La plastica è ormai nella catena alimentare. Assorbita da pesci di cui poi ci nutriamo. Ma presente anche in contenitori per la conservazione del cibo, Il Corriere della Sera, 22 agosto 2006.
La plastica è entrata definitivamente nella catena alimentare dell’uomo. Ne sono certi gli scienziati riuniti a Erice (Trapani), dove è in corso, in questi giorni, la 36esima Sessione dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie. Charles Moore, dell’Algalita Marine Research Foundation di Long Beach (Usa), ha spiegato che «L’enorme quantità di plastica dispersa negli oceani a livello globale produce particelle nocive che vengono liberate nelle acque, contaminando i pesci e altri organismi marini che trattengono sostanze come il policarbonatoplastico (Pcb), la diossina e altre molecole teratogene.
Entrando in questo modo nella catena alimentare dell’uomo».
APPARATO RIPRODUTTIVO. «Il bersaglio principale di queste sostanze – ha precisato Frederick S. vom Saal della Divisione di Scienze biologiche dell’Università del Missouri (Usa) – è l’apparato riproduttivo maschile e femminile. E il periodo di maggiore vulnerabilità verso questi componenti è quello della gravidanza. Durante la gestazione, infatti, la donna trasmette al feto questi elementi, che vanno a intaccare gli organi della mamma e il cervello del nascituro provocando effetti permanenti».
LE SOSTANZE ASSIMILATE. A essere assimilate sono soprattutto «la diossina, il Pcb, il Pvc (Polivinilepolidrato) e altre sostanze – ha aggiunto Shanna H. Swan del Centro di Epidemiologia riproduttiva di Rochester – e abbiamo osservato che nei bambini maschi nati da madri nelle quali si registrano alti livelli di questi elementi alcuni caratteri sessuali appaiono alterati». Come ulteriori conseguenze della diffusione di sostanze plastiche nella catena alimentare, gli studi epidemiologici presentati oggi a Erice dimostrano un eccessivo sviluppo del seno, una maggiore frequenza di casi di obesità e asma, ma anche disfunzioni immunitarie. «Sebbene si tratti ancora di cambiamenti ormonali di lieve intensità – ha aggiunto la Swan – quello che ci preoccupa è la diffusione globale di queste sostanze plastiche e dunque l’ampiezza del numero di persone colpite dei loro effetti. E un altro elemento che suscita preoccupazione nella comunità scientifica internazionale è la certezza che queste sostanze plastiche saranno trasmesse di generazione in generazione mutando, sebbene gradualmente, il patrimonio genetico dell’uomo». Purtroppo l’allarme non arriva soltanto dagli ambienti marini. Saal, concludendo il suo intervento, ha avvertito: «le sostanze plastiche sono presenti anche nei contenitori metallici che utilizziamo quotidianamente per la conservazione dei cibi o per la loro cottura a microonde».
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