martedì 14 agosto 2007

Viviamo in una simulazione?

John Tierney, «Our Lives, Controlled From Some Guy’s Couch», New York Times, 14 agosto 2007:

Until I talked to Nick Bostrom, a philosopher at Oxford University, it never occurred to me that our universe might be somebody else’s hobby. I hadn’t imagined that the omniscient, omnipotent creator of the heavens and earth could be an advanced version of a guy who spends his weekends building model railroads or overseeing video-game worlds like the Sims.
But now it seems quite possible. In fact, if you accept a pretty reasonable assumption of Dr. Bostrom’s, it is almost a mathematical certainty that we are living in someone else’s computer simulation.
Agghiacciante, no?

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh io da piccolissima (avevo 3 o 4 anni ed ero appassionata di favole...) dicevo a tutti che ero convinta che vivevamo tutti nel sogno di un gigante e che quando questo si fosse svegliato saremmo morti tutti.... (ed ora niente battute sul fatto che se da piccola ero così, non c'è da meravigliarsi di niente anche ora...:-)

Anonimo ha detto...

tanto lo so che siete tutti proiezioni della mia mente, solo io esisto.

Anonimo ha detto...

E anche se fosse?
La cosa non cambierebbe di un millimetro le nostre vite.
O meglio, le cambierebbe tanto quanto cambierebbe quella di un batterio che vive per qualche ora nel nostro intestino se, in qualche modo, potesse avere la certezza o anche solo il sospetto di far parte di un gigantesco corpo organico dotato di individualità.

Anonimo ha detto...

Comunque la congettura secondo cui il nostro potrebbe essere un "universo simulato", o la speculazione per cui noi potremmo "crearne" uno si trovava già nel libro "L'io della mente", a cura di Dennett e Hofstadter, edito da Adelphi.

Chiara Lalli ha detto...

Come direbbe mia nonna, il tipo ha scoperto l'acqua calda...

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yupa: in effetti l'idea risale ancora più indietro nel tempo: nel 1964 il romanzo Simulacron-3 di Daniel Galouye (da cui poi avrebbe tratto un film Fassbinder) conteneva tutti i punti principali (e ci sono dei precedenti ancora più antichi).

La novità delle ricerche di Bostrom consiste nella valutazione della probabilità che noi si viva in una simulazione: probabilità che, sotto certe assunzioni, potrebbe essere appunto altissima.

Anonimo ha detto...

Si potrebbe avere un sunto rapido in italiano del ragionamento di Bostrom?
Non so, ma a me l'idea in sé puzza tanto di "gioco di parole concettuale", già a partire dal "sotto certe assunzioni". Sotto *certe* assunzioni anche la probabilità che l'homo sapiens è stato bioingenierato dagli alieni può (essere fatta) diventare molto alta...
Eppoi a me il concetto di "simulazione" mi sa di assai poco definito. Mi pare che filosofi e studiosi della mente e dell'AI stiano ancora lì a scannarsi proprio su termini del genere...

Ok, ho provato a leggere il pezzo.
Non so... non capisco appieno l'inglese, ma a naso mi pare che Bostrom affermi che sia *altamente possibile* creare mondi virtuali i cui "abitanti" siano autocoscienti e "come noi", idea che capisco e anche condivido. Ma non capisco come da questo diventi *altamente probabile* che il nostro mondo sia tale.

Se è anche fosse possibile che tra 50 anni l'umanità arrivi a produrre in fabbrica un androide indistinguibile dagli umani, e ne producesse miliardi, questo non mi pare aumenti di nulla la probabilità che anch'io sono un androide costruito in fabbrica... mostrerebbe solo che è possibile.
O sbaglio?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Immagina che sulla Terra esistano 45 miliardi di androidi e 5 miliardi di esseri umani, e che i primi siano indistinguibili dai secondi, al punto che una persona non è in grado neppure soggettivamente di dire se è stata creata artificialmente o no (un po' come la Rachel di Blade Runner). Domanda: dato un individuo qualsiasi, qual è la probabiltà che si tratti di un androide? Evidentemente, di una su dieci.

Se supponiamo che ogni civiltà avanzata faccia in media andare avanti un migliaio di simulazioni di vita intelligente, e che queste siano in tutto indistinguibili dalla vita vera, ecco che è molto più probabile che un individuo qualsiasi viva in una simulazione piuttosto che nell'universo reale.

Sergio ha detto...

C'è qualcosa che non mi convince. Per quello che ne sappiamo noi di androidi potrebbero essercene solo un paio ogni 7 pianeti colonizzati. Inoltre, se ho capito l'esempio: una maggioranza di androidi implica una maggiore probabilità di esserlo che implica il fatto che la maggioranza di noi sia androide?
Probabilmente sbaglio, ma vedo una grossa differenza tra le probabilità di essere in grado di creare androidi e la probabilità di esserlo.

