venerdì 14 luglio 2006

Affidamento di embrioni congelati

Cosa fare se la madre vuole dar vita ad embrioni congelati e il padre si oppone? Questa è la domanda rivolta a Fernando Pascual, presentato come esperto di bioetica (Zenit, 12 luglio 2006):

Cosa avviene quando una madre vuole dare vita ad embrioni che ha congelato, ma il padre si oppone? Gli embrioni hanno diritto a vivere e i loro genitori hanno il dovere di dare loro assistenza, risponde il padre Fernando Pascual L.C., sacerdote e professore di filosofia e di bioetica presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma, a fronte di un caso giudiziario alla ribalta delle cronache in questi giorni [i corsivi sono miei].

Domanda: Ci potrebbe riassumere il nuovo caso giudiziario relativo agli embrioni congelati?

P. Fernando Pascual: A Dublino, i tribunali si trovano ad esaminare il ricorso di una donna che vuole accogliere tre embrioni congelati, figli suoi e del suo ex marito. Il problema è che il marito, separato dalla moglie, vi si oppone e cerca di ottenere che questi embrioni vengano distrutti o venduti. I giudici quindi devono risolvere il seguente dilemma: chi ha l’ultima parola sulla vita e la morte di questi embrioni?

Domanda: Quali sono i principi etici che entrano in gioco in questo caso?

P. Fernando Pascual: Questo caso potrebbe essere visto, da una parte, come una lotta tra l’uomo e la donna, come un ulteriore caso di prepotenza del marito contro la libertà della moglie. Altri potrebbero vederlo, al contrario, come il ruolo quasi decisivo che la donna ha rispetto alla vita dei suoi figli, un ruolo che oscura e che lascia completamente da parte il padre. Ma entrambe queste prospettive sono insufficienti. La cosa principale di cui tenere conto è il valore della vita di questi embrioni che sono, soprattutto, figli.
Embrioni che sono già figli. La scelta terminologica, è evidente, rispecchia una scelta concettuale che afferma la coincidenza tra concepimento e vita personale. Quando un gamete maschile incontra un gamete femminile il risultato è un figlio a tutti gli effetti.
Domanda: Potrebbe spiegarsi meglio?

P. Fernando Pascual: Concepire (alcuni dicono “produrre”) embrioni in laboratorio è sempre un errore. Ma se tali embrioni sono stati concepiti, essi meritano di essere trattati come qualsiasi altro essere umano. Hanno diritto ad un padre e ad una madre, ad essere accolti nel seno della madre, a nascere e ad essere cresciuti e mantenuti nella loro infanzia. Non possiamo pertanto limitarci a vederli come “oggetti”, rispetto ai quali i genitori biologici possano litigare o discutere. Vanno invece visti come figli, nei confronti dei quali i genitori hanno importanti doveri di assistenza.
Ed eccoci agli altri luoghi comuni nel dibattito riguardo allo statuto morale e giuridico degli embrioni. La solita confusione (intenzionale oppure no) tra essere umano e persona, che Pascual non ritiene di dover discutere ma pone come premessa indubitabile. L’affermazione di ‘nuovi’ quanto discutibili diritti: di avere un padre e una madre, primo tra tutti (e i figli naturali di un solo genitore?). La dicotomia tra oggetti e non oggetti (chi dimentica il tormentone referendario sul concepito: è qualcuno o qualcosa?).
Domanda: Come si dovrebbe procedere quindi in casi come questo?

P. Fernando Pascual: Questi embrioni hanno già subito una grave ingiustizia per il fatto di essere stati concepiti in laboratorio (“in vitro”) e poi congelati. Meritano ora di essere “salvati” dalla madre, di essere trasferiti nelle trombe di Falloppio e di avere così l’opportunità di vivere.
Perché avrebbero subito una ingiustizia nell’essere prodotti in laboratorio Pascual ritiene superfluo spiegarlo. È così e basta. Ora devono essere salvati!
Domanda: E cosa ne è della volontà dell’ex marito il quale non vuole “essere forzato” ad essere padre contro la sua volontà?

