venerdì 20 febbraio 2009

Coma e procreazione assistita: dov’è il problema?

La vicenda della donna che vorrebbe avere un figlio dal marito in coma, e che ha quindi fatto prelevare un campione di liquido seminale dall’uomo per tentare la fecondazione in vitro, sembra non comportare dilemmi etici rilevanti (la legge 40 proibisce forse un intervento di questo genere, ma non mi pronuncio qui sui problemi legali).
Supponiamo che sia possibile ricostruire la volontà dell’uomo, espressa in passato, di avere (o eventualmente non avere) un figlio: in questo caso non esisterebbe palesemente nessuna difficoltà, e si tratterebbe soltanto di rispettare l’autodeterminazione dei due sposi. Che quella volontà non sia stata messa per iscritto non dovrebbe essere importante, almeno finché non esista un obbligo giuridico in tal senso; del resto, una volontà espressa oralmente può essere talvolta più sicura di una affidata alla carta. Credo in ogni caso che non si dovrebbe nemmeno pretendere una certezza suffragata da prove granitiche: fino a prova contraria l’uomo (che è morente per un tumore al cervello) non potrebbe ricevere nessun danno da questa paternità, né potrebbe riceverlo nessun altro (a meno di complicazioni patrimoniali ed ereditarie, che però a quanto ne so non si danno in questo caso).
Alcuni sembrano convinti che l’intera procedura costituisca un affronto alla «dignità» dell’uomo; ma non si vede francamente come ciò possa essere. Siamo ben lontani dallo stupro sull’individuo inconsapevole adombrato dalle infami dichiarazioni del Presidente del Consiglio di poco tempo fa, a proposito di Eluana Englaro. E da quando in qua avere un figlio costituisce un affronto alla propria dignità?
Nel caso di un eventuale passato rifiuto della paternità si dovrebbe infine valutare se esso fosse assoluto o legato a un’indisponibilità a occuparsi in prima persona di un figlio, indisponibilità che nelle condizioni presenti non avrebbe più senso.
Se invece la volontà dell’uomo non si può ricostruire, allora la decisione spetta a un tutore (che è stato in effetti già nominato, nella persona del padre). Questi dovrebbe ricostruire cosa avrebbe potuto decidere l’uomo (se fosse stato messo di fronte a questa scelta quando era ancora nel possesso delle sue facoltà), in base a quanto sa dei suoi valori: se per esempio l’uomo fosse stato un integralista cattolico, contrario a ogni forma di fecondazione non naturale, la condotta più corretta sarebbe di lasciarlo morire senza prole. In caso di dubbio perdurante sarebbe lecito, anzi forse doveroso, prendere in considerazione anche gli interessi e i desideri della moglie.

Ma che dire degli interessi del bambino che nascerà? Alcuni sostengono che non dovrebbe essere permesso far nascere una persona che sarà orfana fin dalla nascita. Ma anche qui la risposta è abbastanza ovvia. Per prima cosa, la vita di un orfano è in generale degna di essere vissuta: non si tratta di un inferno insostenibile di sofferenza. Certo, può essere in media una vita peggiore di quella di chi ha un padre; ma nel caso in esame non ci sono facili alternative. È vero, si potrebbe dire a quella donna che se proprio vuole un figlio allora dovrebbe risposarsi; ma voglio sperare che nessuno sia così inumano da fare in queste circostanze un discorso simile, sprezzante di ogni diritto più sacro (e assumendo oltretutto una conclusione che non si può dare per scontata). Quindi in realtà l’argomento dell’orfano si riduce a questo: meglio che non ci sia nessun bambino piuttosto che ci sia un bambino orfano. Argomento mostruoso, che potrebbe essere usato anche per negare ai poveri il diritto di fare figli, visto che in media un bambino povero sembra avere una vita peggiore di chi nasce in una famiglia ben provvista economicamente.
Meglio una vita non perfetta a nessuna vita; strano doverlo ricordare a chi, quando si trova di fronte a qualcuno che voglia risparmiare a un innocente una vita di disabilità gravissime e di sofferenze esse sì inenarrabili, è sempre pronto a straparlare di ricerca nevrotica della perfezione.

50 commenti:

Anonimo ha detto...

Come si preleva il liquido seminale da un uomo in coma?

Anonimo ha detto...

Io problemi invece ne vedo. Si sta usando una persona che non ha mai dato il suo assenso a una cosa del genere. Anche se si dimostrasse che voleva avere un figlio, non è affatto detto che l'avrebbe voluto avere in quel modo.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Mi sembra di aver già risposto nel post a queste obiezioni. Cos'è che non ti convince, in particolare? Non vorrei che si andasse a una sorta di assolutismo dell'autodeterminazione, per cui se non c'è un volere espresso non si può fare più niente. Pensiamo alla donazione degli organi, pensiamo persino alla gestione degli interessi economici di un incapace...

Paolo C ha detto...

