Dal convegno romano della Federazione internazionale degli operatori dell’aborto e della contraccezione, Cinzia Gubbini presenta ai lettori del Manifesto due interviste. La prima è ad Elisabeth Aubény, la ginecologa francese che ha sperimentato per la prima volta al mondo il metodo dell’aborto farmacologico con il mifepristone o RU486 («La ginecologa francese: “Lasciate libertà di scelta”», 14 ottobre 2006, p. 9):
Dottoressa Aubény, l’Italia è uno strano paese, soprattutto quando si parla di aborto...Parole da sottoscrivere in pieno (anche se la paura «di perdere il controllo sul corpo della donna» non è principalmente «dei medici», come afferma – diplomaticamente? – la Aubény).
Tutti i paesi lo sono.
Ma qui ci sono quattro medici indagati per non aver trattenuto in ospedale tre giorni le donne che si sottopongono a aborto medico...
Tre giorni? Beh, mi sembra molto, anche se ritengo che un paese debba essere cauto quando decide di introdurre queste novità. In Francia continuiamo, dopo tanti anni, a prestare ancora una grande attenzione. Ma dopo la somministrazione della Ru486, le donne possono tornare a casa e rientrare in ospedale quando devono assumere le prostaglandine. Anche da noi, comunque, quando è stata introdotta la pillola c’è stato un dibattito simile, ma il Comitato etico nazionale stabilì che per «aborto» bisogna considerare la somministrazione del farmaco, e non l’espulsione del feto.
Cosa risponde a chi dice che la RU è l’aborto facile?
Rispondo di no, con grande convinzione. Al contrario, l’aborto farmacologico è molto impegnativo: la donna si assume una grande responsabilità, assume il farmaco e assiste all’espulsione del feto. Quando ci si sottopone all’aborto chirurgico fa tutto il medico. È molto diverso.
Però le donne francesi preferiscono l’aborto farmacologico. Perché?
La pillola RU486 permette un aborto veloce, senza la necessità di sottoporsi a un’operazione chirurgica. E poi può essere utilizzato anche in una fase precoce della gravidanza, mentre quando si interviene con la chirurgia molti medici preferiscono attendere almeno otto settimane di amenorrea.
Quindi secondo lei è meglio la Ru.
Non dico questo. Dico soltanto che è necessario lasciare alle donne libertà di scelta. Ancora oggi, in Francia, il 40% delle donne che decide di abortire sceglie l’interruzione di gravidanza per via chirurgica. Si tratta di cose molto personali.
È vero che l’introduzione della RU486 comporta un aumento del numero di aborti?
Assolutamente no. Anzi, l’esperienza francese dimostra che dopo vent’anni di utilizzo della RU il numero di interruzioni non è cresciuto.
E allora perché l’introduzione di questo farmaco si porta sempre dietro una scia di polemiche?
Credo che ciò dipenda dalla paura dei medici di perdere il controllo sul corpo della donna. Con la RU486 è la donna a essere protagonista in prima persona e responsabile. Sarebbe bene considerare la RU semplicemente come una nuova tecnica abortiva. D’altronde in tutti i campi sanitari si cerca di privilegiare la medicalizzazione alla sala operatoria.
La seconda intervista è a Silvio Viale, e in essa si rivelano i risultati della sperimentazione sulla pillola abortiva condotta al S. Anna di Torino («La Ru486 funziona. Ecco i dati»):
sul totale delle donne che hanno deciso di assumere la Ru486 per interrompere la gravidanza, una ha rinunciato dopo l’assunzione della prima pillola (il mifepristone). In un caso l’aborto non è avvenuto (pari allo 0,27% del totale), e la donna ha subìto un aborto chirurgico. In 360 casi l’aborto è avvenuto (99,73%). In 23 casi, si è ricorso alla revisione della cavità uterina, non tramite raschiamento, ma praticando l’isterosuzione (un intervento meno invasivo).
1 commento:
Avevo letto anch'io le interviste del Manifesto. Mi sembrano veramente interessanti.
Forse bisognerebbe ricominciare a ragionare e a interrogarsi sul perchè l'aborto debba essere non solo dolore psicologico, ma anche fisico, quasi che la donna debba essere punita per quel gesto.
Un sauto
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