venerdì 16 gennaio 2009

Stato vegetativo, nutrizione artificiale, prematuri estremi: fra evidenze scientifiche e contaminazioni ideologiche della scienza

Questo è il titolo di una lettera che andrebbe letta con attenzione e riletta tutte le volte che si blatera su tali argomenti. Incollo soltanto le prime righe. Per intero si trova qui. (Per le note presenti in questa prima parte rimando al link.)

Come è noto, la Corte di Cassazione ha recentemente riconosciuto il diritto di poter sospendere nutrizione e idratazione artificiali (NA) in un paziente in Stato Vegetativo (SV) del quale era stata comprovata una chiara volontà in tal senso (1).
Nel nostro paese, contrariamente a ciò che succede nel mondo (2-8), un documento del Comitato Nazionale di Bioetica del 30.12.2005 (9), peraltro approvato nonostante 13 autorevoli “dissenting opinions”, mette in dubbio che la NA nello SV possa essere considerata “atto medico”, in pieno contrasto con quanto stabilito dalle Società Scientifiche che si occupano di NA (10-12) e cioè che:

a) la NA richiede competenze medico-farmaceutiche ed infermieristiche specializzate (valutazione dei fabbisogni, scelta della miscela nutrizionale e della via di somministrazione, monitoraggio dell’efficacia, prevenzione e gestione delle complicanze) (13);

b) per disposizioni regionali l’erogazione della NA deve essere svolta da “team nutrizionali” (medici, farmacisti, infermieri operanti in ospedale e sul territorio) (14).
In linea con queste ultime considerazioni, la Corte di Cassazione ha affermato che “non vi è dubbio che l’alimentazione e l’idratazione artificiale con sondino nasogastrico costituiscono trattamento sanitario” (15).

Ci preoccupa poi il contenuto di un “Glossario” redatto per chiarire il significato della terminologia (16) riguardante lo SV e la sua reversibilità, prodotto dal Gruppo di Lavoro “Stato vegetativo e stato di minima coscienza” (GdL) costituito il 24.10.2008 presso il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali.

Che cosa si sa oggi circa la reversibilità dello SV? Sappiamo che si possono considerare potenzialmente reversibili gli SV che durano per tempi inferiori alle soglie individuate nel documento della Task Force on SVP del 1994 (17-18) in quello del Royal Medical College di Londra del 2003 (19) e nel documento sugli SV post-anossici dell’American Academy of Neurology del 2006 (20) (un anno per gli SV post-traumatici, sei mesi per i non traumatici) considerati ancora oggi, dalla letteratura internazionale, come i documenti di riferimento.
Che la valutazione prognostica debba poi essere prudente e fatta caso per caso è assolutamente evidente ed anche il documento più antico (Task Force on SVP – 1994) riconosceva che le soglie temporali proposte avevano carattere probabilistico e non di assoluta certezza. Proprio da quest’ultimo fatto, gli estensori del Glossario traggono la conclusione che “è pertanto assurdo poter parlare di certezza di irreversibilità”.
Essi dimenticano così che la natura epistemologica della medicina fa sì che le decisioni sull’appropriatezza clinica debbano ancorarsi al grado più alto di minore incertezza e che la probabilità di un esito, acquisibile dalle evidenze scientifiche, non ne costituisce il reale valore, che invece solo il soggetto interessato gli può attribuire. Peraltro, gli estensori del Glossario, a sostegno delle loro tesi, citano ampiamente un singolo articolo, firmato da un singolo Autore, N.D. Zasler (21), che si limita a descrivere la storia dei termini con cui lo SV è stato designato nel tempo senza aggiungere alcuna nuova evidenza scientifica.
Un altro esempio di contrapposizione fra acquisizioni scientifiche e pronunciamenti istituzionali è offerto dal caso dei nati estremamente prematuri.
(Continua.)

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