Se chi di dovere puo' dare l'assenso al prelievo degli organi, immagino possa darlo anche al problema dello sperma.
[vedo che il titolare del blog mi ha anticipato]

Io invece vedo un altro problema: l'accesso a queste tecniche e' riservato alle coppie infertili. Il coma e' una causa valida di infertilita' ai sensi della legge 40lebana? Oppure la signora dovra' invocare infertilita' idiopatica?

2 mesi avrei pensato che in un caso come questo l'illuminato parere del clero non avrebbe avuto ripercussioni su una tale vicenda, essendoci gia' la legge.
Adesso francamente non e' da escludere una convocazione ad horas del parlamento...

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo C: visto il precedente dell'ergastolano che ha potuto profittare della procreazione artificiale, direi che questa non è una difficoltà insuperabile... ;-)

Paolo C ha detto...

dunque non ricordo bene la storia dell'ergastolano, immagino in quel caso l'infertilita' fosse di origine "ambientale" (impossibilita' di poter trombare in tranquillita'). Accadde post-legge 40?
Se e' cosi' non c'e' problema.
O meglio, magari qualche medico rifiuterebbe (spetta al medico accertare che la coppia sia nelle condizioni per acceddere) ma basterebbe cambiare struttura.

Salvo direttive regionali, atti di indirizzo, etc etc

Anonimo ha detto...

La masturbazione di un uomo in coma non turba nessuno? Non potrebbe essere un reato sessuale?

Chiara Lalli ha detto...

Paolo C: in effetti i casi sono stati due (uno era Raffaele Cutolo), entrambi post-legge 40. Ce ne siamo occupati qui. Va detto però che nel caso presente manca un'altra delle condizioni previste dalla legge, cioè il consenso scritto.

Anonimo: il prelievo è stato effettuato con una siringa, a quanto ne so. Non è il caso quindi di indulgere in fantasie morbose.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Scusate, il commento precedente è mio, non di Chiara (mi ero loggato con l'account comune, che è a suo nome).

Anonimo ha detto...

Filomena Gallo, vicesegretario dell'associazione Luca Coscioni:

"La legge stabilisce che sia necessario il requisito di sterilità e serve il consenso scritto di entrambi i genitori. Se c'è una norma, va rispettata. Spero che non si usi quanto è stato fatto per ricostruire la volontà di Eluana Englaro per strumentalizzarlo ed estenderlo a fattispecie ben differenti."

L'autodeterminazione ha grandissima importanza, e secondo me deve esser fatta valere il più possibile.

Nel caso del trapianto degli organi il silenzio-assenso è giustificato dal fatto che si salvano delle vite umane, e comunque si ha la possibilità di dire no.

Questa persona la possibilità di dire no non l'ha avuta. Non è detto che avrebbe voluto avere un figlio con quel sistema e non è detto che avrebbe voluto avere un figlio essendo in coma.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Una possibilità di dire di no, a dire il vero, l'avrebbe anche avuta, visto che di casi analoghi si è parlato anche in passato. Ma mettiamo pure di no; rimane il problema che, se è vero che come dici tu "non è detto che avrebbe voluto avere un figlio con quel sistema e non è detto che avrebbe voluto avere un figlio essendo in coma", non è neppure detto il contrario. Per questo si ricorre alla figura del tutore, che deve decidere cercando di mettersi nei panni dell'incapace. Lavarsene le mani implica in ogni caso una decisione, e come facciamo a sapere che sia quella giusta, se non ci poniamo neppure il problema?

Nota anche che qui, anche se non è in gioco una vita umana, ci sono comunque interessi degni di tutela, come quello della moglie.

Unknown ha detto...

Giuseppe questa volta sono in totale disaccordo con quanto hai scritto e mi accodo alle cose dette da Mildaraveno.
Se si potesse ricostruire la volonta' dell'uomo scritta o non scritta di avere un figlio postmortem non ci sarebbe alcun problema per me dal punto di vista etico. Ma esiste veramente questa prova? Il marito voleva un figlio ma l'avrebbe voluto post-mortem?
Tu dici che non esiste un danno alla persona. Io penso il contrario sia dal punto di vista etico che legale. Il paragone con la donazione degli organi non regge, perche' il seme dara' vita ad un altro individuo che avra' meta' del tuo corredo genetico. Tu stai usando il suo materiale genetico senza esplicito consenso. Credo che questo dal punto di vista etico e soprattutto legale sia sbagliato.
Non so se esista una legge che vieta l'uso senza consenso di materiale genetico altrui, ma se non esiste bisognerebbe farla.

Unknown ha detto...

Anzi siccome in qeusti giorni sto scrivendo il mio testamento biologico aggiugnero' come uno dei punti fondamentali:

-non acconsento al prelievo coatto del mio seme e il suo uso per fecondazione assistita.
-inoltre non acconsento che il mio materiale genetico venga utilizzato e/o manipolato.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Fabristol: tu dici che in questo caso "esiste un danno alla persona"; però non specifichi in cosa consiste questo danno. Tu non lo faresti, e siamo d'accordo; ma come facciamo a sapere se per quell'uomo le cose non stessero all'opposto? Non capisco perché la posizione di default debba essere negativa.

