martedì 30 dicembre 2008

Il paternalismo è duro a morire

Enza Cusmai intervista Maurizio Benato, vice presidente della Federazione dell’ordine dei medici, sul caso della donna che ha preferito lasciarsi morire piuttosto che subire l’amputazione di una mano e di un piede (i particolari del caso su Repubblica). Dalle risposte – se correttamente riportate – sembra emergere una malcelata insofferenza per i limiti imposti al medico dall’art. 32 della Costituzione («“Noi camici bianchi abbiamo le mani legate: dobbiamo rispettare le volontà del malato”», Il Giornale, 29 dicembre 2008, p. 20; i corsivi sono miei):

Maurizio Benato, vice presidente della Federazione dell’ordine dei medici, è possibile lasciarsi morire per non farsi amputare mano e piede?
«Purtroppo è possibile. Il medico deve tenere conto delle volontà espresse dal paziente. In Italia valgono le convenzioni internazionali, compresa quella di Orvieto [sic! È «Oviedo», naturalmente], che fanno riferimento a ciò che decide il malato. E mi pare che nel caso di cui si parla la dichiarazione di non farsi curare sia stata espressa in maniera chiara, di fronte a magistrati».
Però la paziente era ricoverata in un reparto psichiatrico.
«Dove c’erano medici che avranno confermato la sua capacità di intendere e di volere. E se per i giudici non era necessaria la nomina di un tutore, non c’è nulla da obiettare».
Anche se c’è sproporzione tra la cura e le sue conseguenze?
«Il medico può intervenire solo in caso di urgenza. Altrimenti va rispettato il volere del paziente».
Ma non vi sentite le mani legate?
«Il medico è il ventre molle della situazione. Dobbiamo trovare una mediazione rispettosa tra il volere del malato e la nostra deontologia. Insomma, se una situazione contrasta con la nostra coscienza, possiamo obiettare».
In un caso tragico come questo, lei come si sarebbe comportato?
«Avrei tentato fino all’ultimo di convincerla a curarsi. Ma fino a che non c’è una legge nazionale che pone dei paletti non possiamo fare molto altro».
Passi per quel «purtroppo» all’inizio dell’intervista, che si può attribuire alla compassione per la sorte della donna. Ma già il riferimento all’obiezione di coscienza è del tutto fuori luogo in un caso come questo. Il medico può obiettare quando gli viene richiesto di praticare un intervento che contrasti con la sua scienza e la sua coscienza; ma per lo stesso principio non può rifiutare di astenersi dal fare qualcosa che contrasta con la coscienza del paziente. Il medico possiede un sapere tecnico superiore, ma non anche valori superiori.
Il peggio viene raggiunto alla fine dell’intervista. Ti aspetteresti una difesa convinta del principio del consenso informato, che dovrebbe ormai essere patrimonio acquisito dell’intera classe medica, e invece Benato pare strizzare l’occhio alla possibilità di una legge restrittiva (e incostituzionale). Sì, il paternalismo medico – che è potere di un uomo su un altro uomo – è duro a morire.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

Una cosa abietta è anche che non venga citato il fatto che la donna fosse nella condizione di subire un'amputazione, a causa di una esplosione l'aveva sia lesionata, sia ustionata su gran parte del corpo.
Così come per la donna anziana diabetica, che qualche anno fa, rifiutò l'amputazione di un piede in cancrena, si nasconde il fatto che verosimilmente il rifiuto del paziente non derivi tanto dall'idea di non voler vivere senza l'amato arto non più utilizzabile, ma al suo stato generale di deperimento fisico e di relativi handicap ben più pesanti di una semplice protesi al piede.
Ramanuian

Anonimo ha detto...

convenzione di ORVIETO? ahahahahahahahah ma chi è il giornalista?

Anonimo ha detto...

chi è l'ignorante, enza cusmai o maurizio benato? ma.. ma.. ma.. convenzione di orvieto è veramente da sbellicarsi eh

Toyo Perplesso ha detto...

Non sono del tutto d'accordo con l'argomentazione.
Dal punto di vista logico e per quanto riguarda la coscienza non vedo grande differenza fra praticare ed il non praticare, se non nell'interferire con una coscienza o l'altra. E' solo uno scambio di parti. La bilancia non pende da nessuna delle due.
Dal punto di vista degli effetti fisici invece si' che bisogna distinguere e la bilancia ben pende da una parte.

