giovedì 30 agosto 2007

Eugenetica, ignoranza e il Blocco 10 di Auschwitz

In questi giorni il riferimento all’eugenetica è quasi onnipresente, ossessivo direi. E completamente sbagliato. A ripeterlo per l’ennesima volta si ha l’impressione di essere tocchi (ma forse lo sono di più quelli che iniziano e ai quali si è tentati di rispondere, no?). A testimonianza dell’abisso riporto un paragrafo del capitolo che avevo scritto sulla eugenetica e che è decisamente scioccante (è il capitolo nono, per intero sta qua).

Auschwitz: il Blocco 10
La visione biomedica e l’ideologia razziale sono alla base di una espressione dell’eugenetica negativa per alcuni aspetti ancora più atroce delle uccisioni dirette: la sterilizzazione. Gli individui in buone condizioni fisiche potevano essere sfruttati per lavorare, invece che eliminati; a condizione, però, che fosse loro impedito di trasmettere il loro sangue impuro, propagando l’infezione razziale. La Legge sulla Sterilizzazione (14 luglio 1933) aveva giustificato la sterilizzazione chirurgica di mezzo milione di cittadini tedeschi indegni di riprodursi; ma questa prima fase del progetto di ‘igiene razziale’ era costato quattordici milioni di Reichsmark, troppo per ampliare la sterilizzazione al mondo. L’obiettivo era di trovare un metodo economico e veloce per la sterilizzazione di massa. I campi di concentramento erano il luogo ideale per sperimentare metodi alternativi alla costosa chirurgia. Erano disponibili cavie umane in assenza totale di limiti morali.
Il Blocco 10 di Auschwitz era composto principalmente da prigioniere; era un luogo inaccessibile agli sguardi esterni e all’interno si consumarono crimini atroci camuffati da esperimenti medici e scientifici. Le condizioni di vita nel Blocco 10 erano migliori delle condizioni del Lager, perché altrimenti il materiale da esperimento non sarebbe stato adatto. Le cavie non dovevano morire prima di avere svolto il compito assegnato loro. Una parte del Blocco 10 era esclusivamente destinata alla ricerca sulla sterilizzazione. La principale autorità medica in questo settore era Carl Clauberg, sostenuto da Himmler nella ricerca di un metodo economico e efficace di sterilizzazione di massa. Clauberg usava un metodo sperimentale: iniettava una sostanza caustica nella cervice uterina allo scopo di ostruire le tube di Falloppio. Scelse donne diverse per costituzione ed età, con preferenza verso quelle che avevano avuto figli. A tutte faceva diverse iniezioni nel corso di alcune settimane per provocare ostruzioni e danni nell’apparato riproduttivo, che egli verificava tramite radiografie. Molte delle donne morivano a causa di infezioni. In una lettera scritta a Himmler emergono gli obiettivi criminali della ricerca di Clauberg, intrisa di ideologia politica. Clauberg sottolinea l’importanza della politica demografica negativa, e la possibilità di sterilizzare senza interventi chirurgici donne indegne di riprodursi: la sterilizzazione eugenica per mezzo di farmaci.
Un altro programma di sterilizzazione di massa venne portato avanti da Horst Schumann tramite i raggi X: in poco tempo e con una spesa molto bassa potevano essere sterilizzate molte persone. L’ideale per preservare gli ebrei in grado di lavorare, ma per impedire loro di riprodursi. L’esperimento prese il via nel Blocco 30 di Birkenau, in cui i soggetti sperimentali – spesso all’oscuro di ciò che stava per accadere – venivano fatti entrare in una saletta di attesa, introdotti uno per uno nel laboratorio e sottoposti a raggi X. Le donne venivano inserite in due lastre che comprimevano la schiena e l’addome prima di subire le radiazioni; gli uomini poggiavano i testicoli e il pene su una speciale lastra. Molto spesso le donne riportavano gravi ustioni e sintomi di peritonite. Qualche tempo dopo le ovaie erano asportate chirurgicamente, con un intervento invasivo e grossolano che implicava complicazioni di varia natura, emorragie, infezioni, morte. L’intervento durava pochi minuti, dopo una rozza e dolorosa puntura lombare per l’anestesia parziale. “Presero noi perché non avevano conigli”, raccontò una giovane ebrea greca sopravvissuta all’intervento e alle gravi conseguenze.
Gli uomini riportavano scottature nell’area intorno ai genitali. Le vittime raccontarono della raccolta dello sperma tramite un apparecchio ideato da Schumann stesso (una specie di bastone introdotto nel retto che stimolava la prostata e provocava l’eiaculazione), dell’asportazione di uno o entrambi i testicoli in leggera anestesia. Le conseguenze di questi brutali interventi erano emorragie, setticemia, perdita di tono muscolare derivante dalle ferite. Molti morivano in poco tempo. Un gruppo di giovani polacchi dovette essere sottoposto a dosi particolarmente massicce di raggi X, tanto che i loro genitali marcirono.
