Un bell’articolo – come sempre – di Guido Ceronetti sul destino della famiglia («Famiglia: è il caso di difenderla?», La Stampa, 1 marzo 2007, p. 1):
Girava, ne ho un bel ricordo, nel Sessantuno, un film inglese con Rita Tushingam, Sapore di miele, paradossale e veridico: una giovane incinta, dopo qualche rapporto facile con un marinaio nero piantata subito, conviveva fino al termine della gravidanza con un ragazzo omosessuale: relazione puramente affettiva ma forte, il ragazzo le prodiga un’assistenza senza limiti, anche nel parto, nasce un meticcino senza padre, spero la strana coppia abbia seguitato a convivere... Come la definisci? C’è o non c’è famiglia? Senza nonni e cognati e registrazioni, però di famiglia si tratta, con componenti essenziali e una carica umana in più, famiglia di indifesi che si tutelano da soli nella disumanità di una metropoli... Una favola emblematica. Quell’oggi del 1961 prefigura un futuro XXI in cui della Famiglia Antropos tradizionale non resteranno che brandelli sparsi, e non saranno esemplari, a giudicare da quel che vediamo. […]Da leggere tutto.
L’esemplarità è delle famiglie mafiose meridionali: focolare integro, nozze tutte benedette, le mogli non tradiscono, i divorzi non esistono. Perché mai il modello non viene mai, nelle prediche, proposto? Ma non in quelle soltanto l’omertà è la costituzione di fondamento del modo d’essere famiglia tradizionale. Tradotta in linguaggio popolare l’omertà risuona nel detto «i panni sporchi si lavano in famiglia», legge applicatissima che consente il trasparire dalle finestre illuminate di una tranquillità inesistente, che non turba la pace sociale. Ma il prezzo di quel bucato casalingo sono silenzi obbrobriosi, macellazioni lente, talvolta sadiche, di anime umiliate.
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