando di ripetere concetti gia' espressi nel post dedicato piu' o meno allo stesso argomento. Abortire, resta un mio convincimento, non e' un diritto, ma una liberta'. Diritto è poter chiedere ed ottenere una legittima tutela della propria salute. Ed ora passo al bazooka. Vuoi 'scopare' come un assatanato/a? E' una liberta', non un diritto!!! Vuoi coinvolgere nel tuo assanatamento anche i medici? coloro che curano, non ammazzano?. Lo Stato non puo' assicurare e non deve offrire questo. Come Stato devo garantirti la tutela salute, non il sollazzo e le sue conseguenze. E se qualcuno ha piu' coscienza di te, non posso come Stato deprecarlo. La legge tutela la donna che è costretta ad abortire, si parla di aborto terapeutico! Tutti gli altri aborti sono un derivato dell'irresponsabilita', ed immaturita', qui si, forse anche con lo zampino, colpevole, di uno Stato poco energico, attento e previdente. Ma oggi ce n'e' per tutti. Quello che mi addolora, e che talvolta dietro all'obiezione di coscienza si potrebbe nascondere altro. Obiettore di giorno, e non obiettore a pagamento, e se riscontrassi la fondatezza di questa notizia davvero il disgusto sarebbe ai massimi livelli. E ritorno alla premessa, assenza si serieta', di pudore, condito con immensa ignoranza…..
cordiali saluti a tutti.
francesco sirio
"Tutti gli altri aborti sono un derivato dell'irresponsabilita', ed immaturita'"
Lei è un grande, sig. Sirio.
(perdoni la frase un po' ermetica, ma la netiquette mi impedisce di entrare nei dettagli della Sua grandezza)
Chiara,
ho seguito il tuo consiglio e sono andato a leggere il report originale.
In effetti ne consiglio anch'io la (pur pesante) lettura a tutti, ma - temo - per motivi opposti ai tuoi.
La prima cosa che mi è saltata all'occhio è la superficialità e l'approssimazione dell'Explanatory Memorandum. In pratica si tratta in gran parte di una collezione aneddotica ed episodica di problemi legati non tanto all'obiezione di coscienza in sé, quanto alla carenza e all'inefficienza delle strutture di supporto. Il tutto condito da un'evidente sciatteria nelle note (la n. 17, per esempio, è una vera chicca in proposito).
Non voglio negare che esistano problemi in merito all'accesso all'aborto (perché di questo si tratta nonostante i patetici tentativi della McCafferty di sostenere l'universalità dei suoi argomenti), ma, se ci sono, il report non contribuisce per nulla alla materia.
Devo aggiungere che tale report solleva anche pesanti problemi di etica, laddove la debolezza delle argomentazioni chiaramente non supporta la pesantezza delle raccomandazioni, soprattutto perché fra queste ultime vengono fatte scivolare in modo un po' surrettizio e senza evidenziarne le radici le convinzioni politiche ed etiche del rapporteur.
Nel suo modo un po' urlato di esprimersi, Francesco Sirio nel suo commento dice una cosa vera, e cioè che esistono anche ragioni non mediche per scegliere di abortire. Senza entrare in alcun merito particolare, mi pare corretto osservare che queste ragioni sono fondamentalmente di tre ordini: quelle realmente di ragione medica (ovvero gravi motivi di salute o di rischio di vita della donna), quelle legate a reali o probabili malformazioni del feto, e quella che potremmo chiamare eufemisticamente "contraccezione differita".
A mio avviso è scorretto conflare questi motivi in un'unica materia etica, e una seria proposta di risoluzione dovrebbe saper ben distinguere fra questi ambiti: fatto salvo il diritto sovrano dei singoli Stati di regolare l'intera materia come credono, la Comunità Europea dovrebbe occuparsi solo del primo caso e non degli altri due.
(segue la seconda parte del commento)
(seconda parte)
Invece il report, non solo mescola materie diverse, non solo bara pretendendo di occuparsi di una materia più generale di quella che in effetti tratta (e il fatto che lo dice apertamente aggiunge solo sofisticazione all'inganno), ma anche giunge a conclusioni non giustificate dalle premesse, e cioè il bisogno di ulteriori regolamentazioni dell'obiezione individuale e la necessità di restringere l'obiezione agli individui, escludendone i soggetti istituzionali.