P. Fernando Pascual: L’ex marito si sbaglierebbe se dicesse che diverrebbe padre “contro la sua volontà”. Egli già è padre dal momento in cui gli embrioni sono stati concepiti. Pertanto, la moglie adempie ad un dovere (non è solo un diritto) nel chiedere che gli embrioni gli vengano impiantanti, e l’ex marito (che è già padre) dovrà sostenere economicamente il mantenimento e l’educazione dei suoi figli. Dire che gli si “impone la paternità” è totalmente falso: la paternità l’ha già accettata decidendo, insieme a sua moglie, di rivolgersi ad una clinica per la fecondazione. Pertanto, il padre e la madre hanno doveri molto importanti nei confronti di quegli embrioni che sono i loro figli.
Allo stesso modo in cui gli embrioni appena concepiti sono già figli, il genitore biologico (colui che ha fornito il liquido seminale) è già padre.
Domanda: Se fosse la moglie a rifiutare questi embrioni e fosse il marito a chiederne il rispetto e la possibilità di nascere, come ci si dovrebbe comportare?

P. Fernando Pascual: In questo caso, ipotetico ma non impossibile, la madre dovrebbe accettare di accogliere i suoi figli nel suo seno. Se per motivi di salute non è più in grado di farlo, o se nega la propria disponibilità a compiere questo gesto materno di elementare giustizia, gli embrioni potrebbero essere adottati da qualche altra coppia. Questa idea è oggigiorno un punto di discussione tra i teologi cattolici, ma tale soluzione sembrerebbe più corretta, considerando il diritto alla vita che questi embrioni già hanno. Bisogna ricordare sempre che il diritto alla nascita non viene loro attribuito per il fatto di essere voluti da qualcuno. Questo diritto lo hanno perché sono esseri umani. In funzione della loro dignità siamo chiamati a promuoverne l’accoglienza, perché possano nascere e vivere nel miglior ambiente familiare che possiamo offrirgli.
L’appartenenza al genere umano implica, secondo Pascual, l’attribuzione di tutti i diritti che hanno le persone (e non gli esseri umani, che in determinate condizioni li perdono: basti pensare agli esseri umani in morte cerebrale). Va riconosciuto senza dubbio che Pascual è coerente nel suo discorso. Purtroppo trascura di affrontare la premessa dalla quale parte: essere umano=persona, che diventa la piattaforma per costruire gli strambi diritti e un pensiero pericolosamente vicino allo specismo.
Domanda: Non è possibile evitare situazioni così drammatiche?

P. Fernando Pascual: Sarebbe molto più facile se prendessimo coscienza che la vita non è un gioco. La fecondazione artificiale (a volte chiamata “procreazione assistita”) determina tutta una serie di ingiustizie e di situazioni assurde, oltre a permettere che i figli vengano visti sempre più come un capriccio e non come un dono che nasce dall’amore dei genitori. Inoltre dobbiamo promuovere un’educazione alla fedeltà degli sposi, al fine di evitare rotture tra coloro che già hanno figli. È importante proteggere la famiglia, che è il principale santuario della vita.
Non poteva mancare una gomitata alla presente immoralità delle separazioni e un ammiccamento alla famiglia, come baluardo della vita e di quanto è moralmente rispettabile.

Esistono diversi casi di scontri tra ex coniugi riguardo a embrioni congelati. Uno famoso e significativo è quello tra Mary Sue e Junior Lewis Davis.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gli embrioni sono già figli, la coppia che li genera già madre e padre, i genitori della coppia già nonni, seguono eventuali già zii, nipoti, fratelli, sorelle, amici, conoscenti, etcetera.
A parte la necessaria ri-scrittura del diritto di famiglia, l'averne condannati a (inutile e costosa) morte per congelamento circa trentamila, non solletica ulteriormente l'immaginazione di questi nuovi Hezbollah?