venerdì 6 aprile 2007

Un partito laico

Con la prossima dissoluzione dei Democratici di Sinistra all’interno del costituendo Partito Democratico, da un lato, e dall’altro con la confluenza, che sembra delinearsi, della corrente scissionista di Fabio Mussi nella sinistra radicale del Pdci e di Rifondazione, svanisce dal panorama politico italiano anche la già debolissima parvenza di un partito di massa di sinistra che potesse rappresentare una scelta possibile – sia pure solo come «meno peggio» – per l’elettorato laicista e liberale. Perché non c’è dubbio che sia fuori discussione, per chi ha appena a cuore le libertà civili e democratiche, votare per un partito, come appunto il futuro Partito Democratico, che conceda spazio al suo interno agli agenti della Conferenza Episcopale Italiana (Nostra Signora del Cilicio e i suoi compari), o in alternativa per un fronte politico che riconosce in amici dei dittatori come Gino Strada i propri eroi. Non funziona più, d’altronde, il giochetto ormai frusto di rimandare ad ogni legislatura l’approvazione di una legge sul conflitto di interessi, per poter poi agitare alle elezioni successive lo spauracchio dei barbari alle porte: abbiamo finito di farci prendere in giro.

Quest’esito non era scontato: se alle ultime elezioni il centrosinistra avesse guadagnato una maggioranza meno risicata al Senato, sarebbe stato possibile approvare qualche provvedimento autenticamente laico, come leggi decenti sui Pacs e sul testamento biologico, e una modifica dell’oscena legge 40; la Chiesa, di fronte alla prospettiva di dover essere questa volta lei ad affrontare un referendum abrogativo, con l’immancabile esito che si può immaginare, avrebbe avuto soltanto l’alternativa di accettare subito la punizione oppure di riceverne una ancora più mortificante dopo. Al tempo stesso i politici di sinistra avrebbero ripreso coraggio, visto che dopo la sconfitta sulla procreazione assistita sembrano convinti di avere perso quel favore delle masse che è la loro ragion d’essere: vittime forse della propaganda clericale sul 75% dei ‘contrari’ all’abrogazione della 40, così come adesso sembrano vittime del riflesso di considerare come «popolo» le migliaia di omofobi che si sono dati appuntamento per il 12 maggio, forse solo perché il luogo del raduno sarà Piazza San Giovanni, teatro tradizionale delle manifestazioni di sinistra.
Ma così non è andata, anche grazie alla follia di chi ha voluto i teodem nella maggioranza: mossa politica dettata, è chiaro, dalla concorrenza dei troppi partiti e partitini cattolici che hanno sostituito il monopolio democristiano e che gareggiano a chi offre di più ai vescovi; ma che come dimostrazione di una profonda, quasi arcana idiozia politica, ha ben pochi precedenti. Ed eccoci allora qui, privi di rappresentanza, martellati ormai ogni giorno dai proclami della teocrazia e dei suoi servi, a chiederci che fare.