Quest'ultimo punto, in particolare, mi pare decisamente controverso e discutibile, visto che in pratica potrebbe portare all'esclusione di gran parte degli ospedali retti da organizzazione religiose dai servizi medici di ordine ginecologico.
Io non credo che debba essere nei poteri e nei doveri della Comunità Europea quello fare o indicare scelte non neutrali rispetto ai valori etici professati da suoi cittadini. Semmai il luogo deputato alla risoluzione di simili conflitti, ove sorgano, è quello dei singoli Stati.
Nei fatti, comunque ti ringrazio per aver portato alla mia attenzione questo report. Purtroppo esso non fa che rafforzare il mio senso di eurodelusione.
PS ho scoperto il tuo blog grazie al wall di Dario Bressanini su FB, su cui anche tu sei intervenuta.
Franco,
è un draft e come tale va preso. Sono indicazioni per avviare una discussione e credo sia questa la ragione della "collezione aneddotica".
Non capisco però bene la tua posizione - McCafferty o non McCafferty che, come dicevo, è un pretesto - e mi interesserebbe discuterne. Non solo esistono problemi per la IVG ma in generale il richiamo alla obiezione di coscienza spesso crea conflitti insanabili: da una parte il paziente che chiede, dall'altra il medico che rifiuta. Che facciamo?
A me sembra controverso anche che se io vado in un ospedale "religioso" (ma pubblico!) non possa accedere ad alcuni servizi non per ragioni mediche ma per ragioni di coscienza - religiosa o filosofica.
Mi interessa meno la questione rapporto Stati membri e CE in questo momento. Ma rifaccio la domanda: come risolviamo questo conflitto esplosivo e sempre più abusato (dalla pillola del giorno dopo agli antidolorifici; dai farmaci per le tecniche riproduttive all'assistenza a donne durante aborti tardivi)? Fare finta di niente non è una soluzione. Dare una risposta scontenterà qualcuno, ma possibile che per ora siano solo i pazienti a dover essere scontentati?
Sulle ragione delle IVG: su quale base stabiliamo se l'IVG deve essere legale oppure no? Le intenzioni delineano un terreno molto pericoloso. I motivi per interrompere una gravidanza possono essere molteplici e non è semplice condannare le IVG decise per ragioni non mediche come moralmente inammissibili - non so se è questa la tua posizione. Non le chiamerei sarcasticamente "contraccezione differita", mi sembra impreciso e indifferente alle diversità delle ragioni e delle donne che decidono per una IVG.
La questione deve essere discussa per bene, e a tal fine dobbiamo anche elencare le possibili alternative: gravidanza forzata? Illegalità delle IVG non fondate su ragioni mediche?
Spesso non abbiamo la soluzione ideale, ma alcune sono peggiori di altre.
L'obiezione di coscienza in campo medico è un tema controverso, ma non dimentichiamo che scegliere di essere medico comporta anche dei doveri che magari contrastano con le nostre credenze. Se non ci intendiamo su questo corriamo molti rischi. Perché il medico dovrebbe rispettare la mia volontà di interrompere una chiemioterapia che potrebbe salvarmi la vita? Perché il mio rifiuto di non tagliarmi la gamba anche se ne morirò? Continuo?
Francesco Sirio,
l'aborto terapeutico è una espressione imprecisa e ipocrita.
Leggere la legge 194 potrebbe essere d'aiuto.
Io non sono riuscito a leggerlo tutto, ma stralci. Mi pare che si ripeta abbastanza e quindi spero di non essermi perso troppo, per esempio per replicare a Francesco C., che dice:
"[La necessità di restringere l'obiezione agli individui, escludendone i soggetti istituzionali] mi pare [punto] decisamente controverso e discutibile, visto che in pratica potrebbe portare all'esclusione di gran parte degli ospedali retti da organizzazione religiose dai servizi medici di ordine ginecologico".