Capirei se l'uomo fosse cosciente e il seme gli fosse sottratto senza il suo consenso (ma se una donna si fa mettere incinta da un uomo senza dirglielo commette davvero un illecito?), o se avesse a che fare con estranei; ma non è questo il caso.

Anonimo ha detto...

Ma la dignità di un uomo in coma cui viene "prelevato" il seme non viene calpestata? Ha mai dato il consenso per questa (scusate se sembra un doppiosenso)manipolazione del suo corpo?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Annarosa, la mia risposta è già nel post.

Anonimo ha detto...

"Siamo ben lontani dallo stupro sull’individuo inconsapevole adombrato dalle infami dichiarazioni del Presidente del Consiglio di poco tempo fa, a proposito di Eluana Englaro."

A me invece sembra molto simile, anche perchè Berlusconi parlava (con il suo tatto da elefante in una cristalleria) di una teorica possibilità biologica (come a testimoniare dello stato fisico di una Eluana viva)mentre qui abbiamo assistito al prelievo (tramite masturbazione o qualcuno conosce una'altra tecnica?)di liquido seminale perchè un suo tutore ha dato il consenso al posto suo. Di nuovo si agisce in base a volontà presunte o per procura su una persona che non può opporre un suo diniego.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Annarosa: come dicevo già in un commento qui sopra, a quanto ne so il prelievo è stato effettuato con una siringa (o qualcosa del genere). Mi pare di averlo letto anche da qualche parte; ora vedo se lo ritrovo.

Anonimo ha detto...

"ma come facciamo a sapere se per quell'uomo le cose non stessero all'opposto? Non capisco perché la posizione di default debba essere negativa."

Bravo ti stai facendo la domanda giusta: come facciamo a sapere? La risposta però è che poiché non lo sappiamo e lui non ha lasciato niente scritto o orale non si fa. Punto. mi pare logico ed evidente.

"Capirei se l'uomo fosse cosciente e il seme gli fosse sottratto senza il suo consenso (ma se una donna si fa mettere incinta da un uomo senza dirglielo commette davvero un illecito?)"

Per quanto riguarda l'ingravidamento senza consenso esiste credo una letteratura di giurisprudenza e, sì, credo sia un reato punibile.

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Punto. mi pare logico ed evidente"

A me no. E non riesco ancora a capire bene su cosa si basa il tuo convincimento.

Magar ha detto...

Mah, Fabristol, a me invece non pare logico ed evidente che, in assenza di volontà esplicitamente espresse, la posizione automatica debba essere il divieto di intervenire.

Non è affatto una scelta "neutra", se ci pensi bene: assume implicitamente che la preferenza "standard" sia quella di non avere figli, il che è piuttosto antiintuitivo.
Non solo, ma dà pure per scontato che la persona individuata come tutore del malato (in questo caso il padre) non sia in grado di interpretarne i sentimenti: a questo punto meglio abolire tout-court la figura, allora.

E poi, dare il mio cuore ad un'altra persona (perdipiù estranea) è forse meno delicato che dare il mio corredo genetico a mia moglie perché faccia nascere mio figlio? Perché nel primo caso trovi normale e accettabile che sia il mio tutore a decidere per me?

P.S. Per la cronaca, personalmente io non vorrei mai contribuire alla messa al mondo di alcun pargolo (la preferenza minoritaria di cui sopra), quindi nel mio testamento biologico tale pratica sarebbe esplicitamente vietata. Ma senza testamento ci sarebbero comunque tutte le persone a me care a testimoniare questa mia volontà precisa.

Anonimo ha detto...

Allora se io prendo il DNA di qualcuno, lo manipolo artificialmente e con questo ci faccio un altro essere vivente, sto facendo qualcosa di completamente diverso rispetto all'uso di un organo per salvare la vita ad un'altra persona. Sto prendendo la sua identità genetica e la sto usando per creare un altro organismo. Forse non ci rendiamo conto della cosa. Non so se esista una legge al riguardo ma trattasi di furto ed uso di materiale genetico.
Allora per farmi capire pensiamo al caso di Eluana o di qualsiasi altra persona in stato vegetativo o in coma. Sarebbe legittimo prelevarle l'utero o i suoi ovuli in modo coatto ed usarlo/li per la produzione di un bambino? Ditemi se è giusto dal punto di vista etico. Ma sorpattutto ditemi qual'è la differenza con la storia di quell'uomo. Anche Eluana non aveva lasciato niente di scritto, giusto? Allora perchè non prelevarle gli ovuli, le ovaie o l'intero utero per fare quello che volete? Ah l'immagine vi disturba? E allora perchè non vi disturba quella di infilare una siringa nei testicoli di un uomo e rubargli il seme?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ma qui stiamo sempre parlando di un tutore che interpreta la volontà e gli interessi di un'altra persona, non di qualcuno che passa e ruba questo o quello perché gli fa comodo!

