La notizia è sull’Espresso online: cinque coppie britanniche si scambieranno delle fedi nuziali costruite a partire dalle cellule del dente del giudizio del partner, in un esperimento a metà strada tra biotecnologia e gioielleria (Daniela de Rosa, «Dai denti del partner nascono i bio-gioielli»). La storia è bizzarra (e anche leggermente disgustosa – o, a seconda dei gusti, incredibilmente romantica); ma ancora più bizzarro è il commento finale dell’autrice del pezzo: «L’anello è destinato a durare, non tanto al dito dei volontari coinvolti, ma nelle discussioni etiche che sorgeranno se la cosa avrà un suo pur ristretto seguito». Debbo confessare che, per quanto mi sia sforzato, sono stato del tutto incapace di capire quale dilemma etico sarebbe mai sollevato da questa pratica; e sospetto che la stessa Daniela de Rosa, se interrogata in proposito, non saprebbe che risposta dare. Ma siamo giunti al punto che ormai basta che una sia pur modesta novità tecnologica riguardi un qualsiasi aspetto della biologia umana, per suscitare come risposta pavloviana la reazione «Oh-ma-c’è-un-problema-etico!». Persino in un periodico ‘progressista’.
mercoledì 22 marzo 2006
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1 commento:
caro mio, sorge evidente la questione sulla liceità o meno dell'attacco a tale gioiello da parte della carie, la placca o il tartaro...
vogliamo o no creare un comunitarismo dei suddetti disturbi dentali?
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