venerdì 25 aprile 2008

La legge 40 e la diagnosi genetica di preimpianto – la storia di Silvia e Fabio Callegari

“Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico”.
Questo afferma l’articolo 4 della legge 40 (Accesso alle tecniche). E l’articolo successivo (Requisiti soggettivi) aggiunge: “Restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.
La legge 40 impone requisiti e divieti che ledono i diritti fondamentali dei cittadini riguardo alla salute e alla riproduzione. Alcune persone sono escluse del tutto perché non sterili, ma “solo” affette o portatrici di una malattia genetica o virale. Queste persone potrebbero evitare il rischio di contagiare il nascituro (nel caso di patologie virali anche il partner) se i criteri di accesso alle tecniche non fossero tanto restrittivi e se fosse permesso effettuare la diagnosi genetica di preimpianto. Altre sono costrette a subire trattamenti evitabili (come il ripetersi dei cicli di stimolazione ormonale e il prelievo chirurgico degli ovociti, conseguenza del divieto di produrre più di 3 embrioni per ogni tentativo e del divieto di crioconservarli). Per tutti la legge 40 significa spesso inasprire un problema di salute invece di risolverlo.

Silvia e Fabio Callegari hanno avuto un figlio il 5 agosto 2007. Il piccolo Pietro è morto il 22 gennaio 2008: non aveva ancora compiuto 6 mesi. Pietro soffriva di una malattia genetica rara e incurabile: l’atrofia spinale muscolare di tipo 1 (SMA 1). Malattia incurabile, la Sma colpisce le cellule nervose delle corna anteriori del midollo spinale (che contengono motoneuroni da cui partono i nervi diretti ai muscoli e che trasmettono i segnali motori). Pietro soffriva della forma più grave, con esordio precoce e breve sopravvivenza.
Silvia e Fabio sono portatori sani: ogni gravidanza comporta un rischio pari al 25% di probabilità di trasmettere la malattia al nascituro.
Fabio e Silvia vogliono un altro figlio; per non rischiare di far nascere un altro bambino malato e destinato a morire avrebbero bisogno di effettuare la diagnosi genetica di preimpianto. Hanno deciso di rendere pubblica la loro drammatica storia per chiedere al Ministro della Salute – per loro e per tutti quelli che vivono situazioni analoghe – l’aggiornamento delle Linee Guida, scadute nel luglio passato, e la conferma della possibilità di ricorrere alla diagnosi genetica di preimpianto.
Nel gennaio del 2008, infatti, una sentenza del Tar Lazio ha annullato il divieto esplicito presente solo nelle Linee Guida e non nella legge 40, ma in Italia continua ad essere impossibile effettuare la diagnosi genetica di preimpianto (“In via conclusiva il Collegio ritiene di dover: 1) accogliere in parte il ricorso relativamente al sesto motivo di gravame e per l’effetto annullare la disposizione delle Linee Guida in materia di procreazione medicalmente assistita approvate con D.M. 21 luglio 2004 nella parte riguardante le Misure di Tutela dell’embrione laddove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale. 2) sospendere il giudizio e rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 19 febbraio 2004, per contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione”).
Il divieto di effettuare la diagnosi genetica di preimpianto risulta difficilmente comprensibile se si pensa che le indagini prenatali sono permesse. La diagnosi di preimpianto offrirebbe la possibilità di conoscere lo stato di salute dell’embrione prima che questo sia impiantato – offrendo quindi la possibilità di non avviare una gravidanza invece di interromperla in seguito ad indagine prenatale con esito infausto. Oltre a costituire un vantaggio per le donne che eviterebbero di sottoporsi ad un aborto terapeutico (rischioso per la salute e possibile motivo di sofferenza psichica), il non impianto riguarderebbe embrioni di pochi giorni invece che feti di alcune settimane, quando cioè lo sviluppo embrionale è in una fase molto più avanzata. Ulteriore elemento di sorpresa riguarda la possibilità, sancita dalla legge 40, di effettuare la diagnosi osservazionale prima dell’impianto: usando un microscopio che può riscontrare anomalie morfologiche. Perché l’indagine osservazionale è permessa e quella genetica no? Pur essendo strumenti di indagine analoghi (si effettuano per conoscere lo stato di salute dell’embrione e offrono alla donna la possibilità di scegliere di non impiantare un embrione affetto da una qualche patologia, patologia che sarebbe possibile riscontrare a gravidanza avviata e che posticiperebbe la conoscenza e la conseguente decisione di interrompere lo sviluppo di un embrione malato) la prima è permessa e la seconda è condannata moralmente e vietata dalla Linee Guida. Impossibile trovare una risposta sensata e razionale. La scelta e la responsabilità riguardo alla riproduzione è amputata e fortemente ristretta.
Silvia e Fabio sottolineano anche altri aspetti crudeli della legge 40, come il divieto di crioconservazione degli embrioni e il divieto della fecondazione eterologa, e chiedono di rivedere interamente la legge 40. Perché gli effetti di discriminazione sono profondi e inammissibili. Perché chi ha la possibilità di pagare sceglie di andare in un altro Paese: è quello che viene chiamato “turismo procreativo” ma che è un ripiego doloroso e difficile. L’affermazione di una ideologia e di una visione morale, incerta e discutibile, che considera l’embrione una persona è stata giudicata più importante della possibilità di avere un figlio e della garanzia della salute dei cittadini. Di migliaia di cittadini. Che devono affrontare anche il senso di vergogna, ancora tanto diffuso, che deriva dalla sterilità o da quelle malattie che richiederebbe il ricorso alle tecniche riproduttive.
Silvia e Fabio hanno creato un blog per raccontare la loro storia e offrire informazioni: legge 40 toccala.


(LibMagazine, 24 aprile 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

OT

Ciao, ho cambiato indirizzo del blog. Potresti aggiornare il link? Grazie. ;)

http://fabristol.wordpress.com/