Tu fai il paragone con Eluana Englaro. Se Eluana avesse avuto un compagno e si fosse trovata nella stessa situazione di cui stiamo parlando qui, non riesco a capire cosa ci sarebbe stato di male a prelevarle degli ovociti (anche se la necessità di ricorrere a una madre surrogata differenzia comunque le due situazioni). Ammetterai anche tu che è una cosa molto diversa se gli ovociti (per non parlare dell'utero!) fossero andati a qualche perfetto sconosciuto: sarebbe difficile immaginare che Eluana o chiunque altro potessero volere una cosa simile. In mancanza di elementi di prova riguardo alla sua volontà effettiva, la strategia migliore consiste nel basarsi sulle inclinazioni medie, e queste mi sembra che parlino chiaro: sì a dare un figlio alla persona che ami, no a dare un figlio a un estraneo.

Anonimo ha detto...

Non ci siamo. Abbiamo passato anni e ora gli ultimi mesi nei nostri blog a dire che se non c'è la volontà dell'individuo non si può fare niente. E ora mi si viene a dire che ivnece possiamo fare del corpo altrui qualsiasi cosa?
"Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente l'individuo è sovrano." Sta scritto sul vostro blog. E lo sperma è parte del mio corpo. Se non lo dico esplicitamente nessuno può toccare il mio corpo. Ecco l'importanza del testamento biologico per cui ci stiamo battendo da anni.
A me sembra inconcepibile e scandaloso, nonché contro qualsiasi etica che qualcuno prenda il mio sperma o miei ovuli e li utilizzi per la riproduzione.
Qual'è il confine tra l'organo che si può usare e quello che non si può? Perché lo sperma sì, ma non le cellule nervose con cui fare colture cellulari utili per la scienza? O perché non prelevare altri tessuti e farci esperimenti scientifici? E tutto questo senza il consenso del comatoso.
Tu dici che in mancanza di un testamento vale la volontà del tutore. Ma il tutore agisce per conto del parente se costui ha fatto delle scelte ben precise quando era cosciente.
Il caso di Eluana infatti era diverso, perché Eluana ha detto esplicitamente a più persone (genitori, parenti e amici) la sua volontà.
Cosa ne pensa Chiara di questo argomento?
Guarda che perfino l'Associazione Luca Coscioni la pensa esattamente come me.

Magar ha detto...

Beh, ma allora dovrebbe sembrarti altrettanto inconcepibile e scandaloso, nonché contro qualsiasi etica, che qualcuno prendesse il tuo cuore o il tuo fegato e li utilizzasse per la circolazione sanguigna o la digestione.
Dunque, niente più espianti senza il consenso esplicito del diretto interessato. "Se non lo dico esplicitamente nessuno può toccare il mio corpo." deve valere anche per questa situazione.

Ciò che tu descrivi come "prendere il DNA di qualcuno, manipolarlo artificialmente e con questo farci un altro essere vivente" (e che, detto così, sembra l'operato di Frankenstein) è semplicemente fare un figlio (tramite fecondazione assistita) con la propria compagna di vita, ossia un'aspirazione comune a moltissimi esseri umani.

Il che lo differenzia, ad esempio, dal fungere da cavia per esperimenti scientifici.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Fabristol, l'individuo è sovrano su se stesso finché è capace. Mi sembra una clausola ovvia: quante volte si viola per esempio la sovranità corporea di un malato di Alzheimer, in modi che magari non avrebbe mai potuto anticipare, né su cui tantomeno aveva espresso un parere? Se salta fuori un nuovo esame diagnostico, di non immediata utilità ma che può far capire meglio la malattia, e quello non aveva mai detto nulla in proposito (cosa estremamente facile), che fai, impedisci che sia portato a termine? Il tutore agisce nell'interesse del paziente, che non coincide affatto con la volontà espressa dal paziente in illo tempore. Tu stai confondendo l'azione senza il consenso quando il paziente è capace di darlo con l'azione senza il consenso quando il paziente è ormai incapace di prestarne uno che sia uno.

Anonimo ha detto...

Queste sono materie delicate e come tali non bisogna parlare in termini di bianco e nero. Esistono i grigi. Nel caso dei trapianti trattasi di emergenza per salvare una o più vite. Nel caso di asportazione coatta di gameti non stai salvando una vita. Ne stai creando un'altra usando materiale genetico senza consenso. Spero che sia chiaro che vi è una differenza enorme tra un cuore e i gameti. E' la differenza che passa tra una ruota di una macchina e il suo progetto. Nel secondo caso trattasi di copyright genetico.

Alla luce dei vostri discorsi la battuta di Berlusconi su Eluana non era poi tanto scandalosa giusto?
Perché siamo rimasti shockati dalle parole di Berlusca per Eluana e non lo siamo per questo?
Se al posto di Eluana ci fosse stato il signore in coma e Berlusconi avesse detto di non staccare la spina perché potrebbe avere figli?
Eluana non aveva detto niente sui suoi gameti: allora secondo i vostri discorsi un tutore avrebbe potuto prelevare le sue cellule uovo e fecondarle. Allora Berlusconi aveva ragione. Dov'è lo scandalo delle sue frasi?
Tutti ci siamo scandalizzati per la scarsa sensibilità con cui il primo ministro ha trattao le donne come incubatrici. Ebbene leggendo voi mi scandalizzo perché trattate gli uomini come tori da monta. "L'importante è che respiri" in versione maschile.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Fabristol, nel caso di Berlusconi la possibilità di fare figli è stata usata come indizio che Eluana era ancora viva. E' questo che ha fatto scandalo: la riduzione della vita a capacità generativa. Nel caso presente non c'è nulla di tutto questo: non si sta discutendo sul fatto che quell'uomo sia vivo o meno, non si sta dicutendo di staccargli la spina. Inoltre nelle parole di Berlusconi, come ho già detto nel post, era sotteso in qualche modo lo stupro (per B. la vitalità di Eluana, presumibilmente, non consisteva nella possibilità di estrarle ovociti con una laparoscopia, ma nella fecondazione in vivo). Di nuovo, nulla di questo è presente qui.

