giovedì 15 gennaio 2009

Claudia Mancina su Rachida Dati

Su Il Riformista di ieri. Niente da aggiungere da parte mia. Solo un ringraziamento a Claudia Mancina.

Non si placano le polemiche su Rachida Dati, la ministra francese della giustizia, comparsa al consiglio dei ministri solo cinque giorni dopo il parto. Accusata di tutto: di inadeguatezza materna, di presenzialismo eccessivo, di bieco attaccamento al potere, e infine anche di nuocere alle donne, perché con il suo precoce ritorno al lavoro metterebbe in discussione il congedo di maternità! Perfino l’unica che si è messa fuori dal coro, Ségolène Royal, lo ha fatto più per attaccare Sarkozy che per difendere lei. E gli stessi media che poche settimane fa osannavano Sarah Palin perché riuniva in sé le caratteristiche della mamma e della politica, hanno tirato la croce addosso a una donna che sta tentando di fare proprio la stessa cosa.
Troppo zelo, veramente. I ruoli di grande potere, come quello di ministro o di manager, sono ruoli privilegiati ma insieme anche caratterizzati da un servizio illimitato: richiedono la disponibilità piena del proprio tempo, al di là di qualunque regola amministrativa o sindacale. Nessuno ha mai rimproverato a un ministro (maschio) di svalutare il diritto dei lavoratori al riposo se lavora la domenica o durante le vacanze, come spesso avviene. Solo una contenuta ammirazione ha accolto i non pochi ministri (maschi) che sono tornati al lavoro dopo poche ore da un non grave intervento chirurgico. Ma la partecipazione della Dati al consiglio dei ministri scandalizza, perché viene letta come una sottrazione al comune destino delle donne, che si presume segnato dalla debolezza.
Forse la vera colpa di Rachida Dati è di essere bella, elegante, e di aver allegramente partorito una figlia senza dichiararne il padre. Sarah Palin era più rassicurante, perché comunque le sue attività erano svolte sotto l’egida protettiva del marito e nell’ambito di una visione ipertradizionalista della famiglia. La ministra francese, così cone quella spagnola, che qualche mese fa scandalizzò andando a visitare le truppe col pancione, e oggi si è attirata nuove critiche perché si è rifiutata di andare a una cerimonia delle forze armate in abito lungo, trasmette un’immagine di donna forte che non trae la sua forza dalla maternità, ma nello stesso tempo non rinuncia alla maternità. Forse è proprio questo il punto. Come la governatrice dell’Alaska, le due ministre tengono insieme il ruolo di donna in carriera con quello di madre, ma li articolano in modo molto diverso da lei. In questo caso la maternità non è fonte di identità sociale, ma un elemento, per quanto importante, della costruzione della propria vita. Costruire la propria vita è proprio ciò che non si perdona alle donne, soprattutto quando raggiungono livelli alti. Ma l’assurdo è che sono le stesse donne a non perdonarlo alle loro simili.
Accade così che nella critica alla Dati, come ieri nella critica a Carmen Chacon, convergano due motivazioni molto diverse. Da un lato c’è il tradizionalismo ottuso di chi a fatica sopporta di vedere una donna nei luoghi e con i simboli del potere, e quindi è turbato dal fatto che questa donna, invece di rimuovere, nascondere, o meglio ancora sopprimere, la sua fisicità femminile, la esibisca tranquillamente: riassumendo il suo ruolo pubblico subito dopo il parto, e addirittura con i tacchi a spillo!, Rachida Dati ha fatto uno sberleffo a quanti vedono nella gravidanza e nel parto eventi limitanti, un doveroso handicap per le carriere femminili. Ha detto: io sono qui, e non mi metterete da parte perché sono una debole donna. Dall’altro lato c’è il bigottismo femminista-socialista, che in nome di un pensiero ortodosso e di un perbenismo egualitarista non perdona a una donna di sottrarsi all’aura vittimista che si presume propria della condizione femminile. In realtà non le perdona di essere una donna forte, indipendente, e di non voler pagare tutto questo col sacrificio del suo normale desiderio di maternità. Anche a questo bigottismo Rachida ha fatto uno sberleffo, mostrandosi come una donna che non ha bisogno delle (preziose) tutele previste per le donne. Ha detto: le tutele sono una difesa e un’opportunità, non un vincolo. Pensarle come un vincolo, anche nel caso di lavori “speciali” come quello di ministro, significa umiliare l’ambizione femminile.
Non sappiamo se le due ministre saranno delle buone madri. Speriamo di sì, per il bene dei loro piccoli, ma non è una cosa rilevante per il giudizio da dare di loro come ministre (del resto è ben noto che non basta stare a casa con i figli per essere buone madri). Intanto la loro presenza lì, sul palcoscenico del potere, con il loro corpo di donne e di madri è un vero evento simbolico, con buona pace dei bigotti e delle bigotte di destra e di sinistra.