Il delirio di sperimentazione godeva di assoluta libertà in assenza di ostacoli morali: la più potente arma di assoluzione si radicava nell’idea che quelle persone erano comunque condannate a morte, e pertanto non si stava procurando loro alcun danno.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Come promesso, anche se malinconicamente quasi fuori tempo massimo, torno con alcune considerazioni su di un post in effetti ben scritto, anche perché sembra veramente un peccato l’assenza di commenti in calce ad una simile fatica.
Intanto il lavoro è ben documentato: se citare la coppia Nyiszli-Mengele è infatti il passaggio obbligato di quanti affrontano l’argomento degli esperimenti eseguiti dai medici SS nei lager, già il riferimento a personaggi meno noti al pubblico quali Horst Schumann o Carl Clauberg (senza la n), indica un serio lavoro di approfondimento. Miklos Nyiszli, patologo universitario a Budapest, con studi in Germania, ottima conoscenza della sua materia e buona padronanza della lingua tedesca, diviene il collaboratore principale del Dr. Joseph Mengele, “l’arcangelo del male”, responsabile degli esperimenti nel Block 10 di Auschwitz. A lui dobbiamo la ricostruzione di quanto avvenuto e la descrizione del personaggio di Mengele, cui sembra calzare alla perfezione quel concetto di “banalità del male” reso da Hannah Arendt nel suo libro ispirato dal processo Eichmann. Mengele non è un mostro che divora bambini a colazione, è (si considera) un uomo di scienza con un obiettivo di ricerca ben preciso consistente nello scoprire i segreti della differenza tra razze e privo di scrupoli per quanto riguarda i mezzi da usare allo scopo. Ha carta bianca, dovendo rispondere del suo operato direttamente ad Himmler, il che gli consentirà tra l’altro, in contrasto con l’autorità del campo, di preservare proprio Nyiszli dall’eliminazione prevista ciclicamente per tutti i membri del Sonderkommando, costituito da internati che le SS usavano per il lavoro sporco e che sostituivano trimestralmente per non lasciare in giro eventuali testimoni scomodi. A Mengele non mancano le risorse, nel più grande campo di concentramento del Terzo Reich dove la perfetta macchina organizzativa SS convoglia ebrei e altri nemici del Reich in proporzioni bibliche. E dove può pescare gemelli di ogni età e condizione da sottoporre ai suoi esperimenti, gemelli che vengono poi eliminati in contemporanea realizzando, per usare le parole dello stesso Nyiszli, il sogno segreto di qualunque anatomo-patologo: l’autopsia simultanea di due gemelli. L’atmosfera di lavoro è sovente “mistica” con un Mengele che non si sottrae quasi mai alle fatiche del lavoro di ricerca e che viene descritto come ben consapevole dell’importanza della sua ricerca per il Reich: scoprire il segreto delle gravidanze gemellari per consentire alle donne tedesche di dare alla luce sempre dei gemelli e raddoppiare la potenza demografica dello Herrenvolk. Il senso di impunità diviene ben presto convinzione profonda di essere nel giusto. A suo tempo, dinanzi alle esitazioni di Handloser (generale medico a capo dei servizi sanitari dell’esercito), Himmler rispondeva con fastidio “Responsabilità? Quali responsabilità? Lo Stato, cioè il Fuhrer ed io, si assume tutte le responsabilità, voi dovete solo eseguire degli ordini nell’interesse della nazione.” Una linea che sarebbe riecheggiata spesso, a torto o a ragione, nelle aule di Norimberga. Certo, dopo il crollo, gli sperimentatori sembreranno riacquisire una certa consapevolezza dell’enormità di quanto compiuto, cercando di lasciar perdere le loro tracce. In questo momento nasce la leggenda dell’inafferrabile Mengele, braccato senza soste, e senza successo, dagli agenti del Mossad, gli stessi che metteranno le mani su Eichmann nel ’61. Esiste però una eccezione a quanto appena affermato: il prof. Carl Clauberg. Arrestato e internato dai Sovietici alla fine della guerra, rimandato in patria nel 1957 nel quadro di uno scambio di prigionieri conseguente al momentaneo disgelo Est-Ovest dell’epoca Kruscev, il professore prima partecipa ad un congresso di Ostetricia dove presenta i dati dei suoi esperimenti nei campi e poi, imperturbabile, decide di riprendere la sua attività professionale: un bel giorno tutti i principali quotidiani della Germania Federale pubblicano il suo annuncio relativo alla ricerca di personale da assumere nel centro di cui si annuncia l’imminente apertura e che sarà diretto dal professore, che appare col suo vero nome seguito dai suoi titoli accademici. Una volta squarciato il velo dell’oblio però, inizieranno a piovere le denunce. Il resto è noto, con l’incarcerazione di un Clauberg in realtà intimamente lusingato dal clamore creatosi intorno al suo personaggio, e la sua successiva morte in prigione per crisi cardiaca.

