Il Gip Renato Laviola si sente in dovere di specificare che il respiratore è un sostegno vitale e non una terapia (come se un sostegno vitale potesse essere imposto!) e che non si poteva trattare di accanimento terapeutico perché il respiratore non era futile (“se io stacco il respiratore il paziente muore”, ma anche se non somministro dei farmaci il paziente muore). Futile = utile alla sopravvivenza. Tutto questo per negare che si potesse trattare, per Piergiorgio Welby, di accanimento terapeutico. Non è condivisibile il criterio della futilità come condizione per riscontrare un accanimento terapeutico, in quanto è centrale la volontà del paziente al riguardo (ah, vana speranza di oggettività!). Se un paziente ha espresso volontà contraria, qualunque sia l’oggetto della sua volontà, qualora venga costretto siamo di fronte ad un caso di accanimento terapeutico.
Ma il problema non è nemmeno questo, quanto piuttosto: posso o non posso decidere riguardo alla mia cura? Posso o non posso rifiutare trattamenti medici (o assistenziali)? Che cosa diventa un atto di carità quando viene imposto?
sabato 16 giugno 2007
Renato Laviola sulla futilità
Postato da Chiara Lalli alle 12:09
Etichette: Accanimento terapeutico, Piergiorgio Welby, Renato Laviola
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
10 commenti:
Cosa credi, di essere in un paese libero? Alla carità imposta preferisco la violenza privata: quella, almeno, non si ammanta della disgustosa ipocrisia che lo stiano facendo per te.
Molti non hanno ancora capito che il fatto principale è la libertà di scelta individuale.
http://atlantide.ilcannocchiale.it/
_immortale odium numquam sanabile vulnus_
Inutile chiedere a voi della inviolabilità della vita. Se non ci fosse questo valore, come fondereste l'etica?
Marco
>Se non ci fosse questo valore, come fondereste l'etica?
Sull'inviolabilità della volontà individuale; ovviamente limitata dall'altrui individuale libertà (per cui non si può disporre delle vite altrui, ma della propria sì può, e in toto).
Non mi sembra così difficile.
Perchè per voi la indisponibilità della vita è da non prendere sul serio. E' una cosa ridicola.
Ma se la vita non è sacra che cosa c'è di sacro?
Marco
Marco, vallo a chiedere ai martiri cristiani e senti cosa rispondono
"inviolabilità della vita" a me sembra diventato uno slogan di una pessima pubblicità. La vita è fatta di tappe: si nasce, si percorre un lasso di tempo su questa terra, si muore. Non è vita quella che non percorre le tre tappe.
La vita implica ANCHE l'inevitabilità della morte, fatto che va compreso, accettato, del quale bisogna rassegnarsi. Perché tanto è lo stesso: che ci si rassegni o no, quello è il nostro destino.
Accanirsi a mantenere in vita un organismo nelle condizioni in cui versava Welby è negare questa inevitabilità, e mi sorprende sempre tantissimo che chi si schiera così accanitamente contro l'anestesista, il dott. Mario Riccio, siano proprio i cattolici, coloro i quali annunziano la "buona novella", ossia l'esistenza di una vita dopo la morte e della resurrezione.
Mi chiedo che strano gioco delle parti abbia portato proprio costoro ad accanirsi tanto nel voler mantenere in vita qualcuno quando questo qualcuno vive artificialmente.
Non mettiamoci al posto di un dio, di un qualsivoglia dio di una qualunque religione della terra. La vita finisce. E' inevitabile. Allungarla forzando la mano ad ogni singola cellula di un corpo sfatto non ci renderà comunque simili a nessun dio.
"indisponibilità della vita"
Eggià, perché attenzione: se passa l'idea che qualcuno nelle condizioni di Welby o Nuvoli possa decidere quando dire basta, alla gente chissà cosa le prende, poi! Avremo file infinite di persone che chiedono di farla finita e verranno a mancare anzitempo insegnati, avvocati, tramvieri, muratori, idraulici (questi, poi, sono già rarissimi!) …
Sarebbe come togliere i mattoni da un muro o come interrompere una fila di formiche: la società crollerebbe, si disperderebbe.
Guai a pensare di poter disporre della propria vita, a meno che non lo si faccia per una "buona causa"! Buona causa che non può mai coincidere con l'eventualità di interrompere la sofferenza ineluttabile e senza scopo di chi, quella vita, la vive.
"Ma se la vita non è sacra che cosa c'è di sacro?"
Deroghe alla sacralità della vita sono ampiamente previste proprio da chi sostiene la "sacralità della vita"
"Ma se la vita non è sacra che cosa c'è di sacro?"
Nulla.
E non vedo dove stia il problema.
No, magari la mia volontà riguardo al mio corpo, quella è inviolabile. La vita invece non è sacra così, in astratto.
Magar
Posta un commento