venerdì 6 giugno 2008

Persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità


Ovvero le mignotte. E non chi va a mignotte.
Difficile non rimanere a corto di parole. Sfiancati dalla esasperazione e dallo sgomento.
Sembra inevitabile distinguere riguardo alla possibile scelta di un simile mestiere: ovviamente chiunque sia costretto a prostituirsi non può essere oggetto di un giudizio morale (e tantomeno di una condanna). La coercizione spazza via ogni valutazione di carattere morale e legale.
Qualora fosse una scelta esiste la possibilità di esercitare una condanna morale. Ma su quali basi?
Una persona che decide o sceglie di vendere il proprio corpo perché dovrebbe essere oggetto di una riprovazione morale (e ancor di più di una condanna)?
Il primo punto riguarda la commercializzazione del corpo: che però è presente in qualunque attività lavorativa. Un idraulico vende la sua abilità idraulica, un docente la sua abilità didattica e così via.
Cosa c’è di diverso tra una prostituta e un idraulico? Il sesso. Ed ecco che il quadro cambia. Ma senza che sia possibile rendere tale differenza rilevante ai fini di una condanna.
Perché non potrei vendere una abilità sessuale?
Forse perché il sesso deve essere intrecciato all’amore? Non sembra possibile ipotizzare una condanna assoluta (né morale né legale) del sesso senza amore (in assenza di commercio).
E, peggio ancora, su quali basi giustificare la considerazione delle prostitute come criminali?
La prostituta è onesta. Non dissimula, rischia sulla propria pelle le conseguenze della sua vita.
Per chi offre, c’è sempre chi chiede. Chi paga per avere prestazioni sessuali.
Il cliente: spesso è ipocrita, nasconde. Torna a casa e a nessuno dice dove è stato e con chi (“Buonasera tesoro, [ho appena scopato con una di quelle donne immorali che passeggiano sui marciapiedi] cosa c’è per cena?”). Spesso nemmeno agli amici, andando oltre il problema della infedeltà coniugale.
In ogni rapporto (in ogni compravendita, in ogni relazione) bisogna essere in due: anche tra vittima e carnefice. E se la prostituta è una vittima non dovrebbe essere trattata come un pericolo per la sicurezza e la pubblica moralità. Se non lo è, è ancora da dimostrare perché dovrebbe essere trattata come una criminale. Che reato compie?
La pubblica moralità non è messa in pericolo da quanti pagano per avere a disposizione un corpo ad ore? Perché soltanto da chi si offre?
Ma poi, che cosa sarebbe la pubblica moralità (soprattutto se a riempirsene la bocca è qualcuno che è stato condannato in primo grado per avere intascato 300mila euro? Chissà se la prescrizione ha anche il dono di rimediare alla moralità). I reati senza vittima fanno tanto Stato etico. Ma era forse rimasto qualche dubbio?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

clap clap clap clap

Anonimo ha detto...

Amen!!!!

Anonimo ha detto...

Il concetto di "pubblica moralità" ha senso solo in uno stato totalitario. Evidentemente, è in questa direzione che ci stiamo dirigendo...

Unknown ha detto...

Solo al mio orecchio questa asimmetria suona come la massima giudaico-cristiana-islamica "la donna è corruttrice, l'uomo vittima"?

Magari si salveranno le minigonne grazie alla ministra tettealvento e alla marpioneria del presidentedelbordello, ma stiamo davvero colando a picco...

Simonetta Pancotti ha detto...

Trovo il tuo post interessante. in genere si parla della donna che si prostituisce, ma non degli uomini..e ce ne sono. Inoltre la prostituzione non è un fenomeno isolato, ma un vero racket collegato ad altre infamie, tipo usura, droga ecc. L'aspetto morale ed etico è solo un modo per far valere soprattutto i pregiudizi, non certo per risolvere in qualche modo le conseguenze di un commercio che non è più tale se diventa un racket. Il sesso è collegato sia all'amore, che alla riproduzione, al nome, alla successione. E' per questo che la donna ne esce molto penalizzata: perché la donna ha delle responsabilità molto profonde rispetto la specie e non si può ridurre l'atto sessuale soltanto ad una prestazione meccanica, anche perché la donna per non restare incinta deve prendere dei farmaci, delle precauzioni che, comunque sono un'aggressione al suo stato psicofisico. Ritengo che l'atto di prostituire il proprio corpo sia conseguente e non causale. cioè sia conseguenza di una prostituzione più profonda, quella dell'anima. Se ci fosse coercizione è un altro discorso, ma per libera scelta lo intendo come un mancare di rispetto a se stessi. nel caso dell'uomo il discorso è molto più commerciale. Un uomo che offra prestazioni sessuali a donne oppure a uomini comunque si inoltra in un circuito di infamia, perché il sesso non è mai scevro da altri commerci, come dicevo prima.
Se dovesse essere un fatto occasionale, un'esperienza che può capitare ma che non si presenta come una scelta continuativa, forse potrebbe essere inevitabile e costruttiva, anche se personalmente la vedo comunque avvilente. Concludendo per me la prostituzione se fosse privata, senza agganci con la malavita, se fosse soltanto un modo con cui un individuo ritiene di poter ottenere un rapporto di lavoro con un altro perché il corpo diventa una prestazione che risolve molte problematiche psicologiche, se fatto con rispetto e con purezza.., non ci sono motivi di pregiudizio o di avvilimento. certo è che se fosse solo un modo comodo per ottenere denaro, potere, favori e cose simili si ripresenta come una forma avvilente e di corruzione. Il problema è proprio questo: la prostituzione ha due facce: la prima è quella della donna vittima; la seconda è quella della donna corruttrice e ci sono entrambe le facce. Non si può negarlo. L'uomo si esprime più nel lato della corruzione che non in quello della vittima, ma non sempre è così. per esempio la trans, l'omosessuale possono essere vittime più che corruttori. E questo non è certo da sottovalutare. Nel leggere il mio commento magari si può avere l'impressione che ci siano delle contraddizioni, ma se si potesse ampliare il discorso questa impressione decadrebbe..

un caro saluto