giovedì 30 agosto 2007

Il problema non è l’aborto

Uno crede di aver capito gli argomenti dei propri avversari, di averne ricostruito la logica – magari speciosa, ma almeno riconoscibile – ed ecco che quelli rimescolano le carte, e non capisci più nulla – o magari, chissà, capisci finalmente davvero.
Prendiamo la cosiddetta eugenetica: cos’è che turba tanto nelle varie diagnosi di preimpianto (condotte sugli embrioni ottenuti per fecondazione artificiale) o prenatali (sui feti nel grembo materno), spingendo periodicamente ad accessi di indignazione e a condanne senza appello? Fino a ieri, sembrava che la ragione fosse questa: l’embrione (e a maggior ragione il feto) è un essere umano come noi, ed ucciderlo solo perché affetto da qualche patologia – anzi, perché non conforme a un ideale di ‘perfezione’, che imporrebbe di avere solo figli bellissimi e intelligentissimi – è atto inumano ed esecrabile. Quante volte abbiamo sentito la stessa tiritera, che «un malato non si cura ammazzandolo»? Che per coerenza dovremmo rendere lecita anche l’uccisione dei disabili adulti, per risparmiare loro inutili sofferenze? Una posizione chiara, dunque, sebbene basata sull’errore mostruoso di considerare un embrione come se fosse già una persona, e sulla pretesa illiberale di imporre a tutti questa superstizione.

Questo fino a ieri. Ma oggi scopriamo che le cose non stanno così: ce lo rivela, fin dal titolo, un editoriale anonimo del Foglio: «“Eugenetica preconcezionale” all’Asl» (29 agosto 2007, p. 1). È successo che un lettore ha segnalato che sul portale web di un’Asl milanese sarebbe presente la sezione «eugenetica preconcezionale»; quelli del Foglio raccolgono la soffiata, la verificano, scoprono che – orrore! – la stessa cosa succede nel portale della Regione Umbria. Il riferimento è alle analisi che si effettuano normalmente prima di concepire un figlio, per evidenziare la possibilità di malattie genetiche trasmissibili: come la verifica che i due aspiranti genitori non siano affetti entrambi da microcitemia, per esempio, che risulterebbe in una probabiltà su quattro di dare vita a un bambino talassemico.
A questo punto uno si aspetterebbe una condanna dell’uso della parola «eugenetica», e un sermoncino sul fatto che mentre se ne nega la pratica ecco che se ne usa il nome. E il Foglio sermoneggia, in effetti; ma non si ferma lì. Perché oltre alla parola condanna anche la pratica:

si vuole, semplicemente, migliorare la specie, fabbricando i figli secondo il desiderio, trasformando la medicina da cura a selezione e piazzandola sul sito delle Asl, accanto alle visite ginecologiche […]
un’eugenetica preconcezionale da consultorio (quindi anche un codice che stabilisca non solo chi ha diritto di venire al mondo, ma anche chi ha diritto di procreare, perché ha i geni a posto, e chi non soddisfa gli standard di qualità, ma può comunque affidarsi a un tavolo di laboratorio). L’eugenetica non è più un fantasma che si aggira per l’Europa, è un servizio gentilmente offerto dalle Aziende sanitarie locali.
E allora capisci che l’«omicidio dei non-nati» non c’entra nulla (un’analisi preconcezionale, per definizione, si effettua molto prima che si arrivi alla formazione di un embrione), e che forse è solo un pretesto. Se anche la più banale delle misure preventive viene condannata; se chi vuole un figlio è condannato perfino a non sapere se c’è qualche pericolo di malformazione (non esiste naturalmente da nessuna parte un codice che stabilisca chi ha «diritto di procreare»: l’anonimo vaneggia); questo vuol dire che è l’autonomia, l’elementare possibilità di una scelta a dare veramente fastidio. Immagino che per il Foglio anche una donna che semplicemente desideri un figlio sano abbia già «peccato nel suo cuore». Ma cosa c’è di più umano del desiderio di un bambino sano?
In questa follia, in queste condanne concitate e frenetiche, in questa schiuma di rabbia rappresa, l’ideale covato non è del resto più l’umanità ma il gregge, che tutto patisce, che non ha nessun desiderio, se non quello dei suoi pastori – e dei loro cani.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Quello che mi fa specie è che da una parte si fa fuoco e fiamme contro i figli "preconfezionati" in provetta, o programmati geneticamente, ma dall'altra, una volta che il figlio è nato, che è stato espulso dal ventre materno, sono ancora gli stessi a far di tutto per ingabbiarlo in un'educazione totalitaria, totalizzante e conforme ai "valori non negoziabili", e per sottrarlo a "influenze nocive".