A me invece non pare. La premessa è che si riconosce il principio della libertà di coscienza, che tendenzialmente va tutelata quando possibile, da una parte; e il diritto alla salute in generale, alla salute procreativa in particolare e al rispetto di ciò che è garantito per legge, dall'altra parte. Mi sembra cristallino e privo di necessità di spiegazione il fatto che dire che la libertà di coscienza vada talvolta protetta non debba implicare che vada garantito il rispetto di un inesistente diritto di un soggetto istituzionale ad avere libertà di coscienza, da contrapporre al cittadino. Quale sarebbe esattamente la coscienza di un ospedale? Quale principio di diritto individuale (e di chi) alla libertà di coscienza non verrebbe rispettato, escludendo un organo collettivo dai privilegi del singolo?
Anzi, casomai se si riconoscesse la necessità di garantire ad un'intera istituzione di obiettare si starebbe di fatto affermando che non è la coscienza individuale che si sta proteggendo, o la si sta addirittura negando: si sta negando che il problema sia uno di coscienza.
Ovviamente, se non vi fosse un diritto contrapposto, quello della cittadina, queste considerazioni lascerebbero il tempo che trovano perché non consequenziali. Ma è proprio perché può esistere un diritto contrapposto che se da un lato si può dover tener conto della libertà di coscienza individuale di un medico, non altrettanto si può pretendere di fare in difesa di un organo collettivo, che non è provvisto di una sua coscienza propria.
Immaginiamo adesso il paradosso di un ginecologo che voglia farsi assumere in quella data struttura sanitaria di cui parli (mettiamo anche, se vogliamo, che non sia obiettore): cosa accadrebbe al momento della firma del contratto, che la sua coscienza convoglierebbe in quella coscienza collettiva immanente all'ospedale, tramutandolo in un obiettore?
Nemmeno la seconda deduzione mi sembra corretta: il documento parla semplicemente del fatto che la struttura non è tutelabile come il singolo individuo. Mi sembra anche che esso contempli il caso in cui in una data struttura, in un dato momento, non vi sia alcun medico in grado di prestare il servizio necessario richiesto. In questo caso viene invocato il ricorso obbligatorio ad una rapida informazione ed un dovere/obbligo ad un indirizzamento tempestivo dove la prestazione medica vada resa.
Anche in caso contrario, di un obbligo più restrittivo, a mio avviso l'ospedale religioso operante in convenzione col Pubblico comunque non perderebbe affatto la facoltà di prestare servizi di ginecologia, e nemmeno di ospitare medici obiettori: sarebbe meramente tenuto ad ospitare qualche "esterno" (la libertà di coscienza sarebbe salva e al massimo non sarebbe tutelata la estensione di coscienza, alle persone e alle cose).
(riprende)
"Io non credo che debba essere nei poteri e nei doveri della Comunità Europea quello fare o indicare scelte non neutrali rispetto ai valori etici professati da suoi cittadini".
Corretta o meno che si consideri l'argomentazione addotta, nel documento non si sta certamente imponendo valori etici alle nazioni, ma casomai si sta tendendo d'occhio il diritto di ogni cittadino di avere le cure mediche che la legge o gli stessi diritti umani gli garantiscono; che giustamente in qualunque stato moderno, che la Comunità incarna, non possono essere sovrascritti da estemporanei e aleatori gusti etici individuali o di gruppo.
"A mio avviso è scorretto conflare questi [tre] motivi [per scegliere di abortire] in un'unica materia etica, e una seria proposta di risoluzione dovrebbe saper ben distinguere fra questi ambiti"
Osservazione che meriterebbe un dibattito a parte. Ma mi sembra utile rilevare che è probabile che è proprio per la stragrande maggioranza degli obiettori che questa distinzione non esista.
Gli integralisti, tutti, sanno benissimo che l'UNICO RISULTATO PRATICO dei divieti e delle limitazioni imposte alla IVG, è l'aborto clandestino.
