martedì 8 agosto 2006

Carlo Bellieni ne sa più di te

Sul Secolo d’Italia del 3 agosto 2006, in fondo all’articolo «Necrofilia di Stato?» di Mario Masi (pp. 8-9), leggiamo le seguenti riflessioni di Carlo Bellieni («dirigente del Dipartimento di Terapia intensiva neonatale del Policlinico Universitario Le Scotte di Siena»):

Carlo Bellieni ha recentemente dato alle stampe un piccolo manuale per destreggiarsi nel mondo della bioetica intitolato Padroni della vita? Piccolo vademecum di bioetica in cui scrive che quando si parla di etica oggi si intende un’etica dei recinti e non dell’io. «Infatti – spiega Bellieni – una delle frasi più note e più vuote di senso è “la mia libertà è quella che finisce dove inizia la libertà altrui”, che non dice cosa è la libertà, ma dice che gli altri sono un limite ad essa. Da questa frase nasce anche l’idea di salute oggi in voga, secondo cui gli altri possono essere un ostacolo ad essa, basti pensare alla legge 194, che permette l’aborto perché la nascita del figlio non desiderato può essere una patologia per la madre».
«Dunque – continua Bellieni – l’etica di moda è quella che “tiene a bada gli altri”, cercando di evitare un reciproco disturbo. Un’etica “dell’io” invece è quella che afferma che la persona ha una specie di dna etico da rispettare inscritto in sé. Questo non vuol dire che non ci possano essere diverse opinioni, ma che quando si fanno scelte, prima ci si deve domandare se queste corrispondono al desiderio di bellezza, giustizia, verità, libertà comuni a tutti che ho dentro di me. Le scelte non sono tutte come scegliere il colore della macchina: ci sono alcune buone, altre cattive e altre che ricordano quelle dei bambini che, potendo mangiare un bel gelato, per ripicca preferiscono stare in un angolo a mangiarsi le unghie. Invece l’etica moderna dice, per esempio, che se stai aspettando un bambino puoi tenerlo, abortirlo, oppure farlo nascere e darlo in adozione a seconda di come è il tuo umore o il tuo patrimonio, come se la prima scelta non fosse più sana delle altre e dunque preferibile».
Suppongo che sull’esistenza del «dna etico» dovremo fidarci dell’intuizione del Bellieni; e qualcosa mi dice che l’«etica “dell’io”» assomiglierà moltissimo – che combinazione! – all’etica personale del medico senese. Inutile lamentarsi, del resto: ti verrà risposto che questo dipende dal fatto che è un’etica comune a tutti, e che se non la pensi così stai facendo semplicemente i dispetti, come un bambino. E poi, scusa, mica vorrai contraddire uno che non ha mai capito cosa significa che «la mia libertà finisce dove inizia la libertà altrui»? Non sarebbe prudente...

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