Alessandro Gilioli anticipa sul suo blog Piovono rane una inchiesta di Filippo Gatti sui lavoratori (leggi schiavi) extracomunitari o, per usare le parole di Gilioli, sul degrado civile e morale di un paese mezzo impazzito.
Filippo Gatti comincia così:
Chissenefrega se la deregulation nei cantieri e nelle fabbriche fa morire più operai in Italia che soldati americani in Iraq. E soprattutto cosa importa se le imprese che sfruttano il lavoro nero sono il motore dell’immigrazione illegale. Sentenza dopo sentenza, alcuni tribunali del Nord hanno creato il dipendente a costo zero. Zero assoluto: basta ingaggiare clandestini, farli lavorare come bestie. E alla fine non pagare il dovuto.
5 commenti:
Oddio, tu quoque. Fa male sentire da te certe cose.
Caratteristica essenziale per parlare di schiavitù è l'involontarietà. Se uno sceglie volontariamente di lavorare, non è schiavitù. Se uno sceglie di fare un certo lavoro, a qualunque condizione, è perché ritiene di trarne un beneficio. Altrimenti non lo farebbe. Rendere illegale un lavoro a certe condizioni "vessatorie", o imporre condizioni minime, o salari minimi, significa soltanto condannare alla disoccupazione tutte quelle persone la cui produttività non giustifica quella paga o quelle condizioni. Ciao
Mauri', staccati dai libri di Friedman, ogni tanto, e scendi nel mondo reale.
:)
Mi sono sbagliato. Qui non si tratta solo di licenziamento, ma di datore di lavoro che si rifiuta di pagare. E' ovvio che il tribunale doveva condannarlo a pagare: c'era un contratto implicito. Mi era sfuggito questo "piccolo" particolare.
Cristo, è impressionante. Il tribunale sta negando i diritti umani, in quanto la persona è un clandestino. Ognuno ha il diritto di stipulare un contratto e di pretenderne l'applicazione. Questo diritto ti spetta in quanto essere umano. Non ti può essere alienato semplicemente perché tu non potevi essere qui. Il crimine, semmai, è impedirti con la violenza di entrare. (Anche se il fatto che il suolo è pubblico complica le cose.)
Per espiare ci farò un post.
Posta un commento