martedì 18 luglio 2006

Alveda King, aborto e afroamericani

Su Zenit è stata pubblicata una intervista inquietante dal titolo Il dramma dell’aborto tra gli afroamericani, secondo la nipote di Martin Luther King. Intervista ad Alveda King, Direttrice dell’African American Outreach for Gospel of Life (NEW YORK, 17 luglio 2006).

Ogni bambino abortito è come uno schiavo nel ventre: la madre decide la sua sorte, afferma Alveda King, nipote del leader delle battaglie per i diritti civili Martin Luther King.
La Direttrice dell’African American Outreach for Gospel of Life afferma che una vita retta è l’unica soluzione al problema dell’aborto.
Già questa premessa basterebbe per capire quale sarà il tono dell’intervista. Niente male poi l’ostinazione nel sottolineare la parentela con Martin Luther King. Una vita retta sarebbe una vita senza sesso? E cos’altro? Senza dire bugie? Sei si ha pazienza si scopre cosa intende Alveda King.
Domanda: C’è un elevato tasso d’aborto tra gli afro-americani, e questo riflette un problema delle madri single che deve essere risolto. L’aborto sembra come la soluzione al “sintomo” bambini. Qual è la soluzione adeguata?
King: La soluzione appropriata è la rettitudine e la vita santa, inclusi l’astinenza e il matrimonio. Per tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dalla situazione economica.
Ecco appunto: la vita santa. Non è chiaro per quale ragione il matrimonio dovrebbe escludere il ricorso all’aborto. Probabilmente perché Alveda King ritiene che sono le donne sole e con una vita promiscua a ricorrere ad una azione immorale e atroce.
Domanda: Lei recentemente ha detto: “Come potrà sopravvivere il sogno se uccidiamo i bambini?”.
King: Nell’attuale parodia del dibattito sull’ipotesi che l’aborto e l’infanticidio debbano essere permessi, una voce nel deserto continua a gridare: “Cosa succede ai bambini?”.
Abbiamo alimentato tanto il fuoco dei “diritti delle donne” da essere diventati sordi di fronte al grido delle vere vittime, i cui diritti vengono violati: i bambini e le madri. Legalmente la donna ha il diritto di decidere cosa fare del proprio corpo, ma ha anche quello di conoscere le serie conseguenze e ripercussioni della decisione di abortire.
Cosa succede con i diritti di ogni bambino la cui vita viene artificialmente interrotta prima del tempo nel ventre materno, solo per avere il cranio perforato e sentire – sì, sentire in modo agonizzante – che la vita gli viene tolta prima di poter realizzare la sua prima ispirazione di libertà?
Cosa succede ai diritti delle donne che sono state chiamate ad essere pioniere di nuove frontiere del nuovo millennio, solo per vedere la loro vita spenta prima del tempo? Che segnali contraddittori stiamo inviando oggi alla nostra società?
Permettiamo loro e spesso le esortiamo al sesso promiscuo. Quando concepiscono diciamo loro: “Non uccidere il bambino, lascia che i nostri strumenti per l’aborto lo facciano per te”.
Mio nonno, Martin Luther King senior, ha detto una volta: “Nessuno ucciderà uno dei miei bambini”. Purtroppo, due dei suoi nipoti erano già stati abortiti quando salvò la vita di un altro con questa affermazione.
Come può sopravvivere il “sogno” se uccidiamo i bambini? Ogni bambino abortito è come uno schiavo nel ventre. La madre decide la sua sorte.
Ci sono tutti gli ingredienti di una tipica argomentazione (zoppa) antiabortista: le vere vittime, i diritti attribuiti a partire dal concepimento, il cranio perforato (Alveda sceglie con precisione le parole più crude) fino ad arrivare alla stilettata contro le abitudini sessuali promiscue delle donne (non si dice nulla sugli uomini, forse si concede loro il perdono più facilmente per un comportamento immorale: loro non rischiano di uccidere una creatura se si concedono una scopata). Quale parodia?
Domanda: Cos’ha imparato nella sua famiglia sulla dignità della vita umana?
King: Mio zio, il dottor King, ha detto: “Il nero non può vincere se sta sacrificando volontariamente la vita della sua famiglia in cambio del comfort personale e della sua sicurezza”. I miei genitori mi hanno cresciuta da cristiana e io credo nella Bibbia. Mio nonno è stato molto deciso sulla vita dei non nati, e rifiutava l’idea dell’aborto.
Ridurre le interruzioni di gravidanza al non volere rinunciare alle comodità è davvero riduttivo e terribilmente banale. Il richiamo al parente più famoso rasenta il ridicolo: il solito argomento che si appiglia alla fama di chi ha fatto una dichiarazione come dimostrazione della correttezza della dichiarazione stessa.
Ah, il nero non può vincere se sacrifica volontariamente..., e il bianco?

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