giovedì 20 aprile 2006

L’aborto è un omicidio per legittima difesa

Andrea A. Galli intervista il ginecologo Giorgio Pardi («Non sono credente, ma amo ogni nuova vita», Avvenire, 20 aprile 2006).

Vede, io non sono credente ma amo la vita e per me un aborto – l’ho detto centomila volte – è un omicidio fatto per legittima difesa della donna.
Come diceva qualcuno, le parole sono importanti. Dal Dizionario della lingua italiana: o|mi|cì|dio: uccisione di una o più persone.
E sempre qui torniamo: quali sono le condizioni necessarie per essere una persona? Secondo Pardi l’embrione è già una persona (entro i 90 giorni). Sì, ma perché? Accogliendo quale definizione di persona? Nessuna risposta.
La cultura di oggi ha fatto sì che la donna quando si sente dire “tu sei fatta per procreare”, che è la pura verità biologica, anziché esserne gratificata si sente quasi offesa.
Calma. Forse sarebbe più verosimile che l’offesa occorra all’epiteto “tu sei fatta solo per procreare”. La verità biologica, d’altra parte, non dovrebbe avere accezioni positive o negative. È il significato che le attribuiamo, è l’intento con cui diciamo “è così per natura”.
Ma passiamo al cosiddetto aborto terapeutico (dopo i 90 giorni).
Anche qui non si può non far riferimento a un problema culturale e sociale. Abbiamo creato la cultura del feto perfetto: la donna vuole, esige un feto perfetto e rifiuta il benché minimo grado di imperfezione.
La donna fa sempre una domanda: se io non abortisco come sarà questo bambino a dieci anni? La capacità di rispondere a interrogativi come questo è un’operazione medica molto difficile.
Più che difficile è impossibile. Sarebbe più onesto dire che è una domanda idiota, piuttosto che affannarsi a rispondere. È troppo vacillante la possibilità di fornire una risposta attendibile.
La condizione di vita è determinata da molteplici fattori, molti dei quali imprevedibili. L’avanzamento della medicina, inoltre, apre continue prospettive di miglioramento. Questo in generale. Ci sono però alcune condizioni patologiche che impediscono di pensare anche a pochi mesi di sopravvivenza. Sarebbe più onesto riferirsi a simili scenari, quando si parla di aborto terapeutico, piuttosto che al feto con sei dita. Come sarà la sua vita a dieci anni? In molti casi finita da molto tempo.

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