Maurizio Coletti, Amato, reprimere è meglio che intervenire, Altrenotizie, 16 marzo 2007.
A proposito della campagna “antidroga” annunciata da Giuliano Amato, Maurizio Coletti individua tre aspetti difficilmente non condivisibili:
Il primo è che Amato, parlando di una “gigantesca campagna contro i consumatori”, parte poi, lancia in resta, contro gli studenti ed i giovani in particolare. Gli altri soggetti consumatori (parlamentari, vallette, veline, medici, manager, indossatrici, calciatori, sportivi in genere) li vuole lasciare in pace.
Il secondo è che Amato rinuncia, quasi apertamente, a considerare come prioritaria la lotta al narcotraffico. Affermata dal Ministro competente per l’ordine pubblico e la repressione del crimine, e abbastanza indigeribile. In tutto ciò, non una sola parola sulla battaglia contro i mercanti di morte, contro le narcomafie, contro le organizzazioni criminali. Solo la proposta di uno psicodramma collettivo (il “rendersi conto”...) e misure contro un anello debole.
Il terzo, più sconvolgente di tutti, è la risposta punitiva (una punizione... light...?). Se si parte dal concetto (traumaticamente errato) che i consumi (e gli abusi, ovviamente) sono da correggere, perché non ipotizzare che al posto di agenti di polizia e di carteggi tra prefetture e scuole, non vi siano operatori sociali e sanitari? Perché non proporre un intervento di supporto e di accoglienza? Magari, nei casi in cui sia necessario, un adeguato trattamento?
Lontani dall’ipotesi che le politiche sulle droghe debbano essere razionali, basate sulle evidenze, sulla comprensione dei fenomeni, sulla riduzione dei danni, questi politici (opposizione e maggioranza, non importa) insistono sull’unico tasto della repressione. Perché lo fanno? C’è in giro un gran parlare solo di valori, di famiglia; chi ascolta, anche di sfuggita, qualche trasmissione televisiva del tardo pomeriggio, può rendersene conto: la belloccia di turno, giovane e piacente, dichiara: “voglio essere me stessa (??!?), il mio desiderio è costruirmi una famiglia”. Ratzinger, Ruini, ora Bagnasco insistono, ripetono, minacciano sullo stesso tema caro alle veline di turno.
L’offensiva sui valori religiosi comprende infatti anche il tema della droga. Sullo sfondo, lontana e sfocata, la questione delle risorse da dedicare ad interventi efficaci sul campo. Attendiamo pazienti che la senatrice Binetti pensi anche a questo aspetto, tra un cambio di cilicio ormai sanguinante ed un attacco al pensiero laico.
1 commento:
In realtà la risposta è piuttosto semplice. Se hai i soldi di Lapo Elkann sei un "ragazzo con dei problemi, stressato sotto il peso di mille preoccupazioni", mentre se sei il piccolo tossico di tutti i giorni resti soltanto un drogato e smetti di essere una persona. E anche quelli che ti vogliono bene, se non ti tolgono il saluto come si pensa che le persone rispettabili debbano fare, vengono visti in modo diverso. Lo so, sono stata per anni "la puttana del drogato" :/
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