lunedì 24 luglio 2006

Giuseppe Sermonti, Ratzinger ed Einstein vanno a un concerto di Bernstein

Stai scorrendo un articolo di Giuseppe Sermonti di qualche tempo fa («Ratzinger, la fecondazione e “l’altamente superfluo miracolo della bellezza”», Il Foglio, 4 luglio 2006, p. 2). Leggi di come Ratzinger («uno dei più grandi teologi del secolo» – di quello passato, supponi), a un concerto di Bernstein con musiche di Bach, si fosse chinato a sussurrare nell’orecchio del vescovo luterano Johannes Hanselmann «Chi ha ascoltato questo sa che la fede è vera». Leggi che i fisici militanti hanno deciso di astrarre dal sentimento estetico e dall’atteggiamento morale. Che gli scienziati evoluzionisti intendono l’universo solo in termini di economia. Che delicate poetesse protestano contro i matematici. Che con l’avvento della teoria evolutiva bontà e bellezza furono accettate solo se dimostravano un ritorno commerciale, come cortigiane del Profitto. Ma pensa un po’. E stai per chiudere annoiato, quando inciampi in questo (l’integrazione fra parentesi quadre nel testo è di Sermonti):

Se, davanti all’orchestra diretta da Bernstein, Ratzinger avesse avuto accanto Albert Einstein, forse il grande fisico gli avrebbe risposto melanconicamente con queste parole, riportate nei suoi “Pensieri”: “La teoria di Darwin sulla lotta per l’esistenza e sulla selezione ad essa connessa [ha purtroppo reso] il mondo attuale più simile a un campo di battaglia che ad un’orchestra...”.
Ah, dici. Questa non me l’aspettavo. E già ti intristisci, pensando a una delle tre somme menti scientifiche di tutti i tempi che svillaneggia come un Sermonti qualsiasi una delle altre due. Menomale che Einstein per Newton non aveva che ammirazione. Però, ora che ci pensi, ti sembra di ricordare che avesse detto qualcosa di positivo anche su Darwin. Tiri fuori un vecchio Boringhieri, della gloriosa «Universale scientifica» (Albert Einstein, Pensieri degli anni difficili, trad. di Luigi Bianchi, Torino, Boringhieri, 1965, pp. 159-60; tit. or., Out of My Later Years, 1950) e, sì, eccolo:
Io non credo che si possa assicurare una grande era atomica organizzando la scienza, nella maniera in cui sono organizzate certe grandi società industriali. Si può organizzare l’applicazione delle scoperte già fatte, ma non il processo che ne permette anche una sola. Soltanto un individuo libero può fare una scoperta. … Potete immaginare un’organizzazione di scienziati che faccia le scoperte di Charles Darwin?
Nell’originale inglese suona così:
I do not believe that a great era of atomic science is to be assured by organising science, in the way large corporations are organised. One can organise to apply a discovery already made, but not to make one. Only a free individual can make a discovery. … Can you imagine an organisation of scientists making the discoveries of Charles Darwin?
Dai un’occhiata al titolo del volume che hai in mano: ehi, ti dici, saranno mica questi i “Pensieri” citati da Sermonti? Scorri le pagine, e ti imbatti quasi subito (a p. 81) in questo:
La teoria di Darwin della lotta per l’esistenza e il principio della selezione che le è connesso sono stati citati da molti come un’autorizzazione ad incoraggiare lo spirito di competizione. Certuni in questo modo hanno anche tentato di dare una dimostrazione pseudoscientifica della necessità della lotta economica distruttrice nella competizione fra gli individui.
È sicuramente il passo del Foglio, ma Sermonti ha troncato la citazione troppo presto: Einstein diceva che la colpa non era della teoria di Darwin, ma dei suoi troppo zelanti interpreti... Per scrupolo controlli di nuovo l’inglese:
Darwin’s theory of the struggle for existence and the selectivity connected with it has by many people been cited as authorization of the encouragement of the spirit of competition. Some people also in such a way have tried to prove pseudoscientifically the necessity of the destructive economic struggle of competition between individuals.
Beh, pensi, c’è ancora la seconda parte della citazione di Sermonti, e continui a leggere. Due minuti dopo sei arrivato alla fine del capitolo, e ti stai grattando la testa: non c’è traccia di niente che suoni come «[ha purtroppo reso] il mondo attuale più simile a un campo di battaglia che ad un’orchestra». Non hai voglia di rileggerti tutto il resto del libro per ritrovare la citazione; quindi cerchi un po’ in rete. Basta poco per fare una scoperta curiosa: non è la prima volta che Sermonti usa quella frase. Però per avere il quadro completo devi andare in biblioteca.

