Dall’ultimo numero di Nature l’annuncio di un passo potenzialmente molto importante verso il traguardo sospiratissimo della clonazione terapeutica degli esseri umani (Monya Baker, «Monkey stem cells cloned», Nature 447, 2007, p. 891):
Un gruppo di ricerca americano ha rivelato questa settimana che cellule staminali embrionali clonate a partire da scimmie sarebbero state finalmente create. La scoperta è stata annunciata il 18 giugno per mezzo di una presentazione dell’ultimo momento all’incontro annuale della International Society for Stem Cell Research, a Cairns in Australia. Questo risultato rianimerà senza dubbio le speranze che cellule analoghe possano essere prodotte per gli esseri umani.
«Aspettavamo questo momento da un bel po’», ha dichiarato Alan Trounson della Monash University di Victoria, Australia, che ha introdotto la presentazione.
Il lavoro è stato portato a termine da Shoukhrat Mitalipov dello Oregon National Primate Research Center di Portland, e dai suoi colleghi. Dopo aver rimosso i cromosomi da ovociti di scimmia non fertilizzati, gli scienziati li hanno sostituiti con nuclei di cellule epiteliali di una scimmia rhesus adulta (Macaca mulatta). Da un totale di 278 ovociti sono state ottenute 21 blastocisti (embrioni cavi a uno stadio precoce di sviluppo), dalle quali il gruppo di ricercatori ha derivato alla fine due linee di cellule staminali. I risultati devono ancora essere pubblicati.
Il fallimento di tentativi precedenti di clonare cellule staminali embrionali a partire da scimmie aveva portato molti esperti del campo a suggerire che caratteristiche specifiche dei primati rendevano forse l’impresa impossibile (C. Simerly et al., Science 300, 2003, p. 297). «Ora sappiamo che è possibile con i primati, come con altre specie di mammiferi», ha dichiarato Norio Nakatsuji dell’Università di Kyoto, che in passato aveva ottenuto linee di staminali di primati a partire da embrioni non clonati.
Un aspetto forse cruciale della nuova ricerca è costituito da un procedimento meno traumatico per rimuovere i cromosomi dall’ovocita, usando un software per imaging per guidare il processo, al posto della colorazione e della luce ultravioletta.
José Cibelli, un esperto di clonazione della University of Michigan di Ann Arbor, ha dichiarato che non sembrano esserci al momento evidenti motivi per cui le tecniche da impiegare nella produzione di cellule staminali embrionali umane tramite trasferimento nucleare debbano essere molto diverse da quelle usate con i primati non umani. Ma avverte anche che «quello che funziona nelle scimmie rhesus non funziona con i babbuini».
Il lavoro del grupppo dell’Oregon deve ancora essere replicato nelle scimmie, ma Renee Reijo Pera della Stanford University, California, progetta di applicare le stesse tecniche ad altre specie di primati, e sostiene che il successo con le scimmie dovrebbe portare nuova linfa all’impegno di trovare tecniche analoghe per gli esseri umani.
Aggiornamento: un commento su NewScientist.com («Human therapeutic cloning moves closer to reality», 30 giugno).
1 commento:
Che Nostro Signore abbia pietà delle nostre Anime.
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