domenica 9 luglio 2006

Mario e il mostro

Mario Mauro, eletto al Parlamento Europeo con Forza Italia, manifesta a Marina Valensise del Foglio le sue preoccupazioni per la prossima riunione del Consiglio dei ministri europei, l’11 luglio, che dovrebbe ratificare (se l’Italia confermerà il proprio ritiro dalla minoranza di blocco) la decisione del Parlamento di Strasburgo sui fondi da erogare alla ricerca sulle cellule staminali, nell’ambito del Settimo Programma Quadro («Mauro a Prodi: “Rimetta quella firma e salvi la nostra sovranità”», Il Foglio, 7 luglio 2006, p. III).

Mauro sta studiando la possibilità di uno sciopero fiscale, in difesa del principio di sussidiarietà: “Non si possono usare i soldi dei contribuenti per finanziare attività vietate in molti stati membri”. E parla già di istigazione a disobbedire alle leggi, citando le sentenze della Corte di cassazione che ne hanno riconosciuto la legittimità “in caso di violazione della morale di una persona”.
Purtroppo la Valensise non ci dice a quali sentenze si sia riferito l’europarlamentare (sentenze di cui non trovo traccia da nessuna parte); sarebbe interessante sapere, nel caso, come la Corte abbia interpretato l’art. 62 del Codice Penale, che indica nelle finalità morali un’attenuante dei reati, e non un’esimente. Ma soprattutto, sarebbe interessante sapere se Mario Mauro ritenga che anche chi si oppone, per esempio, alla legge 40/2004 perché viola le proprie convinzioni morali, sia legittimato a istigare gli altri a disobbedirle. Noi non possiamo fare a meno di provare nostro malgrado simpatia per chi non vuole che i propri soldi siano impiegati per scopi che ripugnano alla sua coscienza – anche se poi, chissà cosa farebbe qualora una cura efficace sortisse da quelle ricerche che non ha pagato: si sa, gli obiettori di coscienza che non si assumono il peso delle proprie scelte, facendosi scudo di leggi compiacenti (proprio come vorrebbe fare Mario Mauro), passano spesso dall’esibizione pubblica della virtù alla rivelazione del vizio privato. Ci aspetteremmo, allora, anche dall’altra parte uguale simpatia per chi ritiene nella propria libera coscienza che sia meglio eseguire una diagnosi preimpianto prima piuttosto che un aborto terapeutico poi, o per chi considera comunque degna di essere vissuta la vita di un bambino nato per fecondazione eterologa, per quanto frustrante questo possa poi trovare la mancata conoscenza del proprio genitore genetico. Ahimè, Mario Mauro sarà anche un sostenitore della libertà di coscienza; ma tutto lascia pensare che una coscienza la attribuisca solo a sé e a chi la pensa al suo stesso modo.
Questa mancanza di reciprocità si nota anche altrove, nell’articolo:
Mauro è convinto che “la demagogia della libertà di ricerca” copra “l’acquiescienza [sic] al lobbismo dell’industria”. … Del resto, poi, ci sarebbe l’idea di presentare un ricorso in tribunale, per lesione dell’interesse materiale: “Prendiamo il caso di un laboratorio che lavori sulle staminali adulte, tratte dal sangue del cordone ombelicale, usando fondi europei. Nel momento in cui l’Ue viola un codice, approvando la ricerca sulle staminali embrionali, lede l’interesse di questo centro. Il che legittima il ricorso a un tribunale”.
Non ho la benché minima idea di quale codice Mauro stia parlando; quello che qui ci interessa notare è che l’europarlamentare riconosce che chi si occupa di cellule staminali possa avere un «interesse materiale». Ma allora, cosa impedisce di dire, a proposito dello stesso Mauro, che «la demagogia del rispetto per la vita copre l’acquiescenza al lobbismo dell’industria»? Eh già, perché anche le cellule staminali adulte attirano interessi corposi; un articolo su NewScientist.com di pochi anni fa descriveva alcune delle lotte fra aziende, ansiose di far prevalere i propri brevetti su quelli delle altre (Sylvia Pagán, «Greater potential of adult stem cells revealed», 17 maggio 2003). Contrariamente a quanto sosteneva poco tempo fa il biologo Carlo Ventura in una intervista concessa ad Avvenire (Stefano Andrini, «Quelle “spinte” dell’industria biotech», 22 giugno 2006), anche le staminali adulte possono essere (e sono state) brevettate, sia pure limitatamente – almeno per ora – alle cosiddette cellule mesenchimali: la Osiris Therapeutics si ripromette di vendere le sue staminali, Mesoblast Limited vanta diritti esclusivi su una popolazione di cellule dello stesso tipo, e Aastrom Biosciences parla direttamente di proprietary stem cells. I brevetti sulle tecniche usate per isolare, purificare e arricchire le popolazioni di staminali adulte, poi, non si contano: basta una visita al sito dello United States Patent and Trademark Office per trovarne quanti si vuole. Tra gli altri, i nn. 6.093.531, 6.638.501 e 6.897.060: una terna tra i cui detentori risulta quel noto scienziato italiano che, benché «del tutto agnostico», si dice consapevole del valore della vita fin dal concepimento – sinceramente, ne sono certo – e che si è speso parecchio per far fallire i referendum sulla legge 40 nel 2005.

Infine, da un’ultima affermazione di Mario Mauro,
ci consegniamo nelle mani di un gruppo di irresponsabili rispetto alle dinamiche della rappresentanza, eterodiretti per fini discutibili, che in nome del primato europeo nel campo della ricerca finiscono per avallare una miserevole continuità tra gli ultimi esperimenti di Mengele e quelli attuali.
saremmo tentati di concludere che se c’è qualcosa di «miserevole» in tutto questo, non è certo nella immaginaria (e diffamatoria) continuità tra Mengele e i ricercatori moderni; ma bisogna essere comprensivi. Il nostro europarlamentare dice infatti anche un’altra cosa, rivelatrice:
Ma è anche persuaso che l’inerzia degli europarlamentari di fronte alle lobby verrà a cadere il giorno in cui saranno evidenti gli effetti concreti del loro voto. “Basterà vedere i primi mostri che nasceranno dalla ricerca sugli embrioni e gli europarlamentari finiranno per cambiare idea”.
E allora tutto diventa improvvisamente chiaro: ecco da dove deriva l’avversione di Mauro per la ricerca sugli embrioni! Se crede davvero che ne nasceranno mostri – e io credo che ci creda – questo non può che essere il risultato di uno choc infantile: forse una bambinaia disattenta l’avrà dimenticato in fasce davanti al televisore, proprio mentre stava per iniziare Il figlio di Frankenstein. Quaranta e passa anni dopo, noi ne paghiamo, incolpevoli, le conseguenze.

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