martedì 24 febbraio 2009

Il testamento biologico è un diritto

Mai make up fu più azzeccato...
Avrei dovuto essere a Bologna oggi, ad un convegno organizzato da Bologna Città Libera sul testamento biologico con Mina Welby, Adriana Scaramuzzino, Francesca Rescigno, Serafino D'Onofrio, Franco Motta e Massimiliano Panarari (i dettagli del programma).

Non ci sarò, ma parteciperò a distanza con un commento che incollo di seguito. Niente di nuovo per Bioetica. Quasi noioso, direi. Ma conosciamo i proverbi e ci adeguiamo...

Ho davvero difficoltà a scegliere cosa commentare. Ci sarebbe molto da dire sullo scempio che stanno facendo del testamento biologico.
Da lontano ci tengo a insistere su pochi punti.
Il primo riguarda la semplicità giuridica di una legge al riguardo, potendo considerare il testamento biologico come una estensione di diritti che già abbiamo: scegliere se e come curarci, rinunciare o rifiutare terapie. Potremmo considerarlo una estensione temporale del consenso informato (e dei tanto citati articoli 13 e 32 della nostra Costituzione; tanto citati e poco rispettati).
Nonostante questo sono anni che se ne discute, e male, e stiamo assistendo ad un pervertimento semantico e letterale di termini e concetti. Basterebbe il buon senso per capirlo, prima ancora di raffinate analisi razionali. Un solo esempio: perché dovrei redigere un TB se tale documento non è vincolante per il medico?

Il secondo riguarda lo statuto della nutrizione e idratazione artificiali (NIA): trattamento sanitario o mera assistenza?
Credo sia il dibattito più stupido e disonesto degli ultimi anni.
Stupido perché coloro che strepitano per il loro carattere assistenziale ignorano del tutto di cosa stiano parlando. Basti ricordare che la NIA richiede un consenso informato e che richiede una attenzione nella gestione molto diversa da quella necessaria per cucinare un pasto, anche il più complicato che si possa immaginare.
Inoltre è del tutto inutile percorrere questa strada: anche se concedessimo che la NIA non sia trattamento sanitario, non per questo sarebbe legittimo imporla a chi non la vuole.
La carità può forse essere imposta? Sarebbe una ben strana contraddizione. Nemmeno la compagnia può essere un dovere, una imposizione. Ed è bene non dimenticare che è possibile rifiutare l'alimentazione (lo sciopero della fame è garantito ai cittadini, fa parte delle nostre libertà; verrebbe da aggiungere: ancora fa parte). Stanno trasformando dei diritti in doveri.
Il cuore di tutto questo è proprio il tentativo di violare la nostra libertà, di contraddire il consenso informato e la deontologia medica, di svuotare la nostra autodeterminazione. Senza dirlo esplicitamente, però, perché sarebbe troppo impopolare. Un paternalismo celato e mascherato da “carità”. E che in realtà richiama il ricovero coatto - questi signori dovrebbero leggere la legge sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO, cioè la legge 833/1978).
Il ddl Calabrò non è solo un disegno di legge che contraddice il testamento biologico (o disposizioni anticipate di volontà), ma che contraddice il principio sacrosanto secondo il quale ognuno di noi dovrebbe poter decidere circa la propria esistenza - morte compresa.
Il paradosso e l'oscenità di questi tentativi sono sotto agli occhi di tutti - almeno di quanti vogliono vedere. Il ddl di Calabrò ci tratta come mentecatti non in grado di prendere decisioni, offrendo una caricatura di democrazia liberale.

Il terzo e ultimo riguarda l'asimmetria della libertà rispetto alla coercizione - posso scegliere anche di essere schiavo e di delegare solo a condizione che la libertà sia garantita. In caso contrario devo subire la decisione di altri, un punto di vista trasformato in Verità Assoluta. La libertà è una condizione necessaria non solo della vita democratica e civile, ma della morale stessa. In assenza di possibilità di scelta, infatti, non ha nemmeno alcun senso parlare di cosa sia morale e di cosa sia immorale.

1 commento:

chicchina ha detto...

sto postando commenti sull'argomento ovunque mi si da la possibilità e trovo strano,stranissimo il disinteresse di molti per la questione:può toccare ad ognuno di noi trovarci nelle condizioni di dover scegliere,e se tocca a me voglio,vorrei essere libera di farlo,senza essere al di fuori della legge:Credo che le leggi servano per inquadrare i problemi,dare certezza di soluzioni,eliminare arbitri,MAI PUO' ESSERE LIMITATIVA DELLE NOSTRE IBERTA'INDIVIDUALI,SE QUESTE NON LEDONO LE LIBERTà ALTRUI.Si sta discutendo su un pessimo disegno di legge,che rimette le nostre decisioni,ancora una volta,nelle mani altrui.Continuate a scrivere,mi permetto di segnalare il Vs.sito nella speranza che i pochi che gravitano nel mio piccolo giro,siano invogliati a leggere ed informarsi.Grazie per l'opportunità che mi date.Chicchina