Già: che fare? La situazione è drammatica, perché non solo è assente un qualsiasi soggetto politico credibile che possa rappresentare le istanze laiche al di là della dimensione della mera testimonianza, ma ci sarebbe comunque, se quel soggetto politico spuntasse dal nulla, la difficoltà di guadagnare una quantità di consensi tale da imporsi come componente imprescindibile di ogni futura maggioranza. Sembra ormai chiaro, infatti, che i temi della laicità, di per sé, non sono in grado di costituire un discrimine agli occhi dell’opinione pubblica. I motivi sono molti: l’incapacità di spiegare problemi spesso complessi; il menefreghismo di molti cittadini (come la donna che, a un volontario che ne sollecitava la firma a favore dei referendum contro la 40 rispose che non era interessata, perché un figlio, lei, ce l’aveva già); l’abbandono fatale del terreno della riflessione etica alla Chiesa, in favore di un pragmatismo teso sempre e solo a ‘limitare i danni’ (dell’aborto clandestino, delle convivenze non regolamentate, etc.) piuttosto che ad affermare positivamente diritti e libertà. Un partito laico, allora, deve trovare altrove il centro della propria offerta politica; ma dove?
Un’ipotesi sarebbe quella di concentrarsi sulle libertà economiche; ma il tema, anche se comincia ad imporsi alle coscienze (si ricorderà che il secondo – vedremo tra poco il primo – dei due episodi che hanno segnato il crollo della fiduca nel governo Prodi è stata la capitolazione vergognosa di fronte alle pretese dei tassisti), non sembra ancora in grado di mobilitare vasti consensi al di fuori del ceto medio di sinistra: l’elettorato di destra essendo in buona parte interessato, al di là dei nomi e delle ideologie ostentati, a difendere ferocemente i propri privilegi corporativi.
La riduzione di tasse ed imposte è tradizionalmente una promessa capace di guadagnare consensi; ma da quando la strada della creazione di nuovo debito pubblico non è più (fortunatamente) percorribile, essa appare legata in gran parte proprio alla diffusione di una mentalità favorevole alle libertà economiche, con la liquidazione delle resistenze corporative per dinamizzare l’economia, e con la parallela riduzione e riqualificazione della spesa pubblica; e torniamo così al punto precedente.
Rimane, credo, un unico tema capace di guadagnare consensi a sinistra come a destra: quello della sicurezza. Un partito liberale e – soprattutto – civile, non può naturalmente rinfocolare paure e incitare alla vendetta sugli autori dei reati; ma nella sua tradizione non mancano gli strumenti da adoperare: primo fra tutti, naturalmente, quello della certezza della pena. Ce n’è una fame enorme fra la gente, a destra come a sinistra, sebbene costretta quasi in forme clandestine: Prodi si è giocato in un giorno il proprio non piccolo consenso di partenza con l’indulto, e Cofferati (purtroppo non molto credibile per il resto come liberale) si è guadagnato con alcune sue scelte in questo campo la stima spesso anche eccessiva di molti che al tempo delle manifestazioni sull’articolo 18 lo consideravano poco meno del diavolo incarnato. Qui è massima la distanza tra governati ed élite; distanza che non è facile spiegare interamente, a causa del costo che l’atteggiamento dei politici ha per la loro stessa popolarità, ma che ha radici probabilmente nell’influenza cattolica (tutti ricordiamo del resto da chi per primo era arrivata la richiesta dell’indulto al Parlamento). Ma qui è anche massimo il possibile beneficio per un partito che riuscisse credibilmente a rappresentare questa esigenza: rendendo rapide ed immediatamente esecutive le condanne, abrogando quasi tutti i benefici di pena (ma accorciando in media le pene detentive), costruendo se necessario nuove carceri (ma depenalizzando i «crimini senza vittime»). Tough on crime è stato del resto una delle chiavi del successo dei laburisti di Blair.
Ma appunto questo è il problema: che qui non siamo in Inghilterra, e che questo partito non c’è. L’unico gruppo politico laico degno di nota, i Radicali, è anche quello che più si è impegnato per l’indulto – la passione speciale per Caino è del resto una delle caratteristiche che separano il pannellismo dal liberalismo tradizionale. E questo li condanna verosimilmente per il futuro a non avere alcun ruolo di vasta rappresentanza, a cui pure per un istante, con la Lista Bonino nelle elezioni europee del 1999, parevano essersi avvicinati.

Nel crepuscolo delle libertà in Italia sembra dunque al momento non esserci spazio che per la testimonianza e la resistenza individuali; in attesa, come sempre, di tempi migliori.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

uè, per la prima volta non sono d'accordo:)
l'indulto, io penso, è stata un misura necessaria e doverosa. sono stati imedia a dipengere la cosa come la fine della civiltà. si è visto poi come la recidiva tra gli "indultati" sia in media con chi esce normalmente. sono d'accordo con la costruzione di nuove carceri e l'ammodernamento di quelle fatiscenti esistenti

Giuseppe Regalzi ha detto...

