Le dichiarazioni del senatore Alfredo Mantovano (AN) a proposito della Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004, presentata oggi dal Ministro della Salute Livia Turco, meritano qualche commento.
I rappresentanti del Governo in carica hanno uno strano modo di illustrare i dati: invece di leggere i numeri danno i numeri. Il ministro della Salute informa che nel 2005 risultano 6235 gravidanze a seguito di fecondazione artificiale contro le 4807 del 2003: in termini assoluti, la legge 40, così combattuta e dileggiata, non solo non ha comportato alcun decremento, ma anzi ha fatto aumentare i “bimbi in braccio”.Se il sen. Mantovano avesse avuto la pazienza di leggere direttamente la Relazione, liberamente disponibile sul sito del Ministero, si sarebbe risparmiato quello che benevolmente si potrebbe definire uno sfondone imbarazzante. Si legge infatti a p. 6 del documento:
il numero totale delle gravidanze non è un dato confrontabile, in quanto nel 2003 operavano solo 120 centri e invece nel 2005 169 centri e in quanto anche le pazienti erano 17.125 nel 2003, mentre nel 2005 erano 27.254.Se nel 2005 si sono avute più gravidanze del 2003, insomma, è perché è cresciuto il numero delle pazienti che risultano aver fatto ricorso alla procreazione assistita, non perché è stata approvata la legge 40. (Aggiornamento: sulla questione ho scritto un secondo post, più dettagliato.)
E invece la sen. Turco segnala un calo in percentuale, perché spiega che nel 2005 sono stati censiti 169 centri che praticano la PMA, contro i 120 del 2003, sicché si avrebbe una “perdita ipotetica”. Da un ministro sulle cifre ci si attende certezze, non ipotesi. Faccia un raffronto fra i dati dei 120 centri censiti nel 2003 e gli esiti degli stessi 120 centri nel 2005: solo così i termini di confronto saranno omogenei. Diversamente sarà l’ennesima strumentale occasione per non darsi ragione della sconfitta referendaria di due anni fa.Di nuovo, Mantovano avrebbe dovuto leggere la relazione, prima di aprire bocca. A p. 8, infatti, viene presentato proprio il confronto limitato ai 96 centri (non 120: alcuni nel frattempo sono stati chiusi, o non hanno comunicato questa volta i propri dati) che sono stati censiti sia nel 2003 che nel 2005; una comoda tabella riassume i risultati a p. 101:
Anno 2003 2005
Cicli iniziati 18.867 18.036
Prelievi 16.764 15.947
Trasferimenti 14.946 13.895
Gravidanze 4.257 3.626
Si vede quasi subito che il numero di gravidanze per ciclo iniziato è minore nel 2005 rispetto al 2003, e non di poco: del 10,9%. Questo sembra indicare un calo nell’efficienza delle tecniche impiegate; ma se è così, la colpa è della legge 40?
Per scoprirlo proviamo a fare qualche conto. Calcoliamo in particolare la differenza percentuale, tra i due anni, del numero di prelievi per ciclo, del numero di trasferimenti per prelievo, e di quello di gravidanze per trasferimento. I risultati sono questi:
Prelievi per ciclo: -0,5%
Trasferimenti per prelievo: -2,3%
Gravidanze per trasferimento: -8,4%
La legge 40 ha poco o nulla da dire su ciò che succede tra l’avvio del ciclo di trattamento e il prelievo degli ovociti; e dal 2003 al 2005 il numero di prelievi per ciclo è rimasto praticamente invariato. La legge 40 consente di fecondare un massimo di tre ovociti alla volta, diminuendo quindi la probabilità di ottenere anche un solo embrione adatto al trasferimento; e dal 2003 al 2005 il numero di trasferimenti per prelievo è diminuito in modo contenuto ma significativo. La legge 40, soprattutto, impedisce qualsiasi selezione degli embrioni: se prima si potevano trasferire solo i più vitali, aumentando le possibilità di gravidanza, adesso ci si affida solo alla sorte; e dal 2003 al 2005 il numero di gravidanze per trasferimento è vistosamente diminuito.
Basta questo a dimostrare l’identità del colpevole? Un’obiezione intelligente – e infatti non è del sen. Mantovano – è che le gravidanze diminuirebbero anche se fosse aumentata per qualche motivo l’età media delle donne che si sottopongono alle procedure. La Relazione, per un’assurda clausola della normativa sulla privacy, dà in generale solo dati aggregati; ma a p. 68 una tabella mette in rilievo la forte dipendenza del numero di prelievi per ciclo dall’età delle pazienti – numero che, come abbiamo appena visto, è l’unico ad essere rimasto invariato, suggerendo che sia rimasta invariata anche l’età media. Questo non risolve la questione, ma è un indizio importante, in attesa degli studi ulteriori che la Relazione promette a breve scadenza.
L’unica cosa certa, al momento, è che da domani gli argomenti del sen. Mantovano, o altri di uguale valore, ingombreranno le colonne del Giornale, di Avvenire e del Foglio. Se quello che dice questa gente non toccasse in modo tanto drammatico le vite di così tante coppie, ci sarebbe da divertirsi.
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