Per il resto valgono ancora gli argomenti che ho portato nei miei commenti precedenti.

Anonimo ha detto...

Ok non riusciamo ad incontrarci. Va benissimo.
Mi piace la varietà di opinioni.
Tenete conto però che il vostro giudizio è solo di una parte. Ripeto, come me anche l'assoc. Coscioni ha espresso i suoi dubbi.
Vorrei sapere anche il giudizio di Chiara su questo argomento, se è possibile.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Fabristol, che io sappia l'Ass. Coscioni si è semplicemente espressa sulla legalità dubbia della procedura, stante la l. 40, in quello che a me pare un non troppo nascosto tentativo di porre in evidenza un ulteriore difetto della legge. In ogni caso, tecnicamente invocare la loro presa di posizione equivale - scusa se te lo dico - a un ipse dixit... :-)

Anonimo ha detto...

No non è per niente un ipse dixit. Significa dire che la vostra posizione non è universalmente condivisa perlomeno tra noi laici (lasciamo perdere l'area cattolica).

Giuseppe Regalzi ha detto...

E io dove ho scritto che la mia posizione è universalmente condivisa? Anche se è vero che sospetto che sia molto più condivisa della tua...

Magar ha detto...

Spero che sia chiaro che vi è una differenza enorme tra un cuore e i gameti. E' la differenza che passa tra una ruota di una macchina e il suo progetto. Nel secondo caso trattasi di copyright genetico.

Boh, a me la differenza, per quanto riguarda questo problema, non è tanto chiara. Nella metafora, sia la ruota che il progetto appartengono allo stesso "proprietario", che però non è attualmente in grado di disporne: perché il tutore può allora (interpretando al meglio possibile le volontà del legittimo padrone) decidere della ruota, ma non del progetto?

Senza contare che salvare la vita ad un estraneo (ciò che farebbe scattare la deroga al principio di inviolabilità del corpo, mi pare di capire) può essere addirittura un'ambizione meno diffusa ed "universale" dell'avere figli.

Anonimo ha detto...

La necessità di salvare delle vite umane rende accettabile il silenzio-assenso sui trapianti. Salvare delle vite umane è interesse pubblico. Tutti sappiamo che esiste l'eventualità che ci venga tolto un organo e abbiamo la possibilità di dire no.

Questa persona non poteva certo immaginare un'eventualità del genere.

Certo, è vero che la legge italiana sulla fecondazione assistita è proibizionista e questa donna non ha alternative se non fare un figlio con un altro uomo. Questo caso mi sembra il portato di una legge bacchettona che vieta la fecondazione eterologa.

paolo de gregorio ha detto...

Anche io ho forti perplessità in punta di diritto.

Se io dico che con la mia compagna voglio generare un figlio non necessariamente sto asserendo che vorrei che mi venisse prelevato sperma dal testicolo se rimanessi in coma, né se stessi semplicemente dormendo. Chiaramente questo non vuole dire che la mia posizione di default sia che io debba essere considerato contrario: ma non è nemmeno di default che io sia favorevole. Più semplicemente che io voglia generare un figlio con la mia compagna non dice assolutamente nulla per quel che riguarda la mia volontà di avere prelevato il mio sperma in condizione di incoscienza.

Rispondo da par mio ad alcune obiezioni.
Si afferma: non si potrebbe agitare la bandiera della possibilità che il figlio sia meno felice della media, perché se applicassimo rigorosamente questo ragionamento dovremmo vietare a molti bambini di nascere. Rispondo: verissimo, l'essere orfano in sé potrebbe non essere contrario all'interesse del bambino, ma potrebbe esserlo nei confronti di quello che il padre desiderava per il bambino dicendo "voglio diventare padre". Io, come aspirante padre, posso anche calcolare nel computo l'eventualità (con bassissima probabilità) di morire accidentalmente durante la gravidanza lasciando mio figlio orfano, ma potrei anche essere contrario a far partire la gravidanza di mio figlio con la certezza che non conoscerà suo padre.

Obiezione: "e il caso di trapianti"? Rispondo: secondo me la differenza sta nel fatto che per i miei organi io non devo dare il consenso perché so già che in assenza di un mio pronunciamento avrò gli organi espiantati, ed ho comunque la libertà di dire "no" prima. In questo caso al contrario l'esito di default di una situazione di coma non è affatto il prelievo di sperma, cui io tacitamente starei dando l'assenso tutte le volte che affermo: "voglio diventare padre". È un caso unico mai presentatosi prima e pertanto non avrei potuto preventivare di dover comunicare il mio dissenso (altra differenza: coma e morte cerebrale non coincidono).

