La dimensione sacerdotale trascende il singolo(Vittorino Andreoli, Sacerdote di Cristo, Avvenire, 26 marzo 2008).
Ma è proprio a questo punto che bisogna riprendere il filo di un discorso appena accennato. Giacché tutto questo si situa nel rapporto tra il singolo sacerdote e Cristo, e poiché il sacerdote è sempre un uomo speciale, irripetibile, il sacerdozio è dunque una condizione che si colloca e si consuma all’interno di un rapporto individuale con Dio? Se fosse così infatti, si dovrebbero ammettere tante variazioni del modello di Cristo quanti sono almeno i sacerdoti.
Ma così non è, perché il sacerdote è al contempo espressione della sua comunità, e dunque è servitore della Chiesa, la quale emana regole di uniformità e di coerenza tali da legare il sacerdote con la forza dell’obbedienza .
Chi non vede che può sempre insinuarsi qui un potenziale conflitto tra quanto sembra talora suggerire il maestro interiore e quanto invece richiede la Chiesa, che in taluni frangenti potrebbe essere addirittura qualcosa di antitetico? Sono i casi in cui può capitare di sperimentare le difficoltà più acute in ordine alla promessa dell’obbedienza. È avvenuto così in passato ad esempio con la dolorosa vicenda delle eresie ed è qualcosa che può accadere anche oggi. E come si risolve? C’è chi ipotizza, in casi estremi, una sorta di obiezione di coscienza. Ma questo ha senso per un sacerdote?
venerdì 28 marzo 2008
Torna ai serial killer va’
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2 commenti:
Non c'ho capito un'acca!
+VENERABILIS+
Fraternità dei Sacerdoti Cattolici Homosessuali
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