Anonimo ha detto...

Non mi torna il ragionamento.

I 5mlrd di umani e i 45mlrd di androidi fanno parte dello stesso mondo materiale, sono sullo stesso piano.

Il nostro mondo materiale in quanto simulazione sta su un altro piano rispetto alle migliaia di simulazioni create da civiltà avanzate.
Per supporre che il nostro mondo reale sia una simulazione che gira su un potentissimo PC, mi pare si debba prima supporre l'esistenza di una realtà di livello superiore in cui questo PC ha un'esistenza materiale.

Ma noi non abbiamo accesso a questo "mondo di livello superiore", né alle eventuali "simulazioni parallele" che stanno sul nostro stesso livello. E' in rapporto a *queste* che dovremmo fare un calcolo di probabilità, non agli eventuali mondi simulati che noi un giorno potremmo produrre.

Anonimo ha detto...

Mo' ne provo un'altra.

Se un giorno riuscissimo a creare universi simulati indistinguibili dal nostro mondo per chi li vive, universi popolati da creature autoctone (non, dunque, individui "esterni" che si immergono come in Matrix), possiamo immaginare che potremmo anche comunicare, noi "esterni", con questi autoctoni simulati? E dir loro: "guardate che c'è un mondo qua fuori?"
Una tecnologia in grado di creare un mondo simulato, dovrebbe poter fare anche questo.
Immaginiamo dunque che, nel corso dei miliardi di anni, nell'universo, sia probabile che molte civiltà abbiano raggiunto il livello per fare 'ste due cose: creare mondi simulati e comunicare con gli autoctoni simulati.
Perché il nostro mondo, se è simulato, è l'unico "sfigato" in cui non abbiamo ancora avuto "messaggi" da parte del nostro "creatore"? E nessuno mi tiri in ballo roveti ardenti o simili...

Comunque, a chi fosse interessato a questi temi e non l'avesse ancora visto, consiglio l'ottimo film AVALON, di Oshii (del 2000), apparentemente "matrixiano", ma in realtà giunge a conclusioni radicalmente opposte...

Anonimo ha detto...

sempre pensato io (diciamo che è una scommessa che mi impongo, una possibilità che mi riservo) (severiniano mica per nulla) (e appassionato di fantascienza. Consiglio "The electric ant", uno dei pochissimi P.K. Dick che riuscii a leggere)

Giuseppe Regalzi ha detto...

Sergio: chiaramente l'assunto è che esista una maggioranza di androidi (= che le civiltà avanzate facciano girare moltissime simulazioni ciascuna); la conclusione può derivare solo una volta accettata questa premessa. Non ho capito bene il resto delle tue perplessità, invece.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yupa: noi non sappiamo a priori a quale "livello" di realtà apparteniamo. Sappiamo che potremmo essere una simulazione o che potremmo vivere nel mondo reale. Siamo dunque autorizzati, credo, ad applicare il calcolo delle probabilità tenendo conto di tutte le possibili alternative.

Quanto al perché chi dirige la simulazione non comunica con noi: dipende forse dagli scopi della simulazione. Se si tratta di raccogliere dati economico-sociali ha senz'altro senso non interferire. Lo stesso se la simulazione è condotta come una sorta di super-videogioco, in cui vivi una vita parallela in cui devi superare certe prove credendo di abitare in un certo universo, dimentico della tua vera identità nel mondo "superiore".

Paolo C ha detto...

A mio parere per poter calcolare questa probabilita' bisognerebbe ragionare piu' attentamente sulla possibilita' di creare davvero un computer in grado di realizzare una simulazione cosi' gigantesca. Piu' facile una simulazione di una sola persona, in cui tutte le altre in effetti esistono limitatamente alle loro interazioni con il simulato. E quante di queste simulazioni di singola persona si potrebbero realizzare?
Raccomando a chi non l'ha fatto di vedere il film "Il tredicesimo piano".
Ciao, Paolo

Anonimo ha detto...

"Siamo dunque autorizzati, credo, ad applicare il calcolo delle probabilità tenendo conto di tutte le possibili alternative."

Ok, ma allora, non sapendo noi nulla su ciò che è "esterno" alla nostra realtà, le probabilità mi pare siano 50-50. O il nostro è un mondo simulato o non lo è.

Voglio provare a riformulare il mio dubbio, per renderlo più chiaro, e per mostrare che il paragone col "mondo degli androidi" mi pare inadeguato, se condotto in un certo modo.

MONDO DEGLI ANDROIDI.
Io arrivo su un pianeta abitato da 50 miliardi di individui. Mi dicono che il 10% sono umani nati da mamma & papà, e il 90% sono androidi interamente fatti in fabbrica, ma indistinguibili dai primi. Pigliato un individuo a caso su questo pianeta, è ovvio che sia più probabile che si tratti di un androide.

