sabato 15 luglio 2006

Per Il Foglio la parte è uguale al tutto

Il commento dei teocon all’appello a Prodi del Gruppo di Ricercatori Italiani sulle Cellule Staminali Embrionali non si è fatto attendere: sul Foglio di oggi un editoriale non firmato proclama tra l’altro («Non c’è pace per gli embrioni», 15 luglio 2006, p. 3):

A Prodi, come uomo di stato, spetta l’obbligo di far rispettare la legge. Quella in vigore, che gli italiani a larghissima maggioranza hanno rifiutato di abrogare o manomettere, dice che è vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano. Il senso della norma è chiarissimo, e le contorsioni dialettiche di alcuni ricercatori e i cavilli di qualche giudice non possono cambiare questa situazione.
Effettivamente la norma dice proprio così: «È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano» (art. 13, comma 1, legge 40/2004). Il legislatore ci teneva, evidentemente, ad essere preciso – anche a scapito della lingua italiana: chissà cosa succederebbe, si sarà detto, se scrivessimo «È vietata ogni sperimentazione sugli embrioni umani»! Senonché, in cotanto sfoggio di precisione, manca qualsiasi accenno alle cellule staminali embrionali. Ora, le cellule staminali embrionali fanno parte di embrioni, ma non sono esse stesse embrioni; affermare il contrario sarebbe come dire che quando Angelo Vescovi compie i suoi esperimenti – benedetti da integralisti e teocon – sulle cellule staminali adulte, sta in realtà compiendo sperimentazioni sugli esseri umani. È vero che le cellule staminali embrionali, nelle primissime fasi della divisione cellulare, se isolate possono svilupparsi a loro volta dando vita ad embrioni (sono cioè totipotenti); ma quelle utilizzate dagli studiosi provengono dallo stadio posteriore di blastocisti, quando hanno perso ormai la totipotenza, e sono solo pluripotenti (cioè possono dare origine a qualsiasi tessuto umano, ma non a un intero organismo).
Forse al Foglio si saranno detti che comunque, per ottenere quelle cellule, gli studiosi avranno dovuto sacrificare degli embrioni, o almeno indurre qualcuno all’estero a farlo per loro, contravvenendo così all’art. 14, comma 1 della legge 40; ma non è vero neanche questo. Come scrive Anna Meldolesi, riferendosi agli otto progetti europei sulle staminali embrionali finanziati nell’ambito del Sesto Programma Quadro, a sei dei quali partecipa anche l’Italia («Staminali, quello che Prodi dovrebbe sapere», Il Riformista, 1 luglio 2006):
Un altro dato da cui non si può prescindere è che nessuno degli otto progetti prevede lo sviluppo di nuove linee cellulari a partire da embrioni sovrannumerari, ma solo l’utilizzo di linee cellulari già esistenti. In linea teorica entrambi gli approcci potrebbero godere dei fondi comunitari, ma la severità delle valutazioni etico-politiche a cui ogni progetto è sottoposto prima di essere approvato è tale che soltanto il secondo approccio finora è stato ammesso nella pratica [corsivo mio].
Le cose sarebbero più semplici se Il Foglio avesse puntellato il suo anatema con qualche ragionamento; ma questo non è avvenuto. Possibile che lo spazio fosse così tiranno?
C’è una peculiare impostura, che consiste nel proclamare come evidente una verità, senza però fornire alcuna prova di ciò che si dice – perché non ce n’è. Mi sbaglierò, ma ho il sospetto che l’anonimo editorialista proprio di questo si sia reso colpevole.

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