lunedì 19 novembre 2007

E se smettessimo di leggerlo?

Vittorio Sermonti commenta la lettura di Dante da parte di Roberto Benigni (Vittorio Sermonti bacchetta Benigni. «Per leggere Dante ci vuole durezza», E Polis, 19 novembre 2007):

Ho 78 anni e mi dispiace lasciare il campo a questo tipo di divulgazione allegra.
Infatti è risaputo che per fare buona divulgazione è necessario annoiarsi a morte e soffrire. Solo tramite la sofferenza si arriva alla vera conoscenza. Una risatà vi seppellirà. Non scordatelo mai.
E prosegue:
Dante è duro e severo e ci vuole durezza e severità per capirlo.
Durezza di cuore o di comprendonio? Ma non è che è solo geloso?
E perché non cambiamo libro? Magari una lettura a quattro mani, cioè a due voci (rimanendo in famiglia) di quel tizio, quello inglese le cui idee sono in crisi, quello lì, come si chiama?

5 commenti:

Ivo Silvestro ha detto...

Non mi è chiaro: Vittorio Sermonti è parente di Giuseppe Sermonti?

Chiara Lalli ha detto...

Uniti dal sacro vincolo della fratellanza.

Luca Massaro ha detto...

Si può essere o meno d'accordo, ma ciò che dice Vittorio Sermonti riguardo a come Benigni recita Dante è vero, almeno per me: infatti, se il primo m'invoglia e sprona a leggere a bassa o alta voce Dante, il secondo me ne allontana, inesorabilmente. E in gran parte questo avviene proprio per le ragioni che Vittorio Sermonti adduce. Io voglio bene a Benigni, essendone anche conterraneo: purtroppo però ha perso la sua vera vena comica, e più che seppellirci con una risata, ci sommerge di malinconia.
Infine, cosa c'entra in questa polemica il fratello Giuseppe? Pensate che Vittorio creda che l'astronomia e la fisiologia dantesche siano ancora valide?

Anonimo ha detto...

ma quello lì sarà mica il piede dei monty python?

Chiara Lalli ha detto...

Formamentis, proprio quello!