La prima considerazione è già stata efficacemente avanzata nel post: tentare di accostare l’eugenetica nazista alle attuali possibilità di manipolazione genetica migliorativa del patrimonio genetico individuale è manovra scorretta, frutto di maldestri tentativi di strumentalizzazione di bassa lega. Da una parte l’etica di stato imposta agli individui in nome del superiore interesse della nazione, dall’altra misure offerte agli individui per migliorare la loro condizione, nel rispetto della loro insindacabile libertà di scelta al riguardo.
Agganciata a questa prima considerazione, ne consegue un’altra sulla responsabilità e liceità della ricerca, sui limiti entro i quali eventualmente confinare l’azione dell’uomo di scienza, per evitare l’eccesso dei Mengele e dei Clauberg. Tale argomento è parimenti ridicolo, in quanto non è la scienza in sé a costituire un pericolo, piuttosto la sua strumentalizzazione da parte, ad esempio, di uno stato totalitario. Le garanzie previste da uno stato liberale che tutela le libertà individuali di ognuno dei suoi cittadini escludendo disparità di trattamento legate a condizioni personali forniscono, da questo punto di vista, le più ampie garanzie al riguardo.
Infine, una osservazione che non può non balzare agli occhi, una analogia che certo non sfugge agli osservatori più attenti: se nel Terzo Reich è lo stato ad esercitare il diritto di vita o di morte sui suoi cittadini, perché non è il singolo ma lo stato ad avere diritti sulla sua vita, in nome del superiore rispetto dovuto all’integrità del Volk, così ai nostri giorni una concezione teocratica di ispirazione vaticana pretende che sia la divinità a disporre del diritto di vita o di morte sulle persone, tenute all’osservanza della indisponibilità della vita in nome del rispetto dovuto al Creatore che di tale vita ha fatto graziosamente dono agli uomini. Totalitarismi diversi in epoche diverse, accomunate dallo stesso disprezzo per le libertà individuali. Con una differenza di metodo: i nazisti erano spietati, ma non ipocriti. Non pretendevano di agire per il bene delle loro vittime, per la cui sorte manifestavano solo una certa indifferenza di fondo. Non sbriciolavano le libertà individuali di una persona pretendendo di agire per il bene di questa persona. In questo senso, ed in rapporto ai fondamentalisti religiosi intrisi di convincimenti teocratici, in rapporto ai cosiddetti difensori della fede, i difensori del Volk non sembrano occupare il vertice dell’abiezione.

Chiara Lalli ha detto...

Filippo,
ti ringrazio per il tuo commento e per la correzione di Carl Clauberg (una mia distrazione ripetuta oppure il temibile correttore automatico di word...).
Non credo ci sia un fuori tempo massimo per aggiungere considerazioni tanto interessanti. Se per te va bene, posterei il tuo commento (o lo segnalerei almeno in modo più evidente) perché merita davvero di essere letto da più persone possibili.
Grazie ancora, i tuoi commenti sono sempre preziosi.

Anonimo ha detto...

Carissima Chiara,
non posso che ringraziare a mia volta per la stima e la considerazione dimostrate.
Confermando quanto già affermato in precedenza, ossia che la pregiata coppia Lalli-Regalzi ha carta bianca su ogni riga vergata dal sottoscritto.