mercoledì 26 settembre 2007

Una sentenza bellissima

Da una prima lettura della sentenza del Tribunale Civile di Cagliari sul caso dei genitori che chiedevano di poter effettuare l’analisi genetica di preimpianto su un embrione congelato per determinare se fosse affetto da talassemia, emerge la totale pretestuosità delle critiche che in queste ore vengono mosse al giudice Maria Grazia Cabitza (giungendo fino all’invocazione di un’ispezione ministeriale da parte del solito Volontè). In effetti, per capire che chi denuncia una presunta contraddizione con una precedente ordinanza della Corte Costituzionale (24 ottobre - 9 novembre 2006, n. 369) non sa quel che dice, non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di leggere la sentenza odierna. La Corte aveva sì rigettato un’istanza di incostituzionalità della legge 40/2004 sollevata in merito alla medesima vicenda, ma soltanto per motivi procedurali, senza entrare minimamente nel merito.
La sentenza non lascia spazio neppure a chi sostiene che il giudice avrebbe invaso il campo della Corte Costituzionale, decretando da solo l’incostituzionalità della legge, o avrebbe addirittura «giudicato a prescindere» dalla 40/2004. La realtà è molto diversa: il giudice, avvalendosi delle proprie facoltà di interprete della legge, dimostra che la legge 40 non contiene in realtà alcun chiaro divieto della diagnosi preimpianto, ma anzi sembra implicitamente prevederla (art. 14 c. 5: «I soggetti di cui all’articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero»); dimostra altresì l’irrilevanza delle linee guida (all’art. 13), in quanto decreto ministeriale che non può negare quanto una legge permette. Infine, fa notare che l’interpretazione proposta è comunque quella che meno confligge con i principi costituzionali (artt. 2 e 32), e richiama a questo proposito l’invito espresso in più occasioni dalla Corte Costituzionale a determinare previamente se una legge ammetta un’interpretazione costituzionale, prima di (e in alternativa a) sollevare questione di legittimità.
Chi vorrà criticare la decisione del tribunale dovrà dunque entrare nel merito, invece di limitarsi ad accuse poco informate. Il compito si presenta comunque arduo: le argomentazioni del giudice Maria Grazia Cabitza sono serrate e – mi pare – logicamente e giuridicamente ineccepibili, e vanno a comporre una sentenza di qualità eccezionale, che sarà ricordata a lungo.
Questo non significa, naturalmente, che la legge 40 smetterà di produrre effetti nefasti: la stessa diagnosi genetica di preimpianto che qui si permette è comunque negata dall’art. 4 della legge, assieme al resto delle pratiche di procreazione assistita, a tutte le coppie che non siano anche sterili o infertili. Questo mostro giuridico rimane un monumento alle tenebre intellettuali e morali di chi l’ha voluto (e di chi non ha avuto il coraggio di cancellarlo) – anche se oggi un raggio di luce arriva da un giudice intelligente e coraggioso.

7 commenti:

Uyulala ha detto...

si potrà dire quello che si vuole ma a Cagliari nell'ambiente della giurisprudenza sono ferratissimi. E il problema della talassemia è profondamente sentito (dato che esiste un ospedale intero - efficientissimo - che si chiama "Microcitemico")

Anonimo ha detto...

@uyulala

http://www.sardegnasalute.it/index.php?xsl=313&s=36641&v=2&c=3270


Un semplice articoletto scientifico, neanche sulla diagnosi preimpianto, mette in mostra il danno creato da una legge nata su basi morali e religiose.

Poi ora vengo pure a sapere che il divieto alla diagnosi preimpianto era solo frutto di terroristiche linee guida ministeriali ...

Anonimo ha detto...

Sentenza esemplare, resto attonito su come un aborto giuridico come la legge 40, stia ancora in piedi.
E' mostruosa come contenuti,e gia' si sapeva,ma pure dal punto di vista tecnico e' scritta davvero male.
Spero che la poco onorevole Livia Turco, invece di dire scemenze sull'adottabilità degli embrioni,ponga rimedio con un semplice decreto ministeriale a questa infamia, anche se so già che questo sarà un sogno.

Anonimo ha detto...

E la sentenza apre anche la possibilità d'una fondata impugnativa avanti al T.A.R. Lazio del decreto ministeriale del 22 luglio 2004 recante le linee guida ministeriali emanate ai sensi dell’art. 7 legge n. 40 del 2004, "nella parte in cui preved[e] che “ogni indagine relativa alla salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell’art. 14 comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale”". La disapplicazione delle stesse da parte del Giudice, difatti, si fonda sulla loro illegittimità per violazione della legge stessa.

Resta il problema dell'individuazione dei soggetti legittimati ad impugnare. Certo mi pare difficile ipotizzare che lo facciano quelle zelanti associazioni che, in quanto soggetti collettivi aventi quale scopo statutario la tutela della salute dei cittadini, domandarono ed ottennero l’annullamento del decreto con cui il Ministro della Salute innalzò i limiti quantitativi della dose personale di cannabis introdotta dalla c.d. legge Fini-Giovanardi (altra perla destinata ad imperitura memoria nella produzione legislativa della precedente maggioranza).

Unknown ha detto...

Finalmente qualcosa si smuove sul fronte L.40/2004, che prima che essere una mostruosità giuridica,trasuda contenuti confessionali!!Aspettavo la pubblicazione della parte motiva della sent. del Trib. di Cagliari con un'enorme curiosità e devo dire che la logica e la coerenza delle argomentazioni interpretative di un magistrato intelligente,coraggioso ed estremamente professionale,sono molto più convincenti di una parte della classe politica cui difetta enormemente la chiara distinzione tra l'avere una propria moralità, religiosa,o di natura etica, ed il principio di laicità dello stato, strettamente inerente al ruolo istituzionale ricoperto in qualità di legislatori.

Unknown ha detto...

La laicità impone ai pubblici poteri di operare la distinzione tra "l'ordine delle questioni civili" e "l'ordine delle questioni religiose"; in forza di tale distinzione, la religione e gli obblighi morali non possono essere imposti come mezzo al fine dello Stato e ciò comporta per l'ordinamento giuridico dello Stato"il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti"(ex plurimis,C. Cost., sent. n. 334/1996.
In forza del principio di laicità dello Stato, PRINCIPIO SUPREMO DELL'ORDINAMENTO COSTITUZIONALE (C.Cost.,sent. 203/1989)i poteri pubblici DEVONO pertanto astenersi dal favorire o propagandare i valori di una determinata dottrina confessionale.

Anonimo ha detto...

Uyulala, ti prego, non dire sciocchezze. Ferratissimi? Ma lo sai quante ingiustizie vengono commesse ogni anno? Tra l'altro quel giudice non ha una gran fama, se parliamo di Giustizia (con la G maiuscola).