“Il testamento biologico è uno strumento che non dovrebbe esistere, perché parte dall’idea conflittuale del rapporto tra medico e paziente”. A sostenerlo è Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica.Pessina: Testamento biologico causa conflittualità, Vivere & Morire, 30 giugno 2006).
“Il medico – ha affermato Pessina in occasione del convegno per la celebrazione dei primi 20 anni di attività dell’istituto – non deve fare l’accanimento terapeutico perché è sbagliato, e non perché glielo chiede o impone una carta. Quello del testamento biologico è un discorso ideologico, che pone una frattura tra medico e paziente, in cui ci si affida a una mediazione legislativa. Il consenso informato era invece nato proprio per migliorare il dialogo tra malati e medici”.
Proviamo a sostituire ‘medico’ e ‘accanimento terapeutico’ (ovvero l’attore e l’azione specifici). L’amministratore di un condominio non deve usare i soldi dei condomini per scopi personali perché è sbagliato, e non perché glielo chiede o impone una carta. Sì, d’accordo. In un mondo ideale non ci sarebbe da obiettare. Ma in quello reale è meglio che ci sia una garanzia scritta della possibilità del paziente di rifiutare l’accanimento terapeutico, senza affidarsi completamente al buon cuore del medico (o all’onestà dell’amministratore di condominio).
È davvero oscuro perché il testamento biologico sarebbe un discorso ideologico. Il testamento biologico è una diretta e coerente conseguenza anche del consenso informato (che Pessina sembra apprezzare): il paziente può decidere di se stesso, viene informato (dovrebbe venire informato) degli aspetti di un intervento o di un trattamento medico e poi può decidere di sottoporvisi (firmando). Ma può anche decidere di rifiutare: anche questo sarebbe ideologico? E poi non facciamo del romanticismo da appendice dicendo che il consenso informato è nato per migliorare il dialogo tra malati e medici. Perché è nato soprattutto per dirimere contenziosi legali. Perché appunto siamo nel mondo reale e il rapporto tra medici e pazienti è difficile (conflittuale, per dirla con Pessina), tormentato a volte, e sicuramente non può essere regolato esclusivamente dal senso di giustizia del medico (che il consenso informato non sia lo strumento migliore è un altro discorso).
In parole semplici: secondo Pessina non dovrebbe esistere la possibilità di decidere della propria esistenza?
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