Ecco, questo fila. Ora, vediamo l'esempio successivo...

CREAZIONE DI MONDI
Ipotizziamo esistano due modi per ottenere un pianeta popolato da esseri umani:
1- Metodo "naturale": si prende un pianeta giovane e in condizioni favorevoli (distanza dalla propria stella, dimensioni, atmosfera, ecc.) e si aspetta pazientemente che l'evoluzione faccia il suo corso. In tot miliardi di anni, con un po' di fortuna, si formerà la vita e magari una civiltà umana.
2- Metodo "artificiale": una civiltà umana già formata arriva su un pianeta spoglio, lo terraforma, in poche decine d'anni ci stabilisce un ecosistema come il nostro e poi lo popola di esseri umani artificiali, indistinguibili da noi. E magari, per illuderli che il loro mondo sia stato generato col metodo 1, si mettono un bel po' di fossili finti nel sottosuolo...

Noi, attualmente siamo convinti di esser stati prodotti col metodo 1. Un bel giorno, raggiunta la tecnologia sufficiente, cominciamo ad andare in giro per lo spazio a popolare pianeti col metodo 2. Ne facciamo uno. Ne facciamo due. Ne facciamo dieci. Cento. Un milione.
Ne facessimo anche un miliardo, io non riesco a vedere come questo possa aumentare le probabilità che il *nostro* mondo in realtà sia nato col metodo 2 e non col metodo 1. Al massimo mostra che è *possibile*.

Diverso sarebbe il caso se, un giorno, sbarcasse da noi un alieno, ci mostrasse che, oltre al nostro (e ovviamente al suo), esistono *già* milioni di pianeti popolati, e poi ci dicesse: "Il 10% sono stati popolati dal metodo 1 senza un nostro intervento, il 90% li abbiamo popolati noi alieni col metodo 2. La Terra fa parte di uno dei due insiemi. Di quale è più probabile che faccia parte?" In *questo* caso, ovviamente, la risposta è: "Del secondo insieme!"

E' la stessa differenza che passa tra IO che mi metto a produrre con le mie mani (le mie fabbriche, va') milioni di androidi, e io che nasco in un mondo già popolato da milioni di androidi e pochi umani.
Il primo caso dimostra che è possibile che io sia un androide creato da qualcuno. Il secondo che è altamente probabile che io sia un androide.

L'ipotesi sui mondi simulati mi sembra simile al primo caso, non al secondo.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yupa: la creazione di mondi non è un esempio del tutto congruente (ci sono dei problemi di "spazio vitale" disponibile per le civiltà successive alla prima, che non si propongono nello scenario della simulazione); provo a risponderti tornando al caso in esame.

Se una civiltà trova vantaggioso far girare innumerevoli simulazioni, questo rende almeno verosimile che civiltà analoghe facciano o abbiano fatto la stessa cosa. Non lo faranno tutte, naturalmente: diciamo 1/p. Ma se p è un numero inferiore al numero medio di simulazioni che una civiltà attiva in questo campo fa girare, allora è più probabile che un mondo sia una simulazione che un luogo reale.

Nel momento quindi in cui noi ci trovassimo a dimostrare la possibilità e la convenienza di creare molte simulazioni, dovremmo dedurne che anche altri altrove hanno fatto la stessa cosa, e che – se mondi simulati e mondo reale sono indistinguibili – noi viviamo probabilmente in una di esse.

Anonimo ha detto...

"Nel momento quindi in cui noi ci trovassimo a dimostrare la possibilità e la convenienza di creare molte simulazioni, dovremmo dedurne che anche altri altrove hanno fatto la stessa cosa"

Sì, ma come possiamo dedurre che questi "altri altrove" stiano *fuori* dal nostro mondo e che quindi questo nostro mondo sia *molto probabilmente* (e non solo possibilmente) una simulazione prodotta da loro, una tra le tante altre?
Il ragionamento mi sembra circolare: presuppone ciò che vorrebbe concludere.
Cioè, presuppone che, all'"esterno" del nostro mondo ci siano già queste innumerevoli civiltà che già fanno girare numerosi mondi simulati, e su questi viene operato il calcolo probabilistico.
Ma noi, di un eventuale mondo "esterno" di cui il nostro fa parte (è una simulazione), non sappiamo nulla.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yupa, non ti seguo bene. Per "altrove" intendo "nello spazio del mondo reale", quindi la premessa non contiene la conclusione. Inoltre non ci devono essere per forza "innumerevoli" civiltà: il loro numero non conta ai fini del ragionamento (conta invece che siano numerose le simulazioni che ciascuna di esse fa girare).