Yoshi, la mia opposizione all'indulto non riguarda la recidività degli "indultati", ma il problema appunto della certezza della pena. E anche se la misura fosse stata necessaria, andava comunque presentata e gestita in altro modo: depenalizzando alcuni reati e avviando prima la costruzione di nuovi carceri.

Anonimo ha detto...

Io invece sono d'accordo su tutta la linea...anche sulla triste realtà che non ci sono realtà politiche italiane che soddisfino appieno le istanze di chi è progressista su temi etici e 'conservatore' su temi economici ...

Anonimo ha detto...

Analisi lucida, a tratti spietata, ma estremamente aderente alla realtà, e condivisibile in toto nella sua ampia e dettagliata parte "diagnostica".
Analisi che comunque ci lascia cogliere anche la soluzione del problema nel momento in cui si ricorda che i Radicali costituiscono "l'unico gruppo politico laico degno di nota". Possiamo aggiungere anche, senza tema di smentite, l'unico gruppo che consideri il tema della laicità dello Stato come elemento irrinunciabile della propria identità, e non è poco visti i tempi (grami) che corrono.
Nel chiederci se davvero l'ostacolo è costituito dal "pannellismo", non possiamo comunque che augurarci una ben più ampia presenza radicale in parlamento per il futuro. Non fosse altro che per una questione di legittima difesa.

Anonimo ha detto...

Filippo: il pannellismo (ed i socialisti di Boselli) tengono lontani dai radicali tanta di quella gente che nemmeno te lo immagini....

Wild Child ha detto...

Ho appena scritto un post un po' triste e poi leggo questo.
Chissa`.
Spero di poter vedere quei tempi migliori di cui parli, e che magari non sia troppo tardi.

Amaramente,

Anonimo ha detto...

Forse è così. O forse il problema non dipende dai radicali e dal loro leader ma dal fatto che "i temi della laicità, di per sé, non sono in grado di costituire un discrimine agli occhi dell’opinione pubblica".
Infatti, continuiamo a non vedere, nell'attuale panorama politico italiano, una alternativa altrettanto credibile ai Radicali, in termini di irrinunciabile impegno in difesa della laicità delle istituzioni.

* * *

Vogliamo restare ottimisti, nonostante tutto. Se i gerarchi d'oltretevere, capitanati dal mastino teutonico, hanno infatti intrapreso la strada dello scontro politico e istituzionale, sulle tracce di quanto già iniziato dall'ex minatore polacco, ciò costituisce un segno anche troppo evidente della loro rinuncia a quel ruolo di guida spirituale che li aveva caratterizzati fin dagli albori della storia della setta cattolica. Sentono la gente che si allontana dai loro dettami, che mette apertamente in dubbio la loro cosiddetta autorità morale e reagiscono cercando di condizionare la politica e le leggi dello Stato, non potendo più condizionare (pardon, ispirare) le menti del loro gregge, cioè di quello che neanche loro, in fondo, credono ancora di poter definire così.
Ma alzare il livello dello scontro gli costerà caro. Perchè quando la gente capisce l'importanza dei problemi in gioco, non c'è più spazio per i proclami dei talibani: i referendum su divorzio e legge 194 ieri, i risultati fin troppo espliciti dei sondaggi su eutanasia e testamento biologico oggi, lo dimostrano.
E, alla fine, persino quei parlamentari che hanno speculato sulla caccia al voto cattolico, si renderanno conto di avere perso di vista il paese reale.

Anonimo ha detto...

personalmente non sopporto Kapezzone, Pannella e i radicali, stanno troppo a destra per i miei gusti.
Quindi ho votato controvoglia per la RosaNelPugno, solo perchè c'era anche quel sant'uomo chiamato Boselli, che tanto disprezza le scuole private e confessionali, si batte per la scuola Pubblica e laicità dello Stato.
Sembra incredibile che per sperare in un futuro migliore uno si debba affidare ai tanto bistrattati socialisti!