Su Avvenire del 5 aprile è comparso un articolo a firma di Davide Rondoni («La causa disperata di un Pannella violento»), in cui si imputa al leader radicale di non credere alla sacralità della vita, ma anzi di considerarla un «feticismo immondo», praticato da coloro che «si accaniscono ad esempio a pensare al bambino in pancia alla madre come a un vivo». L’autore commenta:
Io non so da dove venga questa voglia di distruggere (perché anche una parola distrugge), di deridere il sentimento di rispetto e di devozione che fa cambiare vita a tante madri, che le muove nella fatica di fare figli, di servirli, di crescerli... Da quale serbatoio o cloaca di livore viene questa ansia di offendere un comune sentire e proprio nei giorni in cui la violenza demente su un bambino ha fatto pianger la sua vita – da parte dei genitori come di tanti e anche del presidente Ciampi – appunto come sacra? Da che fosso viene questo odio per un sentimento d’amore?e prosegue poi in un crescendo di invettive, che tradiscono una violenza almeno pari a quella che si imputa a Pannella.
Non spetta a me difendere il leader radicale; e tuttavia è del tutto palese – perfino dalle parole che Rondoni gli attribuisce! – che Pannella pensava e parlava della mera vita biologica (come quella di un embrione, appunto), e non della vita personale (come quella di un bambino). Naturalmente il giornalista di Avvenire riterrà in qualche modo che la vita personale caratterizzi anche l’embrione appena formato; ma uno sforzo per capire chi la pensa in modo differente non avrebbe dovuto essere del tutto al di là delle sue capacità.
E poi, è così sicuro Rondoni che il «senso sacro dell’esistenza» (sia pure l’esistenza personale) e la «reverenza verso qualcosa di più grande di sé» siano la stessa cosa dell’amore di una madre per il proprio bambino (a meno di non intenderli come banali metafore)?
Nessun commento:
Posta un commento