Ogni morte non augurata trascina chi sopravvive in domande alle quali non c’è risposta. In scenari alternativi e allucinatori delineati da controfattuali crudeli: se avesse preso una strada diversa, se fosse stato in ritardo come sempre, se fosse rimasto a casa. Mondi paralleli e irreali che si moltiplicano esponenzialmente. E che possono risalire indefinitamente il tempo passato.
Anche quando le morti sono annunciate e comprensibili – ammesso che esistano morti comprensibili. Una morte dopo una vita lunga e intensa, una morte non dolorosa. Anche una morte del genere suscita domande ossessive, come a chiedere anche un solo giorno in più o poche ore. Ancora qualche parola, taciuta o rimandata. E per difendersi da una realtà inaccettabile: l’altrui morte che impietosamente ci fa pensare alla nostra, oltre a privarci di una persona cara.
Il tormento è acuito quando la morte ha le sembianze di una morte stupida, evitabile, quasi ridicola. Morire strozzati da un proprio respiro o per un filo scoperto. Morire per una allergia non diagnosticata o scivolando sull’asfalto bagnato. O per una circostanza inconsueta: morire colpiti da un fulmine o per l’esplosione di un ordigno bellico sepolto 60 anni fa.
Morire per un intervento chirurgico abbastanza banale, morire per la voglia di essere più magre. Per un desiderio considerato, forse troppo frettolosamente, frivolo: ridurre il tessuto adiposo per motivi estetici.
È questa la ragione per cui la morte di Claudia Caldironi è scandalosa: perché è stata causata da un intervento chirurgico che non aveva ragioni mediche, un intervento volontario (e per nulla necessario) e letteralmente futile.
Inoltre la sua morte rientra in quella minima percentuale di rischio vissuto come estraneo (“è così raro morire per una liposuzione, non può succedere a me!”) ma ineliminabile: perché ogni intervento chirurgico, ogni farmaco e perfino ogni azione banale e quotidiana implica una percentuale di rischio che non è possibile azzerare. Spesso la percezione del rischio è più emotiva che razionale, e oscilla dall’annullamento del rischio stesso al suo ingigantimento: un caso tragico (la morte di Claudia) investe la valutazione della sicurezza dell’intervento stesso (la liposuzione, cui circa 60.000 persone si sottopongono in un anno, e il cui tasso di mortalità è molto basso). Forse non è solo la drammatica fatalità che ha colpito Claudia Caldironi a rendere la sua morte inaccettabile, quanto il fatto che non sembra nemmeno possibile, al momento delle indagini, individuare una responsabilità medica, un errore umano. Non che individuare un “colpevole” basterebbe a rendere la sua morte meno dolorosa. Ma probabilmente la renderebbe più comprensibile.
(Su E Polis con il titolo La follia di morire per voler essere più belli)
lunedì 2 aprile 2007
Morire di liposuzione
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento