domenica 2 luglio 2006

E la vergine (non?) partorirà un figlio

Su Repubblica è apparsa nei giorni scorsi la notizia che ricercatori italiani avrebbero ottenuto una fonte ‘etica’ di cellule staminali embrionali («Create staminali senza embrione. “Così si supera lo scoglio etico”», 29 giugno 2006). Fulvio Gandolfi, Tiziana Brevini e Guido Ragni sono riusciti a far moltiplicare un ovulo umano non penetrato da uno spermatozoo, dando vita per partenogenesi a un embrione che non può risultare vitale se impiantato in utero, e da cui è possibile ricavare cellule staminali. Gli studiosi sperano di aggirare in questo modo i cosiddetti ostacoli ‘etici’ allo studio delle staminali embrionali.
In attesa di conoscere il verdetto di chi ha evidentemente il potere di indirizzare la ricerca scientifica – potere che cercare di blandire con «alternative etiche» si finisce in realtà per rafforzare, ma non facciamone una colpa ai benintenzionati studiosi – vediamo di conoscere qualche dettaglio in più del metodo. Ci aiuta NewScientist.com (Linda Geddes, «‘Virgin birth’ stem cells bypass ethical objections», 2 luglio 2006): gli ovuli non fertilizzati hanno due copie di ciascun cromosoma (sono cioè diploidi, per usare il linguaggio tecnico); al momento della fecondazione, metà dei cromosomi vengono espulsi, per essere rimpiazzati dai cromosomi dello spermatozoo (che ne ha già in partenza solo metà). Con un appropriato stimolo chimico (che simula l’entrata dello spermatozoo) l’ovulo può venire indotto a conservare tutti i suoi cromosomi e a cominciare a dividersi, dando vita a un embrione, che però non vive più di alcuni giorni: alcuni dei geni necessari al suo sviluppo vengono attivati infatti solo se provengono dai cromosomi del seme maschile.
C’è da chiedersi, tuttavia, se questa ultima circostanza non potrà essere in futuro aggirata, permettendo la nascita di un bambino senza l’intervento di un maschio, e se una tecnica nata per blandire i censori ecclesiastici non si rivelerà alla fine molto, molto blasfema (anche se il bambino, come il lettore avrà già capito, non potrà che essere – in questo caso – femmina...).

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