Mi sembra che l'unico argomento difficile da valutare sia quello del ruolo del tutore e quello della moglie/madre. Da questo punto di vista mi è più difficile soppesare la taciuta espressione di volontà sul prelievo del proprio sperma con altri interessi rappresentati, uno in mia vece e l'altro terzo. D'altronde, da questi due punti di vista (interpretazione del tutore e desideri della moglie) diventa del tutto irrilevante lo stesso fatto che l'uomo avesse dichiarato di voler diventare padre.

In ogni caso, secondo me, questo non comporta che sia immediato valutare questa circostanza esattamente come se il padre avesse esplicitamente dichiarato: "voglio diventare padre, e vorrei diventarlo anche come mero donatore di sperma di un figlio nascente orfano di me".

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo: il desiderio espresso in precedenza di diventare padre è ovviamente insufficiente a determinare la volontà dell'uomo, ma mi sembra difficile dire che non conti nulla: assieme ad altre considerazioni può determinare una scelta positiva da parte del tutore.

paolo de gregorio ha detto...

Propongo allora un caso ipotetico. Io sono convinto di voler generare un figlio con la mia compagna, ci sto pensando, e lo dico. Un giorno un medico mi annuncia che ho pochi mesi di vita, meno di nove per intenderci. A quel punto io posso: A, decidere di voler dare lo stesso vita ad un figlio; B, sopraggiunte le nuove condizioni decidere di astenermi. Si chiama paternità consapevole. Non vi è alcuna prescrizione generica che io sceglierò A, anzi, è molto probabile che avrò grande difficoltà a prendere una decisione, perché nella nuova situazione si presentato nuovi parametri macroscopici che cambiano il mio panorama di azione e le sue conseguenze. L'indicazione che avevo dato da "sano" è di gran lunga soppiantata dalla particolarità della mia nuova condizione. Se vogliamo, che io avessi detto all'inizio di voler fare un figlio è certamente un'indicazione, ma molto tenuemente indicativa di come agirei nelle nuove circostanze. Tra l'altro è sentire abbastanza immediato che la compagna dovrebbe essere portata più ad assecondare la mia scelta se desistessi che a far prevalere il proprio interesse.

paolo de gregorio ha detto...

P.S.: per converso, io potrei benissimo non essermi mai deciso di fare un figlio e decidere di provarci proprio quando vengo a conoscenza della mia malattia. Per questo dicevo che quel che avevo affermato in precedenza è poco indicativo di come agirei in una situazione fortemente modificata.

Infine, se dico che voglio diventare papà non sto specificando se desidero che in futuro una persona cammini portando il mio patrimonio genetico oppure se intendo dire che voglio crescere un bambino.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Questo però è un caso molto diverso da quello in esame, tanto è vero che puoi dire "la compagna dovrebbe essere portata più ad assecondare la mia scelta": qui una scelta c'è.

Comunque, anche ammettendo che un desiderio di paternità sia poco indicativo, rimane il problema di cosa il tutore debba fare o non fare. Io sostengo che non può semplicemente lavarsene le mani dicendo che non c'è il consenso dell'interessato.

paolo de gregorio ha detto...

Infatti come ho detto - stringi stringi - l'unico vero dilemma riguarda il ruolo e i confini del tutore. Quello che sto mettendo in dubbio è se possiamo o meno far rientrare questo tipo di decisioni nella categoria di ciò che può essere demandato ad un tutore. Un po' come diceva Fabristol, operarsi per generare un figlio è un'azione positiva e non necessaria al mio interesse, cioè io di norma in questi casi il mio interesse lo perseguo agendo attivamente e non "lasciando che le cose accadano da sé". Altri due esempi per illustrare la differenza: io potrei essere affetto da una malattia cronica e affermare di aver voglia di vivere. Mentre dormo ho una crisi e la persona che mi assiste mi fa un'iniezione salvavita mentre mi trovo in stato di totale o parziale incoscienza. Questa è una situazione facilmente immaginabile. Nessuno credo avrebbe da obiettare che non si sia agito nel mio interesse. Per converso io posso affermare di voler fare un figlio, eppure penso che siamo quasi tutti più o meno d'accordo che questo non dovrebbe autorizzare la mia compagna a prelvarmi lo sperma mentre dormo (né se lo fa potrà giustificarsi dicendo che era quello che volevo io). Dove sta la differenza tra le due azioni? Io penso che la paternità consapevole (a meno di indicazioni esplicite, tipo: "prelevami pure il mio sperma se io dormo quando pensi di essere fertile") sia determinata da un consenso attivo e circostanziale, sempre e comunque ritirabile (fino all'ultimo secondo).

Basta l'indicazione del tutore, in assenza di mie indicazioni precise che dicano: "voglio una discendenza ad ogni costo"? Io ho forti dubbi.

paolo de gregorio ha detto...