15 commenti:

Luca Massaro ha detto...

Troppa retorica in questo articolo. Ripeto, come ho fatto altrove, che Rachida Dati può tornare al "lavoro" proprio perché ministro: se fosse stata una donna lavoratrice qualsiasi non l'avrebbe fatto, per il semplice motivo che accudire il proprio figlio richiede tempo, sforzo, aiuto, fatica mentale e fisica. Rachida Dati si alza e al mattino e, quasi sicuramente, troverà la colazione pronta, non dovrà fare la spesa, fare lo coda dal pediatra per le visite di prassi, preparare pappe, cambiare pannolini eccetera. Conoscete qualche ministro, maschio o femmina che sia, che deve svolgere delle semplici "faccende" quotidiane? No, c'è sempre qualcuno che le svolge per lui. Noi tutti saremmo capaci di "lavorare" diciotto ore al giorno a queste condizioni. Più due per dormire. Più quattro per fare l'amore.

Anonimo ha detto...

Ecco quello che piace ai tanti rimbambiti come quelli che scrivono (o leggono) il riformista: osservare il palcoscenico del potere. Lo dice verso la fine dell'articolo l'autrice. Proprio tutto il contrario di quello che bisognerebbe fare: ignorarli, non votarli, tirargli le uova marce.
antimoderno

Unknown ha detto...

La retorica è quella populista del "hanno la pappa pronta, nessun merito". Siamo strabordanti di politici incompetenti, assenteisti, corrotti... quando se ne trova uno attaccato all'impegno che ha preso (l'incarico istituzionale) perchè dovremmo ignorarlo?

E poi, cosa c'è di male nell'utilizzare servizi per semplificare la propria vita? Pagare una colf è immorale? I guadagni è giusto spenderli in automobili e viaggi (spreco colossale di risorse) e non in personale d'assistenza (retribuzione del lavoro)?

A me francamente fa solo piacere che persone con simili responsabilità usino i loro redditi per essere più efficienti nel loro lavoro, piuttosto che usarli per gozzovigliare. Oh ma forse il popolino preferirebbe che l'amministratore delegato di un'azienda passasse le giornate a imbustare la sua corrispondenza, che avere segretarie o uffici stampa è troppo facile.


Il plauso alla Dati è per la forza di volontà con cui sta mantenendo l'impegno preso e per essere riuscita a rimettersi in sesto dopo così poco tempo dal parto - che non è mai una passeggiata, vorrei ricordare. Non è che pagando si possano delegare maldischiena e ribaltamenti ormonali ad altri.

In ogni caso, l'articolo della Mancina era per stigmatizzare le critiche senza senso, non per fare apologia. Ma evidentemente il maschilismo ha radici profonde.

Luca Massaro ha detto...

Egregio Den, forse mi sono espresso male. Io non reputo affatto immorale che Rachida Dati abbia ripreso il suo incarico. Volevo solo sottolineare che questo evento è per me un falso problema sia per chi lo considera una cosa negativa (le vetero-femministe) sia per chi invece ne vede una forma di emancipazione (le femministe post-moderne). Infine, non mi sento affatto populista nel constatare questa differenza, questo discrimine tra i "privilegi" di chi, come Rachida Dati, può permettersi certe cose e chi no. Per capirsi: per me se Rachida Dati è divenuta un ministro della Repubblica Francese è perché lo meritava grazie alla sua intelligenza e alla sua forza di volontà. Questo vale per chiunque ricopra posizioni da "classe dirigente" vuoi per merito e/o per fortuna.
P.S.
Il finale del mio precedente post voleva ironizzare sulle doti stakanoviste del nostro presidente del consiglio; mi scuso se ho usato il plurale maiestatis "Noi", ma fo parte di'ppopolino e a volte dimentico che il mio secondo nome è Legione.

Galatea ha detto...

Personamente, e da donna, sono contenta che da Dati sia tornata al lavoro subito dopo il parto: se se la sente fisicamente, non vedo perché non avrebbe dovuto farlo. Non credo che questo faccia di lei una pessima madre, o una madre così così. Non credo che questo sia uno "schiaffo" morale
alle altre donne, che magari si prendono un periodo più lungo di congedo. Ogni fisico fa caso a sè: c'è chi resta a letto una settimana per un raffreddore, altri che sono in piedi due ore dopo un'operazione complicatissima.
Trovo abbastanza normale che una donna ricca possa permettersi una colf e una bambinaia, ma non mi scandalizza, perché conosco donne che non lavorano, ma i figli li affidano comunque a baby sitter, magari per andare a fare shopping.
Non ho capito perché dovrei giudicare la Dati per il modo in cui gestisce la sua vita privata, famiglia compresa: sono fatti suoi. Mi pare comunque una donna tosta, che se ne strasbatte delle critiche. Meno male.

xxx ha detto...

uomini che si esprimono sulle conseguenze di un parto.
rido per non piangere.
capisco che per voi è più importante antropologicamente trasmettere il vostro PREZIOSO patrimonio genetico, ma ci sono sovrastrutture che dovrebbero (dovrebbero) avervi emancipati.
grande galatea ;-)

xxx ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Luca Massaro ha detto...