Aspetti di capitare da quelle parti per un’occasione più degna, e quando la trovi varchi finalmente le porte della Nazionale. Chiedi il tuo libro (Giuseppe Sermonti e Roberto Fondi, Dopo Darwin. Critica all’evoluzionismo, Milano, Rusconi, 1980), aspetti cinquanta minuti leggiucchiando riviste (oramai non sacramenti più per queste attese interminabili: sai che è inutile), e quando arriva il volume ti fiondi a p. 6, in mezzo alla «Premessa» firmata da entrambi gli autori. Dopo aver riportato alcuni brani di Darwin sulla lotta tra gli uomini e tra le razze, molto citati – in genere a sproposito – dai creazionisti, i due scrivono:
Questo fondamentale cinismo darwiniano è stato ben compreso da Albert Einstein, che è stato abbastanza generoso da attribuire l’idea della sopraffazione come criterio di sviluppo, non al fondatore, ma ai “molti” o agli “alcuni”. Egli scrisse:
«La teoria di Darwin sulla lotta per l’esistenza e sulla selezione ad essa connessa è stata da molti assunta come un’autorizzazione a incoraggiare lo spirito di competizione. Alcuni hanno anche tentato in questo modo di provare in maniera pseudoscientifica la necessità di una lotta economica distruttiva nelle competizioni tra individui... Il mondo attuale assomiglia più a un campo di battaglia che ad un’orchestra. Dovunque nella vita economica come in quella politica il principio guida è quello della lotta spietata per il successo a danno dei propri simili».
In questa incarnazione precedente dell’Einstein sermontiano, la citazione è abbastanza completa da riportare l’imputazione agli interpreti di Darwin, anche se questa è attribuita alla generosità einsteiniana; inoltre, il nesso causale che lega la seconda alla prima parte è sostituito qui da un più sibillino accostamento (i puntini di sospensione non sono di sospensione ma, nel peculiare stile della casa editrice, di ellissi). Questo però lo penserai dopo; adesso fissi la pagina, priva di qualsiasi nota bibliografica: la fonte della seconda parte ti sfugge ancora. E stavolta sì che ti metti a sacramentare (a bassa voce, per non svegliare il tipo accanto a te che sta dormendo con la testa appoggiata al suo portatile).

Torni a casa imbufalito, pesti sulla tastiera del computer, fai quasi schiattare i server di Google, ma alla fine ci sei. Eccola («Religion and Science: Irreconcilable?», The Christian Register, giugno 1948; poi in Albert Einstein, Ideas and Opinions, New York, Crown, 1954, pp. 49-52):
When considering the actual living conditions of presentday civilized humanity from the standpoint of even the most elementary religious commands, one is bound to experience a feeling of deep and painful disappointment at what one sees. For while religion prescribes brotherly love in the relations among the individuals and groups, the actual spectacle more resembles a battlefield than an orchestra. Everywhere, in economic as well as in political life, the guiding principle is one of ruthless striving for success at the expense of one’s fellow men.
Traducendo:
Quando si considerano le effettive condizioni in cui vive l’umanità civilizzata di oggi dal punto di vista dei comandamenti religiosi, anche i più elementari, non si può fare a meno di provare una profonda e dolorosa delusione di fronte a ciò che si vede. Perché mentre la religione prescrive l’amore fraterno nei rapporti tra gli individui e tra i gruppi, lo spettacolo reale somiglia più a un campo di battaglia che a un’orchestra. Ovunque, nella vita economica come in quella politica, il principio guida è quello di una lotta senza scrupoli per il successo a scapito dei propri simili.
Leggi e rileggi tutto il breve saggio: forse che Einstein vi afferma in qualche modo che la teoria di Darwin «ha purtroppo reso» il mondo attuale più simile a un campo di battaglia che ad un’orchestra? No. O che sono state le interpretazioni della teoria dell’evoluzione a renderci questo cattivo servigio? Neppure; in effetti, a Darwin e alla sua teoria non si fa il minimo cenno. Si accenna, è vero, a certi non specificati pessimisti che ritengono che questo stato delle cose derivi ineluttabilmente dalla natura umana («There are pessimists who hold that such a state of affairs is necessarily inherent in human nature»); ma non si dice che sono stati loro a causarlo.
E capisci allora che Sermonti ha confezionato o utilizzato un disinvolto montaggio del pensiero del fisico tedesco, e che a rispondere «melanconicamente» a Ratzinger, durante il concerto di Bernstein, è lui, lo stesso Sermonti, con parrucca e baffi finti, camuffato da Einstein...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Gran bel lavoro di ricerca e svelamento! (thewreck)

FreeSilio ha detto...

Non è la prima volta che il prof. Sermonti viene scoperto a contraffare il pensiero dei grandi del passato per farlo collimare con le sue superstizioni.

Stessa cosa aveva fatto, in altra occasione, col pensiero di Darwin che, grazie a delle FALSE citazioni dalle sue opere, veniva additato come un razzista, un legittimatore del nazismo, etc, etc...

Quando uno "scienziato" umilia a tal punto l'intelligenza sua e dei suoi poveri lettori in buona "fede", meriterebbe che gli fosse tolto non solo ogni incarico presente e futuro, ma addirittura la stessa laurea, di cui si è dimostrato indegno.

Cloud ha detto...

Non giustifico ciò che ha fatto Sermonti. Tuttavia Sermonti è un grande scienziato oltre che un grande uomo, e crede in un ideale.
Purtroppo in questo caso è degenerato in una sorta di fanatismo che l'ha portato ad eccedere.
Ma l'ha fatto in buona fede.
Lo stesso Darwin predicava falsità che ancora oggi vengono insegnate nei libri di storia e molti vi credono.
Ci vuole più fede per credere alle assurdità (dal punto di vista sia biologico, che logico stesso) piuttosto che a credere in Dio.