Nota: per quel che riguarda la donna, io semplicementte respingo la nozione che un interesse terzo possa prevalere sul mio per una sopraggiunta condizione di incoscienza, principio che siammo stati qui a ribadire ad nauseam nelle passate settimane. Il coma non è in alcun modo un'occasione per rendere la determinazione del mio miglior interesse secondaria rispetto ad uno terzo.

Giuseppe Regalzi ha detto...

"questo non dovrebbe autorizzare la mia compagna a prelevarmi lo sperma mentre dormo"

Comincio a sospettare che ci sia un grosso equivoco sulla necessità di un consenso esplicito, e queste tue parole sembrano confermarlo. Un conto è agire senza il consenso di un altro quando questo è ancora in grado di darlo, come nel caso del dormiente, un conto completamente diverso è farlo quando quello non è più in grado, come nel caso di cui stiamo parlando. Forse dovrei scriverci sopra un post, perché dimostra che c'è un punto non compreso della teoria liberale.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Sulla tua nota aggiuntiva sono ovviamente d'accordo, e non ho mai detto il contrario.

paolo de gregorio ha detto...

Giuseppe, mentre dormo non sono in grado di dare il mio consenso, e non posso certo più ritirarlo a cose fatte, quando mi sveglio. Il mio esempio comunque serviva solo ad illustrare che riteniamo la genitorialità consapevole come non usurpabile in una condizione di non coscienza di sé. Per me il passo successivo è riconoscere che se non mi può essere prelevato lo sperma quando dormo anche se io desidero diventare padre, allora una condizione di coma grave (e quindi irreversibile) non estende (rispetto al mio stato contignente di sonno) la facoltà di terzi di intervenire sul mio corpo e sulle mie libere determinazioni. Non so se secondo la teoria liberale cui fai riferimento sia prevista questa distinzione tra stato di incoscienza transitoria ed irreversibile. Da par mio questa distinzione non può sussistere senza tacito (esempio: trapianti) od esplicito consenso.

Se io sono in coma, un chirurgo potrebbe chiedere che mi venga amputato un braccio perché gli serve per un trapianto sperimentale, e il mio tutore potrebbe dire che ciò sarebbe stato nel mio interesse perché io tanto usavo sempre e solo l'altro braccio e dicevo spesso che quello non mi serviva a niente. Se il coma è irreversibile, secondo questa teoria liberale, mi pare che si sia tenuti ad amputarmi il braccio. Io invece ritengo che gli articooli 3, 13 e 32 della Costituzione non lo consentano.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Paolo, l'intuizione morale a cui fai appello con il paragone del dormiente è però particolarmente tenua: sappiamo tutti che il sonno è una condizione reversibile, e non si capisce cosa diavolo impedisca di dargli una piccola scossa e di svegliarlo, o di aspettare semplicemente fino all'indomani mattina. E' per questo che la cosa ci appare come una prevaricazione: perché il consenso è facilmente ottenibile.

Quanto all'amputazione, beh, dire che si può amputare perché uno non se ne serviva assomiglia più a una barzelletta che ad altro, Penso che dovresti trovare eventualmente qualche esempio più convincente per la tua tesi.

paolo de gregorio ha detto...

Giuseppe, deduco che in caso io mi trovassi in coma farmacologico dopo aver detto più volte "vorreii diventare papà" riterresti appropriato prelevarmi lo sperma, visto che non è preventivabile aspettare fino all'indomani mattina. Forse la mia compagna sta per emigrare per sempre all'estero: prendere o lasciare, il prelievo si fa o non si fa? Se mi rispondi che non si può fare vorrei che mi spiegassi che differenza c'è tra il somministrarmi un farmaco in coma farmacologico e il prelevarmi lo sperma. Se ritieni che sia lecito prelevarmi lo sperma durante il coma indotto dico subito che non sottoscrivo questo tipo di visione libertaria (ripeto, soprattutto se non ho chiarito esplicitamente in che senso io aspiri ad una mia discendenza: se nel senso di volergli fare da papà o meramente genetico).

Nel frattempo rifletterò in che senso l'amputazione del braccio non può essere accordabile dal mio tutore: per ora in questo senso puramente libertario non vedo impedimenti, soprattutto se il tutore sta effettivamente agendo nel mio interesse.

Giuseppe Regalzi ha detto...

No, Paolo, non funziona. Anche nel caso del coma farmacologico il consenso dell'uomo è facilmente ottenibile: basta aspettare che si risvegli, o che la moglie torni dall'estero (e se non torna vuol dire che in quella coppia qualcosa non andava). La violenza consiste precisamente in questo: che si agisce senza chiedere, là dove si potrebbe chiedere. Ma se scegli un esempio diverso, in cui bisogna agire perché dopo sarebbe troppo tardi, ti rendi conto che la repulsione naturale svanisce, e che come minimo ritorna il dilemma del caso in esame.