Gentile Klingsoror, l'omo che s'è espresso sulle conseguenze del parto è putacaso babbo di du' figliole, che ha visto sbucar fòri dalla sala parto, non dico patendo fisicamente come la su' moglie, ma quasi; che le ha accudite fin da subito e che gli è stato dietro con pappe, pannolini, et similia grazie al fatto di esser stato, per un certo periodo, un precario del lavoro. Quindi, sia pur essendo omo, mi par di saperne qualcosa; mica tanto, no, ma abbastanza per non esser accusato né di maschilismo, né di populismo.

Anonimo ha detto...

Senza la comunicazione di un amico non avrei visto questo articolo, perchè non leggo Il riformista.Sarebbe stato unn peccato, perchè ne condivido gran parte.

xxx ha detto...

chiedo scusa a Luca, il commento voleva solo essere ironico ;-).
Io penso altresì che sia ora di considerare il fatto che le donne possano emanciparsi dalla mistica della maternità, così come gli uomini possano assorbirla facendola diventare mistica della paternità ;-)

Giacomo Brunoro ha detto...

A me sembra un articolo molto retorico. Un po' come quando in tv sento magnificare le lodi di Ambra Angiolini che non rinuncia ad essere mamma pur continuando a lavorare. Non ci si rende conto cioè di quali esigenze ha una persona normale e di quali libertà di scelta invece può godere chi ha determinate disponibilità economiche. Tutto qui. La Dati fa quello che fa innanzitutto perché se lo può permettere. Tante donne (soprattutto in Italia) non possono permettersi neppure di avere un figlio perché questo significherebbe perdere automaticamente il lavoro. Quindi di cosa stiamo parlando?
Che poi la Dati faccia delle scelte ci sta e trovo ridicolo ed inutile andare a guardare in casa sua, purché non mi si venga a fare la morale su cose che non esistono.

paniscus ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
paniscus ha detto...

Non voglio (ri)entrare nel merito del giudizio sul caso specifico, su cui mi ero già espressa.

Solo due parole sull'articolo, che trovo rispettabile e in parte condivisibile, ma che ha qualche punto che mi stride proprio.

Per esempio, questo:

"il tradizionalismo ottuso di chi (...) è turbato dal fatto che questa donna, invece di rimuovere, nascondere, o meglio ancora sopprimere, la sua fisicità femminile, la esibisca tranquillamente: riassumendo il suo ruolo pubblico subito dopo il parto, e addirittura con i tacchi a spillo!"

Ecco, da madre di due figli, e da donna che ritiene di avere un rapporto sereno e rilassato con il proprio corpo, mi chiedo per quale motivo 'sta famosa "fisicità femminile" (quella bella, trionfante, attraente, e vista giustamente come positiva) debba essere posta in CONTRASTO con i segni visibili della maternità, e addirittura finisca con l'essere identificata con la mancanza totale di questi segni. Ossia, meno si nota che sei (anche) mamma, e più sei considerata femmina.

Come a dire che essere appesantite da una gravidanza non è femminile, allattare non è femminile, portarsi dietro un po' di segni fisici del parto non è femminile, avere addosso qualsiasi traccia, fisica o psicologica, che faccia notare che sei ANCHE mamma, sminuirebbe l'essenza di femmina.

Lasciamo perdere le questioni culturali e sociali di suddivisione dei compiti di accudimento, parlo proprio di fisicità e di biologia. La maternità, che piaccia o no, è cosa MOLTO femminile, ma altro che...

Ossia, a me non quadra per niente 'sta cosa che "una mamma non è femminile", e che tanto più riesce ad essere femminile quanto più la maternità non si vede.

La femmina ideale dovrebbe essere quella la cui maternità si nota il meno possibile, e si può benissimo far finta che non ci sia.

In che modo questo rappresenterebbe un'espressione positiva della "fisicità femminile", o addirittura il trionfo di una donna che "NON LA SOPPRIME" , proprio non arrivo a capirlo.

saluti
Lisa

Giacomo Brunoro ha detto...

@Lisa
hai perfettamente ragione: personalmente trovo che le donne incinta siano bellissime, al massimo della femminilità. Una donna incinta è radiosa. Semplicemente bella.

Anonimo ha detto...

Anche Tizpi Livni è una donna forte, massacratrice di palestinesi....anche Oriana Fallaci, altra donna forte che incitava al sangue, alla guerra....quanto so' belle le donne forti....
Antimoderno