Lo sanno BENISSIMO, perchè è da sempre che, per i motivi più diversi, le donne hanno cercato di interrompere una gravidanza indesiderata. Un caso tipico è una moglie rimasta incinta dell'amante che non vuole rivelare al marito la tresca: vorrà abortire anche se il feto è sano, anche se potrebbe darlo in adizione, eccetera eccetera.
Cosa vogliono fare, metterla in cella in attesa del parto? Al problema IVG non c'è soluzione, tranne appunto, l'IVG medicalmente assistita. SE LO METTESSERO IN TESTA, PRIMA O POI. Per quanto riguarda l'Italia, sarebbe sufficiente consentire l'IVG nelle strutture private, a pagamento, e MIRACOLOSAMENTE il numero di obiettori si ridurrebbe DRASTICAMENTE. Probabilmente, anche negli ospedali cosiddetti religiosi! Eh, il soldo non ha problemi di coscienza.
Chiara,
intanto grazie per aver risposto al mio intervento.
E' la prima volta che discutiamo, per cui è inevitabile che ci siano dei malintesi fra noi.
La mia posizione sull'IVG è la seguente: sul piano etico la considero (come opinione personale) legittima nei casi in cui la salute della donna è a rischio serio, ma anche, con limitazioni temporali, nei casi che ho denominato "contraccezione differita" (solo per mancanza di un miglior termine, senza sarcasmo!) Nel caso di malformazioni del feto invece propendo in generale per l'illiceità etica. Comunque vedo una grande differenza fra le regioni mediche dell'IVG (quelle del primo tipo) e quelle sociali (cioè quelle degli altri due tipi).
Sul piano pratico, vista anche la difficoltà di ben distinguere la casistica di cui sopra, mi esprimo dicendo che la 194 è per me una buon legge. Migliorabile, ma fondamentalmente buona.
Le mie obiezioni al draft (e con questo spero anche di rispondere all'intervento di Paolo De Gregorio) hanno invece un'altra origine, e cioè nell'attribuzione a un organo sovranazionale del potere di intervenire in questioni dove esiste un pluralismo etico. Se il draft si fosse occupato solo dell'aborto dovuto a ragioni mediche, qualità del draft stesso a parte, non avrei avuto obiezioni. Personalmente mi spingerei anche più in là, perché ritengo che vi siano buone ragioni, sia etiche sia pratiche, per vietare l'obiezione di coscienza quando la vita della donna o la sua salute permanente sono a serio rischio.
Poi, Chiara, tu mi poni una serie di domande interessanti, ma di cui il draft non si occupa, e cioè che fare della pillola del giorno dopo, degli antidolorifici, eccetera. Per me la risposta sul piano pratico è semplice: salvo che nelle materie di radice medica prevalente, è materia degli Stati membri, non della CE, anche perché ritengo che a livello europeo un minimo di pluralismo etico vada rispettato. Se poi tutto questo porterà a del "turismo assistenziale", la cosa mi sembra il male minore.
Concludo rispondendo all'ultima tua domanda: il medico deve rispettare la mia volontà di interrompere una chemioterapia perché c'è una differenza fra intervento e non-intervento. La ragione, se vuoi, è la stessa per la quale io devo rispettare il suo diritto all'obiezione nell'IGV sociale. In fondo, il medico è un tecnico, sia pur dotato di un'etica e di una deontologia speciali. La scelta della cura (o della non-cura) non spettano a lui.
So bene che questa risposta non risolve il problema nelle sue accezioni più generali, ma nessun problema può essere risolto se non lo si riduce prima in termini più semplici, e una precisa delimitazione del ruolo del medico nelle cure mi pare un passo fondamentale per effettuare scelte etiche in materia.
Se vuoi continuare, vai!
Paolo,
in un certo senso hai ragione quando parli di improponibilità dell'obiezione di coscienza per le organizzazioni. Avrei dovuto essere più preciso nel linguaggio ed evitare di ricorrere a una terminologia impropria. In effetti la mia era una critica al draft, che dà per implicitamente riconosciuto che di tale obiezione si possa parlare anche per le organizzazioni.