"Programmare" prima della nascita è male, catechizzare ossessivamente dalla culla alla tomba è invece cosa buona & giusta.
Mah.

Anonimo ha detto...

Come dire che una donna in stato interessante è meglio che fumi, beva e assuma qualsiasi farmaco tranquillamente perché sennò rischia un bel cazziatone dal Foglio?

Anonimo ha detto...

"cosa c’è di più umano del desiderio di un bambino sano?"
Forse accettarne uno ammalato...

Giuseppe Regalzi ha detto...

Chi accetta un bambino ammalato non desidera mai che possa guarire? E se può scegliere tra averne uno malato e uno sano, che fa, dice che è lo stesso?

Anonimo ha detto...

Aridaje! Ma stiamo giocando a fare la classifica di "chi è più umano"? Chi vince riceve un premio? Che significa che il genitore che accetta un figlio malato è "più umano" del genitore che sceglie di risparmiare al figlio un'esistenza di malattia, non mettendolo neppure al mondo? Mi chiedo dove l'anonimo, nella sua tanto millantata "umanità", abbia dimenticato il rispetto per le diverse sensibilità individuali. Per lui le donne incinte devono essere "umanamente" costrette a portare, sempre e comunque, a termine la gravidanza.

Anonimo ha detto...

E se i nazisti fossero loro?
proviamo per un attimo a rivoltare la questione, e riflettere su questo: che cosa è una persona e che cosa comporta l'affermazione che l'embrione è una persona sin dal concepimento?
Naturalmente il buon senso spingerebbe ad ammettere che non esista alcuna definizione scientifica di "persona umana", nè tantomeno la certezza del momento in cui si diventa "persone" o per dirla come un credente quando l'"anima" scende nel corpo.
Eppure affermare con certezza che la "persona umana" comincia nel attimo del concepimanto equivale esattamente a dare una definizione di persona. In effetti che cosa accade nel momento del concepimento? I due gameti si fondono e da due cellule diventano una (e questa secondo i fanatici dovrebbe già essere una persona anche se a questo stadio lo spermatozoo può ancora ritrarsi). Ciò che in effetti si comincia a scrivere in quel momento è il DNA dell'individuo futuro. E' dunque questo ciò che ci rende persone?
Si sta forse cercando di indentificare il DNA con ciò che è l'anima per i credenti, la Personalità appunto?
E dunque se nel DNA risiede la nostra personalità, è possibile determinare ogni singolo aspetto del nostro carattere dai nostri geni? Questo discorso si, può portare a una pericolosa deriva nazista ed eugenetista!
Trovo invece che sia molto più "cattolico" e umano pensare che ognuno di noi appena nato sia poco più che un foglio bianco e quindi abbia davanti a se tutte le strade possibili: la sua personalità è e sarà sempre in costante divenire, influenzata da ogni singola esperienza di vita. Giorno per giorno la sua umanità si formerà, naturalmente condizionata in maniera tanto più forte nell'infanzia, ma anche il carattere peggiore, il più cattivo, quello che ha commesso i crimini più atroci potrà sempre, ogni giorno, capire, pentirsi, e cambiare.
Per questo non posso accettare di identificare un embrione, un insieme di cellule indistinte la cui unica umanità consiste nell'essere portatore di un dna umano, con un essere umano e trovo anzi molto più pericoloso e "nazista", se pure in buona fede, questo tipo di affermazione.