martedì 3 aprile 2007

Pacta sunt servanda

Eccellente articolo sul Mattino di ieri a proposito di note vescovili e Concordato (Fulvio Tessitore, «Stato e Chiesa patti da osservare», 2 aprile 2007, pp. 1, 12):

l’articolo 7 della Costituzione richiama il concordato del 1929 e regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, dicendo che essi sono soggetti «indipendenti» e «sovrani» ciascuno nel proprio ordine. È vero che la Costituzione non indica i contenuti dei due ordini. Ma sono anche vere due cose. La prima è che i contenuti si possono ritenere quelli autonomamente fissati dai due soggetti: la Costituzione e le leggi per lo Stato, i documenti pontifici e il diritto canonico per la Chiesa (cioè, attenzione, non il Libro Sacro che è documento universale di fede, ma gli atti che concernono la Chiesa come organizzazione e come Stato, qual è la Città del Vaticano). La seconda osservazione concerne l’obbligo reciproco dei sottoscrittori del Concordato di non invadere le sfere di competenza dei due ordini «indipendenti» e «sovrani». Vale a dire che lo Stato non può dire alla Chiesa come regolare, ad esempio, la vita dei sacerdoti e, tanto meno, le proprie espressioni pastorali; non può dire al Papa e ai vescovi come devono organizzare la propria diocesi e come manifestare il proprio insegnamento pastorale. Ma, allo stesso modo, i vescovi e il Papa non possono dire allo Stato come deve regolare il proprio modo d’essere e ai cittadini dello Stato (politici compresi) come devono comportarsi in materie di ambito politico, quali ad esempio il voto, l’iscrizione ad un partito e simili. Che cosa significa questo? Significa che i vescovi possono richiamare i cittadini cattolici a rispettare i principi della propria fede, possono rivolgere appelli ed ammonimenti alla loro coscienza, ma non possono dire se devono votare o no, e come devono votare, perché ciò riguarda, come si dice, il foro esterno e non quello interno della coscienza. I cittadini cattolici devono essere liberi (al pari degli altri non cattolici o non praticanti) di tradurre i precetti dei vescovi in comportamenti coerenti, se lo vogliono. Se lo fanno, saranno elogiati, se non lo fanno saranno condannati. Ma non va lesa la loro libertà di cittadini di decidere, come ritengono, il loro comportamento politico, che riguarda la comunità statale. Capisco che la distinzione è sottile, ma questa è la situazione che si determina quando si è sottoscritto un patto, ossia l’accordo con lo Stato. Se la Chiesa vuole completa libertà di azione, deve essa denunciare il concordato, così da non avere i limiti che il concordato comporta. In tal modo rinuncerà ai privilegi che le vengono dal patto e però acquisterà piena libertà di dire e fare ciò che vuole. Se ha riconosciuta la «indipendenza» e la «sovranità» dello Stato non può correre il rischio di violarle, e si violano quando si entra in campo di comportamenti politici. Allo stesso modo lo Stato riconoscerà il Papa e i vescovi come maestri di una fede, che potrà essere tenuta in particolare considerazione in quanto la più diffusa tra i cittadini italiani, ma non più di questo. Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Forse la Chiesa non ha riflettuto a sufficienza, preoccupata come è dell’assedio che le cinge la crisi dei valori, i limiti che le derivano da aver sottoscritto il concordato. Se non vuole limiti, se non vuole violare i patti, denunci il concordato e nessuno più potrà accusarla di invasioni di campo. Finirà ogni polemica e tutti agiranno come detta la loro coscienza, che ognuno educa ai princìpi che ritiene propri e saggi.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Dubito assai che la chiesa non abbia riflettuto abbastanza sulle implicazioni del patto tra Stato italiano e Vaticano.
La chiesa, in realtà, cerca di ottenere quel che può: in Nicaragua fa pressioni per mantenere la sanzione penale per la sodomia, perché evidentemente sa di poterlo fare con una certa probabilità di successo, in Italia si può permettere di violare il Concordato, essendo consapevole che in pochissimi glielo rimprovereranno.
E' semplicemente "sano" opportunismo, direi.

Anonimo ha detto...

bioetiche, ovvero i talebani in camice bianco

papa boy

Anonimo ha detto...

Anonimo,
se cerchi talebani, li trovi a San Pietro...in fondo lo vogliono le stesse cose, la religione a fondamento del diritto.

Anonimo ha detto...

I talebani siete voi.
Inutile dissimulare.

Metilparaben ha detto...

Papa boy, la vostra propensione a parlare per slogan è tanto spiccata quanto la vostra incapacità di comprenderne il contenuto (ammesso che l'abbiano).
I "talebani in camice bianco", tra l'altro, non sono una grande idea neanche come slogan: l'unico talebano vestito di bianco che conosco è un tipo di cui tu i dichiari il "boy".
Uno che chiacchiera troppo.