Semplicemente bisogna riconoscere, come dici, che il medico non possiede valori superiori e che per questo deve valere l'autodeterminazione.
Sono d'accordo comunque sulle conclusioni dell'articolo.

O forse sono ancora addormentato (ma sono le 11!) e non ho capito bene?

Anonimo ha detto...

A questo punto sarei curioso di sapere se "Orvieto" è un errore del giornalista o dell'intervistato.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Il bello è che l'ho letto, copiato, riletto, e continuavo sempre a vedere "Oviedo"...

Galatea ha detto...

Personalmente trovo aberrante che un medico, un domani, possa decidere a quali trattamenti sottopormi senza che io abbia il diritto di decidere se sì o no. Tutta questa gente che invoca l'obiezione di coscineza non si fa mai una semplice domanda: se loro non possono moralmente accettare che un paziente possa decidere per il proprio corpo, semplicemente non possono fare i medici. Vanno a fare gli imbianchini, e tutto finisce lì. Sì, certo, avranno analoghi problemi quando un cliente pretenderà di decidere il colore dei muri che vuole per la sua casa... in effetti, in qualsiasi lavoro avrebbero dei problemi di coscienza, gente simile.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Mister_NixOS: non so se hai capito bene oppure no, perché neppure io ho capito bene cosa vuoi dire tu... :-) Per esempio, cosa significa che "Dal punto di vista degli effetti fisici invece si' che bisogna distinguere"?

Comunque la differenza fra azioni e omissioni è notoriamente uno dei punti più irti di difficoltà della riflessione morale, ma è molto difficile farne a meno, per evitare conclusioni inaccettabili.

paolo de gregorio ha detto...

Mentre per il primo "purtroppo" anche io protendo per una spiegazione "umanitaria", è proprio l'ultima risposta che lascia effettivamente un po' basiti: sembra veramente celare (neanche troppo) un desiderio di avere una legge diversa (ma nessuna legge ordinaria può comunque violare il principio costituzionale).

Non capisco cosa ci sia di tanto assurdo in una visione della vita che una persona abbia di sé, in cui non sia prevista la sopravvivenza a tutti i costi a fronte del naturale (o anche accidentale) scorrere degli eventi (per esempio, una visione in cui la vita venga vista più come collettiva ed evolutiva che individuale, e pertanto più orientata al preservare l'avvicendamento delle generazioni che - come per l'uomo occidentale - al contrastarlo).

Sull'obiezione di coscienza io concordo un po' con Regalzi e un po' con Mister NixOs, nel senso che la giusta obiezione di quest'ultimo decadrebbe proprio in virtù del raffronto delle libertà coinvolte: se da un lato è vero che omissione o azioni possono coinvolgere la coscienza dell'operante in pari grado, da un punto di vista del diritto (in un paese fondato sul diritto) non è la stessa cosa. L'obiezione si invoca per sottrarsi ad un'azione, non ad un'omissione, poiché l'individuo (unico usufruttuario) cui ci si riferisce è terzo: è pensando a chi si deve sottoporre ad un intervento sulla propria persona che distinguiamo tra volontà che si intervenga e volontà che non si intervenga. Nel secondo caso, si esclude l'obiezione da parte del praticante proprio perché si consdera l'inviolabilità personale fisica di una persona un valore da difendere più che non la coscienza del primo. Inoltre sarebbe più difficile distinguere le arbitrarietà: se la coscienza mascherasse la volontà di una persona di intervenire su di un'altra con le scuse più pretestuose, il danno, con l'intervento fisico diretto, viene ritenuto in genere più invasivo che nel caso in cui l'astensione sia solo passiva (del resto, poi, fatale omissione di soccorso ed omicidio colposo vengono distinte in termini di pena a sfavore dell'ultima pur se nella prima la volontà potrebbe essere stata più consapevole).

Tipicamente poi è nei regimi autoritari che la violazione dell'integrità fisica della persona può essere richiesta espressamente, senza che sia prevista l'obezione del praticante, proprio perché i principi menzionati vengono ribaltati.

@__skunk ha detto...

A mio parere il caso è piuttosto controverso.

Dove c’erano medici che avranno confermato la sua capacità di intendere e di volere. E se per i giudici non era necessaria la nomina di un tutore, non c’è nulla da obiettare

In particolare quell'avranno confermato.

La donna era in un reparto psichiatrico, leggo, per una forma di schizofrenia.
Mi fa piacere constatare l'evoluzione dei giudizi di Piras, ma qui la materia è completamente diversa.
Mi piacerebbe capire se veramente la donna è stata dichiarata capace d'intendere e di volere, perché non è argomento secondario.
Ricordo che per Giovanni Nuvoli, vi furono enormi difficoltà a riguardo, visto che si esprimeva tramite la "tavoletta trasparente" letta dalla moglie Maddalena o con il sitentizzatore vocale e nonostante il parere della commissione medica, che aveva all'interno uno psichiatra.

L'autoderminazione è indubbiamente da rispettare, salvo le distorsioni che possono occorrere in casi come questo.

paolo de gregorio ha detto...

Avevo risposto prima di leggere la replica di Giuseppe, che mi sembra nella sostanza sottintendere quel che dicevo.

paolo de gregorio ha detto...

Skunk

A questo punto, visto che si pone l'accento sul fatto che la donna fosse stata ricoverata nell'ospedale psichiatrico, penso che sarebbe interessante sapere se si sia trattato di ricovero coatto (in ingresso e poi anche in seguito). Se invece il ricovero è avvenuto (e si è protratto) previo consenso della donna, mi sfugge davvero come si possa sostenere che la donna sia perfettamente in grado di intendere e di volere quando si lascia sottoporre alla cura che riguardi la porpria cura psichiatrica e un attimo dopo non più in grado per quel che riguarda la propria salute fisica. E ancora più paradossale mi sembrerebbe usare la prima scelta per sostenere l'impossibilità a sostenere la seconda. A me piacerebbe che qualcuno indagasse su questa questione che mi sembra cruciale.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Skunk: naturalmente il post (e anche l'intervista) parte dall'assunto che la donna fosse effettivamente in grado di intendere e di volere. Non ho motivi particolari per supporre il contrario - a quanto ne so, non tutti gli schizofrenici sono legalmente interdetti: i farmaci ormai in molti casi riescono abbastanza bene a tenere a bada la malattia - e tenderei a fidarmi di medici e magistrati, fino a prova contraria. (Vedi anche il commento di Paolo, sopra.)

Un caso come questo si differenzia da quello di Nuvoli solo per la differente attenzione mediatica: se la stampa (e la politica, e chi-di-dovere) avesse saputo prima cosa stava accadendo, possiamo stare tranquilli che questa poveretta avrebbe avuto una fine molto più complicata.

@__skunk ha detto...

Si, è inutile che stia qui a lamentare il doppiopesismo italiota, ma una delle facili critiche alla causa dell'autodeterminazione può provenire proprio da situazioni come queste.
Nemmeno io ho motivi per supporre il contrario, ma è comunque un caso strano, l'appunto di Paolo mi pare interessante.

L'articolo del Corriere, sembra maggiormente dettagliato:

I medici tentano la strada del trattamento sanitario obbligatorio. In pratica, l’imposizione dell’intervento chirurgico che la legge consente nei casi in cui il paziente non sia in grado di ragionare. A fermare il bisturi, però, è la certificazione dello psichiatra e dello psicologo: Maria è sana di mente. Cos’altro fare? La direzione dell’ospedale si rivolge al comitato etico che invita ancora una volta lo psicologo a convincere Maria a cambiare idea. Impresa inutile.
Si tenta la via giudiziaria.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Skunk: attenzione che l'articolo linkato è del 19 febbraio 2004 e si riferisce a un caso simile ma precedente.

@__skunk ha detto...

Cribbio. Chiedo scusa.
Mi appello alla convenzione di Orvieto.

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Mi appello alla convenzione di Orvieto": ah sì? E io faccio obiezione di coscienza! Orvieto è in contrasto con la mia deontologia e con il credo pastafariano, quindi non la seguo.

paolo de gregorio ha detto...

Storia ormai vicina all'epilogo: allo scopo di ripirstinare un sistema di leggi più "giuste" e quindi più facili da seguire per un cristiano, ho letto che un manipolo di frati francescani sta pianificando il rapimento del sindaco di Orvieto e successivo rogo di tutte le delibere del comune dal dopoguerra ad oggi...

paniscus ha detto...

No, quella è la Sindone di Orvieto :)

Lisa

paolo de gregorio ha detto...

Rapiscono la sindone di Orvieto? Ah ah ah! Buona...

Toyo Perplesso ha detto...

Oh! scusa il ritardo nella risposta. La spiegazione sta in quanto ha espresso poco dopo paolo de gregorio.
Buon anno a tutti
Mister_NixOS