Inoltre non saltiamo un passo fondamentale: non è che se manca un consenso esplicito allora posso fare dell'incapace tutto quello che mi pare. Come ho già detto, il tutore deve mettersi al posto del tutelato, cercare di ricostruirne la volontà presunta. Se vuoi, deve simulare entro di sé la volontà dell'altro, si deve creare un modello della sua mente. E il risultato cercato non è la certezza, ma una probabilità: quale decisione è più vicina a quella che avrebbe preso l'altro. Se io rispetto la libertà dell'altro allora devo cercare di scegliere come lui avrebbe scelto; non devo attenermi a un rispetto formalistico della sua integrità corporea.

paolo de gregorio ha detto...

Giuseppe, siamo se non altro giunti ad un punto, e cioè che abbiamo opinioni diverse sul perché si possa intervenire o meno sul bagaglio riproduttivo di una persona in stato di non coscienza non reversibile (mentre mi pare che concordiamo sul caso reversibile). Io sono dell'avviso che non è detto che ciò si possa fare, e non perché poi se non ci si può più svegliare non si potrebbe più dare il consenso, ma perché ritengo la paternità (e maternità) come atto consapevole e volontario non facilmente scindibile (slavo espliciti chiarimenti) dal desiderio di educare, crescere e coccolare una persona. Non faccio distinzione, come non la faccio mai del resto, tra uno stato di incoscienza temporanea e uno irreversibile.

Concordo ovviamente che stiamo sempre parlando in termini probabilistici, come io parlavo in termini probabilistici dicendo che una persona che vuole diventare genitore e non merammente ascendente agisce di norma (direi sempre a parte casi più che sporadici) aspirando a nutrire, crescere e - perché no - farsi accudire da un figlio; e lo fa pur essendo consapevole che al di là della propria volontà egli sarà genitore e non meramente ascendente solo in termini probabilistici (gli può sempre capitare qualcosa).

Ho riflettuto oltre sul mio esempio dell'amputazione del braccio, rispetto al quale mi sarei aspettato da te una spiegazione del perché della sua irrealizzabilità invece che una affermazione senza spiegazione che somigliava più a una barzelletta. Posso solo far notare che il tutore potrebbe benissimo agire realmente nei miei interessi. Cioè io potrei essere una persona generosissima (cosa ampiamente nota al mio tutore) che riterrebbe il proprio corpo in coma terminale molto più utile come ricambio di pezzi per altri invece che integro; solo che l'argomento potrebbe non essermi capitato sotto mano da cosciente. Il tuore potrebbe, acconsentendo, rappresentare molto fedelmente la mia volontà inespressa.

Io credo che l'unica risposta plausibile sia che il rispetto delle volontà della persona, e il ruolo di un tutore in questo, vadano sempre circoscritti al cosa riteniamo (intuitivamente se vogliamo) passibile di determinazione rappresentata da un fiduciario. Amputare un braccio ha come unica limitazione il cosa può lasciarsi determinare ad un tutore, anche se è difficile razionalizzare peerché non si può fare, ed era su questo cosa (nel caso di prelevazione di metariale riproduttivo) che avanzavo dubbi.

Giuseppe Regalzi ha detto...

"Io credo che l'unica risposta plausibile sia che il rispetto delle volontà della persona, e il ruolo di un tutore in questo, vadano sempre circoscritti al cosa riteniamo (intuitivamente se vogliamo) passibile di determinazione rappresentata da un fiduciario."

Credo che questo sia esattamente il punto su cui divergiamo. Per me il limite alla determinazione del fiduciario coincide esattamente con il limite che avrebbe il tutelato se fosse cosciente, e quindi con la sua volontà - o, nel nostro caso, con la migliore approssimazione possibile di questa volontà. Paradossalmente (ma non poi molto), l'autentico rispetto della libertà altrui si ha quando il fiduciario se ne assume in pieno la vece.

Quindi nel caso della paternità non si può essere limitati da idee esterne sul ruolo di un padre - a meno che, ovviamente, la ricostruzione della volontà presunta non si debba basare giocoforza su atteggiamenti generali (quello che farebbe una persona media); ma anche qui, l'esito non è scontato.
E' importante rendersi conto che ogni limitazione diversa dalla volontà ricostruita della persona incapace è per definizione illiberale. E se questo può portare all'amputazione del braccio, so be it! (Io dicevo che il tuo argomento mi sembrava una barzelletta solo perché l'avevi basato sulla motivazione - chiaramente insufficiente - che quel braccio "era poco usato".)

paolo de gregorio ha detto...

P.S.: per scrupolo, avendo paura di non essermi spiegato bene, provo a dire spero la mia ultima tornando all'esempio che avevo fatto all'inizio, nel quale a me che volevo essere padre viene comunicato che ho pochi mesi di vita. L'elemento chiave qui è che io dovrò fare una nuoova determinazione, cioè la mia scelta se perseguire il disegno originario necessita di una riflessione ex novo (non è asoslutamente scontato, neanche probabilisticamente parlando, cosa deciderò). Ecco, mentre il tutore può rappresentare una mia volontà, secondo me egli non può rappresentare una mia riflessione tout court. Solo io posso fare questa riflessione rispetto a una circostanza per niente ovvia e ricorrente, raramente valutata dalle persone.