Alla vigilia dell’inizio della discussione in aula al Senato del disegno di legge sul testamento biologico, Maurizio Mori commenta sull’Unità («Testamento biologico, l’ora della legge», 6 giugno 2007, p. 1):
Come è noto, al di là dei dettagli specifici di ciascun progetto di legge, i vari progetti presentati appartengono a due gruppi idealtipici: l’uno teso sostanzialmente a contrastare o ad affossare il testamento biologico attraverso una serie di appesantimenti burocratici studiati apposta per renderlo impraticabile; l’altro volto a sdoganare questo tipo di documento nella nostra legislazione affinché i cittadini italiani possano trarne beneficio.Da leggere tutto.
A scanso di equivoci è opportuno ribadire i punti irrinunciabili di una buona legge su questo tema. Primo: il testamento biologico va visto come uno strumento per estendere il consenso informato nelle situazioni in cui l’interessato non è più capace di darlo. Da quest’allargamento dell’autodeterminazione non deriva affatto che il testamento biologico diventi il cavallo di Troia per l’eutanasia, dal momento che si può riconoscere la liceità della sospensione dei trattamenti sanitari (come peraltro già previsto dalla nostra Costituzione repubblicana), senza per questo ammettere trattamenti tesi a causare (positivamente) la morte stessa. Né vale al riguardo cercare di evocare forti emozioni al fine di fuorviare la retta ragione. Secondo: il testamento biologico deve essere vincolante per il medico e prevedere un fiduciario che risolva eventuali dubbi circa situazioni nuove ed impreviste. Terzo: va consentita la sospensione di qualsiasi intervento non voluto dall’interessato, dal momento che si tratta di un diritto personalissimo di rifiutare qualsiasi aiuto o qualsiasi atto lesivo della propria integrità psichico-corporale. Quarto: l’esercizio di un diritto civile richiede procedure snelle, per cui vanno evitati appesantimenti burocratici come quelli che prevedono il ricorso al notaio o ad altre macchinose procedure. Quinto: il testamento biologico può anche essere steso “ora per allora”, ossia anche quando si è sani, perché solo in questo modo si possono garantire le direttive anticipate in presenza di situazioni catastrofiche (ictus devastanti o eventi simili o peggiori). Chi volesse cambiare opinione dopo l’insorgenza di una malattia, è sempre libero di farlo avendone le possibilità: ma se non lo fa si deve presumere la conferma della tesi iniziale che viene sempre più consolidata col trascorrere del tempo.
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