Tuttavia la sostanza della mia obiezione, se correttamente riformulata, rimane: non credo che sia opportuno né tantomeno necessario che gli ospedali siano obbligati a fornire servizi per bisogni non strettamente medici. La legge dovrebbe regolarne la facoltà, ma non imporre obblighi. E' corretto non tirare in ballo l'obiezione di coscienza, ma gli ospedali e le cliniche hanno sia il diritto all'autonomia di gestione, sia quello di darsi un charter: se lo stato ritiene imperativo (come anche a mio avviso deve fare) che l'IVG per motivi sociali sia possibile, deve farlo senza obbligare i privati a concorrere.
Temo però che fra noi ci sia una ragione di dissenso più grave quando scrivi
[i diritti] che la Comunità incarna, non possono essere sovrascritti da estemporanei e aleatori gusti etici individuali o di gruppo
perché trovo assolutamente non corretto parlare di "gusti etici" o di "etica estemporanea". Non voglio elaborare ulteriormente, ma Gusto ed Etica sono a mio avviso cose assolutamente diverse, e ridurre l'una all'altro è una strada sulla quale non mi sento affatto di seguirti.
@ Franco C.
Innanzitutto mi scuso per aver sbagliato il nome in precedenza.
Sulla questione di istituti privati, potrei essere d'accordo. Ma il discorso da parte mia si riferisce a quelli che operano sotto l'egida del Pubblico: in questo caso si deve riconoscere che esiste una legge e io trovo discutibile che una struttura pubblica affermi di sé che lì la legge non abbia mai compimento per quel che riguarda un suo dato articolo.
Torno anche per un attimo sulla questione dei tre motivi per abortire del tuo messaggio originale, perché in parte qui mi si ricollega. La questione credo che sia rilevare se una cosa è garantita per legge o meno. Per esempio in Irlanda l'unico caso in cui l'aborto è consentito è se ricade nel primo motivo, e strettamente se si parla di rischio imminente per la salute fisica della donna (e non psichica). Qui non credo che si voglia imporre che l'obbligo vada esteso ai tre tipi di aborto, ma solo che esso vada reso esecutivo ed accessibile per la cittadina che si trovi nella condizione, necessità, se non urgenza di fare l'intervento, strettamente ma inderogabilmente nei casi in cui la legge lo prevede.
Se io per legge ho diritto a che si tenti di salvarmi la vita non posso certo accettare pacificamente che un medico testimone di Geova mi lasci morire perché la sua libertà di coscienza prevale sul mio diritto. Nondimeno questo non obbliga certo al clinica privata di chirurgia estetica a salvarmi la vita. Né obbliga il medico di cui sopra a fare quel lavoro proprio dove lo fa.
Da notare che qui c'è un punto di fondo: se io devo ricevere un servizio, e so che dal tabaccaio non lo trovo, vado nell'ospedale pubblico e non dal tabaccaio, perché so che per legge quel servizio mi spetta lì. Ma quando mi reco in ospedale non posso trovarmi di fronte alla sorpresa che tanto valeva che andassi dal tabaccaio, perché tanto era la stessa cosa.
Per quel che riguarda il "gusto" estetico; so che qualche volta uso per amor di dialettica un linguaggio esasperato, ma il punto credo che rimanga: io tengo in altissima considerazione la morale e l'etica (e non ho bisogno della maiuscole), tuttavia sarei un ingenuo a sostenere che esse siano fisse nel tempo e quindi oggettive nello spazio. Anche per questo, oltre che per un generale riconoscimento di una fortissima componente individuale in queste materie, il concetto di Stato etico è stato, per me giustamente, superato. Il cittadino testimone di Geova non potrà mai venire obbligato a subire o a farmi una trasfusione di sangue, ma se io sto morendo e quel tale è di guardia all'ospedale non può certo prevalere l'etica su tutto. In soldoni stavo semplicemente tentando di dire questo: che le mie preferenze etiche non possono cancellare il diritto di un altro o annullare quello che la legge prevede che gli competa. Se l'etica individuale prevale sulla legge, e colui che risponde alla prima è libero di non rendere operativa una legge (la struttura pubblica?) senza conseguenza, allora vuole dire che la legge è derogabile quando cozzi con l'etica personale di qualcuno.
