Secondo Ernesto Galli Della Loggia ci sarebbe lo zampino di Satana ad Auschwitz, e il pontefice non avrebbe potuto fare un discorso più impeccabile sul silenzio di dio, la cattiveria disumana dei nazisti e le tante responsabilità politiche (dimenticate, vabbeh). Il figlio del popolo tedesco, come si definisce più volte Ratzinger, viene insomma promosso a pieni voti da Galli Della Loggia (Satana ad Auschwitz, Il Corriere della Sera, 30 maggio 2006).
Il senso del richiamo del Pontefice al ruolo della leadership nazista sta nel voler porre l’accento su un elemento troppo spesso cancellato quando si parla del nazionalsocialismo, e cioè il nichilismo radicale, la smisuratezza antiumana, insomma il demoniaco che si stagliava dietro la croce uncinata e che ne faceva il simbolo di un vero e proprio risorgente paganesimo, spesso nelle forme ancora più agghiaccianti di una disciplinata burocrazia.Niente di demoniaco, di grandioso sebbene nel male, nessun satana. Il volto è quello di un uomo come tanti, un uomo normale di quella normalità che fa paura perché potresti essere tu, perché non c’è una fascia al braccio ad indicare “antiuomo”; perché è squallore e mediocrità. Nessun grido da rivolgere al cielo, ma la consapevolezza che non per tutti basta guardare in su.
[…] solo evocando il male assoluto, solo scorgendo tra i fumi infernali dei camini di Auschwitz il volto di Satana, solo così acquista senso il grido supremo della disperazione umana che Joseph Ratzinger ha rivolto al cielo.
Dovrebbe essere superfluo, ma forse sarebbe utile rileggere (non oso dire ‘leggere’) quel libro che ha descritto magistralmente quella banalità del male, svelando l’ipocrisia e la falsità di tracciare il profilo di Belzebù. Soltanto un banale naso umano.
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