Franco C.,
scusami ma c'è un aspetto che non capisco: tu dici che se (A) abortisco per ragioni qualsiasi entro un certo tempo (teniamo i 90 giorni della legge 194) va bene ma se (B) entro quello stesso tempo lo faccio perché l'embrione è affetto da una patologia non andrebbe bene?
Anche per me la 194 è una legge che può andare (e andrebbe ancora meglio se fosse applicata, penso soprattutto all'articolo 9).
A me interessa discutere delle questioni più che del draft (come ho già detto) o di come regolare i rapporti tra i singoli Stati e la Comunità europea. Non credo però che il draft andasse contro il pluralismo, anzi al contrario intendeva stabilire dei doveri professionali e medici per garantire alle persone - i pazienti - di poter scegliere secondo le proprie idee.
La differenza tra intervento e non intervento è solo psicologica (e a volte giuridica) ma non morale. Non ci si può nascondere dietro a tale presunta distinzione (vedi Rachels su eutanasia attiva e passiva).
Sono abbastanza d'accordo con quanto scrive Paolo. Gli esempi su testimoni di Geova sono puntuali e sollevano il tappeto mostrando la polvere.
Come pensate di risolvere la quetione?
Chiara,
vorrei essere sicuro di qual è il punto quando scrivi:
...scusami ma c'è un aspetto che non capisco: tu dici che se (A) abortisco per ragioni qualsiasi entro un certo tempo (teniamo i 90 giorni della legge 194) va bene ma se (B) entro quello stesso tempo lo faccio perché l'embrione è affetto da una patologia non andrebbe bene?
Che cosa vuol dire "non andrebbe bene?" Ti riferisci alla legge o alla morale? Per la prima non vedo problemi, per la seconda sì, anche se poi la cosa dipende pure dalla patologia del feto.
Poi prendo atto che non ti interessa molto affrontare il rapporto fra Stati e CE in merito alle questioni bioetiche, ma va bene così: oramai su questo punto ci siamo spiegati.
So anche che la distinzione fra intervento e non intervento è controversa. Se vuoi possiamo discuterne, ma si andrebbe lontano.
Nel mio post, tuttavia, mi riferivo a un caso particolare, è cioè alla situazione da te esposta che lasciava intendere che eravamo in presenza di pazienti in grado di decidere da sé. Qui la loro capacità di autonomia mi pare che autorizzi la mia distinzione.
Quanto alla polvere e ai tappeti, direi che è tanta e non tutta sotto i tappeti degli altri. Caso per caso ci sono anche risposte semplici, è il cucirle assieme in una trama unica a presentare dei problemi.
Prima di pronunciarmi mi piacerebbe sapere che cosa ne pensi tu.
Ho letto ora un articolo su "Avvenire" in cui si afferma che ieri il Consiglio d'Europa ha ribadito la libertà all'obiezione di coscienza in ogni sua forma.
E' così?
Ciò significa che in futuro sarà lecito per un medico obiettore, ad esempio, rifiutare l'epidurale a una donna che si sottopone ad aborto "terapeutico" ?
Grazie a chi mi aiuterà a comprendere meglio i termini della questione.
Marina
Marina: si tratta di una risoluzione dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che ha solo il valore di un'esortazione (a differenza delle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che sono invece vincolanti). Non mi preoccuperei molto.
Detto così è un po' fuorviante. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo può costringere un Stato a risarcire il ricorrente (e solo lui) per i suoi diritti violati, ma non ha nessun potere di far cambiare la legge. Questo spetta alla Corte Costituzionale dello Stato in questione, che può anche pensarla diversamente.
Cosa che peraltro è avvenuta anche per l'Italia, se ricordate, con la questione dei crocifissi nelle aule scolastiche.
Franco C. : mai detto che possono far cambiare la legge (anche se, come si vede dagli ultimissimi avvenimenti, della cosa si discute). "Vincolanti" nel senso che le sentenze devono essere applicate.
Certo, ma mi sembrava che il tuo intervento si prestasse a essere male interpretato.
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